C’era una volta un bambino che di notte sparì, voleva fare una passeggiata, cadde in un burrone, un giornalista lo trovò e lo portò dalla sua mamma, anche se la televisione della mamma era sempre spenta. Esistono fiabe per genitori? E no, non entrerò nello specifico di questa Vermicino col lieto fine, per una volta che va bene.
L’altro giorno ero alla festa di fine anno di mio figlio, eravamo in un parco, una conca di calore, il bar chiuso, i lavori in corso, cinquantamila gradi, saluti da Manila, mille bambini, i monopattini, le biciclettine, le tate, i fucili ad acqua, il mio microcircolo interrotto, dov’è il mio Daflon.
In mezzo al delirio organizzato, mi rendo conto di essere l’unica che controlla in continuazione dove sta il bambino. Quello è un parco ben delimitato, con delle collinette, quindi il campo visivo è chiuso lì. Ho passato il pomeriggio a fare su e giù, una pazza che urla, mentre gli altri genitori non se ne curavano, belli sereni con la fetta di crostata. Lì ho capito di avere un problema. Io, non loro.
Nelle stesse ore Nicola non si trovava lì in mezzo al Mugello, di riflesso pavloviano io che sbraito «Ettore dove sei?»- «Mamma sono qua cosa urli», era dietro di me, ma perché sei ancora così basso che così non ti vedo, domani andiamo a farci visitare che così non possiamo andare avanti.
Parlo con la maestra, faccio finta che sia una psicanalista, vedo che il bambino si allontana, scusi un attimo ma lo vede che sta uscendo dal cancello? Lo vede? È così che gli insegnate la disciplina? La maestra poverina mi dice che non uscirà mai dal cancello, c’è un altro genitore lì che vigila innanzitutto, e poi non lo farebbe mai. E infatti aveva ragione lei, ma io il tempo di uno “scusi un attimo” e corro a salvarlo da pericoli immaginari.
Prima cosa: vestite i bambini di colori fluo. Secondo: chiudete a chiave tutte le porte, se proprio non volete dormire con loro. La me stessa genio gli ha comprato un letto matrimoniale, in modo che quando mi assale l’angoscia mi metto lì, comoda comodissima a dormire il sonno dei giusti, a sognare la mia premiazione di madre dell’anno. Sì, lo so, ho un problema. Ma c’è di peggio, a volte.
Pensare che gli animali selvatici, che siano lupi o tassi aggressivi, non mangeranno tuo figlio scomparso nel cuore della notte è pensiero magico o altro? Un bambino che esce a notte fonda in mezzo al vuoto è un bambino che non ha paura e che non conosce le fiabe, non sa che nel bosco non si va da soli, non sa che le porte chiuse non si aprono, non sa che ci sono i lupi che mangiano le nonne, non sa che si deve portare le briciole di pane, perlomeno.
Quanto è spaventoso il pensiero di un bambino che non ha paura? Il sentimento del pericolo è quella cosa che ci fa rimanere vivi, la paura è quella così lì, quella cosa che va insegnata, perché non è solo pulsione e Darwin, ma sono anche le nonne che ti dicono che le persone rapiscono i bambini e li ammazzano. Magari non proprio così, ecco, o forse è giusto che sia così.
Tra l’altro che brutta idea è stata guardare l’altra sera “The Night Stalker” su Netflix? Comunque, dalla fiaba del piccolo Nicola nel burrone cosa abbiamo imparato noi mamme? A chiudere la porta a doppia mandata, a mettere i pigiami fluo, a buttare i letti montessoriani tanto carini e tanto bassi, a guardare “La vita in diretta” tutti i pomeriggi a costo di farsi licenziare. No, non entrerò nello specifico di quello che penso. Ci penseranno persone titolate a farlo.
È una fiaba strana, e sì, forse bisognerebbe scriverlo un libro di fiabe della buonanotte per madri ribelli. O mythos deloi oti: chiudete sempre la porta. A chiave. Doppia mandata.