Il gioco è una delle prime situazioni che ci riportano a uno stato mentale infantile e, non a caso, stimola anche la nostra creatività. Per i bambini il gioco è l’attività principale che lega l’apprendimento al piacere. Alcune ricerche psico-pedagogiche affermano che il gioco attiva il processo di apprendimento, coinvolgendo diverse sfere, da quella intellettuale a quella motoria, emotiva e sociale. Per questo il gioco è fondamentale nella filosofia Reggio-Emilia.
Nella società occidentale tendiamo a considerare il lavoro come «serio», un’attività strutturata volta al perseguimento di obiettivi produttivi, dove si pone tutta l’attenzione sui risultati. Il gioco, al contrario, è visto come un’attività leggera, che è perseguita per un divertimento personale, e l’attenzione non è sui risultati, ma sul processo. Dunque il gioco è visto come volontario e sostenuto da ricompense interiori (la gioia per aver giocato), invece il lavoro è visto come necessario ed è sostenuto da ricompense estrinseche (lo stipendio).
Possiamo inoltre dire che di solito il diritto di giocare si «guadagna» attraverso il lavoro, eppure esistono diverse evidenze che dimostrano l’importanza del gioco anche all’interno dell’ambito professionale.
Uno studio di Gary Fine e David Collinson (1988) ha evidenziato che il gioco e l’umorismo, esercitati in ambito lavorativo, trasferiscono un senso di identità e rafforzano il concetto di gruppo promuovendo il ricordo condiviso di un’esperienza gratificante, facilitando l’apprezzamento dei colleghi come persone a prescindere dal ruolo che ricoprono.
Ciò significa che il gioco allevia anche le sovrastrutture di pregiudizio presenti in noi quando pensiamo a chi ci è superiore o sottoposto. Tutte queste sensazioni, a loro volta, facilitano la comunicazione e l’impegno all’aiuto reciproco nel gruppo.
Successivamente, David Abrams (1990) ha dimostrato la correlazione tra l’uso del gioco in azienda e l’efficacia delle azioni dei dipendenti: l’apprendimento e il coinvolgimento aumentano se l’attività lavorativa viene percepita come un gioco. Il lavoro, infatti, viene svolto per effetto di una motivazione intrinseca e non per il perseguimento di una determinata performance da raggiungere. Inoltre, l’attività ludica riesce a farci introiettare e rielaborare meglio ciò che ci circonda. Non c’è da stupirsi che si usi proprio l’espressione «mettersi in gioco» per indicare una partecipazione attiva in prima persona, che sia anche creativa e costruttiva dell’esperienza.
Come fa il bambino con l’immaginazione, le attività ludiche consentono agli adulti di attivare competenze trasversali, e permettono di immaginare situazioni e problemi senza dipenderne, come accade invece nella vita (Peter K. Smith, 2013).
Durante il gioco si creano spazi di libertà che in altri momenti della vita aziendale sarebbero più difficili da generare. Infine, il gioco rilassa e combatte lo stress, che è nemico della novità: quando siamo stressati o affaticati il nostro cervello non attiva le risorse necessarie per evitare o disinnescare i soliti inutili schemi pregressi.
Uno dei giochi da proporre ai bambini suggeriti dalla Reggio Children stimola la capacità dei piccoli di anticipare con l’immaginazione qualcosa: si tratta di disegnare su carta uno scrigno, piegando il foglio e simulando l’esistenza di un vero coperchio, quindi esortare i bimbi ad aprirlo, cosa che faranno spinti dalla curiosità poiché non ne conoscono il contenuto. Una volta «aperto», il disegno stimolerà il senso di sorpresa e la successiva interazione creativa.
La sorpresa è la condizione alla base del successo di diverse forme di autentico intrattenimento: la comicità innanzitutto. Il compito del comico è creare una premessa e poi svelarne di colpo un aspetto nascosto, scatenando nel pubblico, appunto, sorpresa. L’eccitamento provocato da una sorpresa ha ragioni concrete: il rilascio di adrenalina e noradrenalina, neurotrasmettitori determinanti nella gestione del sistema nervoso e che, in particolare, innescano il cambio di attenzione nell’individuo, a un tratto più predisposto a sposare un certo concetto e a prendere delle decisioni correlate a esso.
Una ricerca di Bovey e Hede (2001) ha anche evidenziato che le persone con la capacità di usare lo humor per affrontare l’ansia hanno una minor resistenza ai cambiamenti. Insomma, la sorpresa positiva ha un effetto non solo sull’apertura mentale per visualizzare nuove possibilità, ma anche sull’accoglienza di una novità proveniente da fuori. Nel capitolo finale si vedrà con esempi concreti come uno stato emotivo di leggerezza e ironia, agevolato dal gioco e da sorprese positive, faciliti l’espressione individuale dei dipendenti in azienda.
Un esempio principe di azienda che mette il gioco al centro di dinamiche di formazione anche interna è LEGO. Cito solo una delle ultime attività poste in essere dalla celebre azienda danese di giocattoli: nella sua sede principale ha messo in mostra un globo di 4 metri di altezza composto da oltre 350.000 mattoncini e da creazioni realizzate da bambini di tutto il mondo.
I famosi mattoncini vengono usati anche in altre aziende per facilitare la creatività: di qui nasce LEGO Serious Play. Il progetto venne ideato a metà degli anni Novanta da Johan Roos e Bart Victor, docenti della Business Schoold IMD (Svizzera). Finanziati dall’allora presidente e Ceo, Kjeld Kirk Kristiansen, i due costruirono una società, poi inglobata in LEGO, per fornire un servizio di consulenza. Adottata da istituzioni e società come Nasa, Microsoft, Boeing e Novartis, la metodologia si è evoluta nel tempo fino a diventare un famoso servizio di consulenza basato su workshop guidati da facilitatori certificati, col fine di agevolare la comunicazione e la risoluzione di problemi a livello individuale e di gruppo.
da “Nati per cambiare. Come basare una rivoluzione aziendale sulle persone”, di Alice Siracusano, Guerini Next, 2021, pagine 184, euro 20