Qualche giorno fa è apparsa una macchia di Rorschach nel mio gruppo preferito di mamme, una macchia che faceva più o meno così: la nuova tata, dopo aver firmato il contratto di assunzione, mi ha detto di essere incinta di due mesi e mezzo.
I commenti si dispongono in file ordinate: di qua quelle che la gravidanza è un diritto di noi donne madri mogli che poi quando succede a noi in azienda veniamo qua a lamentarci del patriarcato brutto e cattivo; di là quelle del codice penale, licenziala, truffa, galera.
Ci sono anche le suggestionabili, quelle del ma era di dieci settimane, non si dice prima del terzo mese, porta sfortuna, metti che lo perdeva e poi era colpa tua, tieni, accendi il mio palo santo. Poi ci sono le super madri che inanellano una serie infinita di aneddoti personali su Dio solo sa quanto sono state eroiche, madri che hanno lavorato fino al nono mese di una gravidanza gemellare portando tutti i giorni al parco e a nuoto e a teatro danza il figlio più grande, e che quindi questa mamma non deve preoccuparsi, la gravidanza non è una malattia, la tata non ha motivo di non svolgere le mansioni per cui è pagata (non si capisce bene perché, ma questa tata non vorrebbe portare fuori il bambino che dovrebbe accudire, sarà la pandemia, il caldo, le cavallette).
E infine ci sono le benevole: assumi un uomo. Rorschach, sei un dilettante, guarda qua cos’è successo, abbiamo costruito un diagramma di Venn infinito. Sempre tutte specchiate di solidarietà materna ed ora eccoci qua, siamo arrivate a dire “assumi un uomo” pur di non avere rotture di coglioni. E se arriviamo a pensarlo noi che non siamo una multinazionale, perché non dovrebbe pensarlo proprio una multinazionale?
Perché forse se io ragionassi solo sul merito, sul fatto che questa lavoratrice mi è indispensabile perché nessuno fa questo lavoro meglio di lei, non mi si porrebbe nemmeno il problema. Ma il problema si pone eccome, e da macchia di Rorschach diventa in un attimo comma 22. Io, ad esempio, sono stata assunta per un lavoro che ero incinta di quattro cinque mesi, forse ero brava, forse quota rosa, ho ricominciato a lavorare che il bambino aveva sei mesi, e per i primi tre anni, di fatto, non ho guadagnato niente.
Il costo dell’asilo e della babysitter erano tutto uno stipendio (no, non tutti escono alle 16 dall’ufficio; a proposito, sappiamo nulla del dopo scuola per l’anno prossimo? Ancora niente?), lavori per poterti permettere di lavorare, ma poi ho pensato guarda qua che eroina, lavoro gratis, ma un giorno tutto questo mi sarà utile, e quel giorno si chiama scuola pubblica.
Ma torniamo alla nostra macchia di Rorschach. Il mondo è pieno di malafede. Apprendo biancanevemente l’esistenza di un sottobosco fatto di ginecologi corrotti che attestano maternità a rischio senza motivo, di donne che firmano contratti a tempo indeterminato senza dire di essere incinte («anche con la PMA!» leggo in alcuni commenti, quindi immagino si possa ascrivere la premeditazione), di madri avvocate (sottoinsieme quantomai significativo del mio diagramma di Venn) che suggeriscono che licenziare le lavoratrici domestiche incinte si può, si deve, è lecito, ti do il mio numero in privato.
Forse è anche ora di smetterla di pensare che il mondo sia ingiusto nei confronti di noi seconde percettrici di reddito cancellettodonne solo quando le cose ci riguardano in prima persona, mentre se succede alla tata, beh si arrangiasse, spiace, ma. È classismo? Patriarcato introiettato? Rana e scorpione? Ma il dopo scuola? E le madri con la tata incinta? E poi si ricomincia da capo.