Le dichiarazioni di Salvini sullo sparatore di Voghera sono passate in cavalleria senza che se ne denunciasse il carattere veramente inqualificabile. Sì, certo, il video a cadavere ancora caldo. Sì, d’accordo, la difesa arbitraria dell’omicida mentre era ancora tutto da accertare. Sì, va bene, la società buona e giusta che non può diventare il far west. E okay, no al porto d’armi disinvolto, no alla giustizia fai da te, no alla sicurezza presidiata dall’assessore col revolver alla cintola. Perfetto.
Ma il tratto osceno dell’arringa di Salvini stava altrove. Stava nella pregiudiziale per cui bisogna andare piano con le accuse perché l’affiliato leghista è «una persona perbene», che è il modo padano con cui si ripropone lo sdegno del capo mafia scandalosamente toccato dalla giustizia: «Qui vogliono arrestare un galantuomo!».
Quella reazione, insieme classista e da guarentigia per clan, reitera il bell’assunto civile per cui le attenzioni di polizia e giudiziarie devono rivolgersi «ai delinquenti» – possibilmente poveri, e meglio se con pelle scura – mentre devono farsi caute, per non dire cessare, nei confronti del personaggio «degno di rispetto»: tale, solitamente, almeno secondo quella prospettazione, per rango o, appunto, per affiliazione.
Salvini ci ha spiegato che si trattava di un «docente di diritto penale, ex funzionario di polizia, avvocato penalista noto e stimato in questa bella città»: che fosse pure leghista non l’ha aggiunto, ed è un peccato, perché destituire lo sparatore per bene di quest’altra ragione di intrinseca specchiatezza è abbastanza ingeneroso, ma tant’è.
Resta che l’opportunità dell’indagine e la fondatezza dell’accusa misurate sulla rispettabilità sociale del responsabile rimandano appunto alla deplorazione latifondista per la società disordinata che molesta i galantuomini e lascia impuniti i poco di buono: che è reazione ben diversa e molto meno accettabile rispetto a quella del mariuolo che strilla in schiavettoni («‘nnucenti m’arristaru!»).
A completare il quadro, ma è pura combinazione, c’è poi che la persona per bene – caratteristica che vale pressappoco a scagionarla – era aggredita da un immigrato «già noto alle forze dell’ordine», circostanze che valgono pressappoco a certificare che si meritava la pallottola.