Si vedrà tra un mese se il presidente tunisino Kaïs Saïed ha portato a termine un golpe o semplicemente una prova di forza, ma quel che è certo è che dietro di sé ha non solo l’esercito, ma anche la potente centrale sindacale Ugtt, schierata a sinistra, oltre ad amplissimi settori dell’opinione pubblica.
Ancora più certo è il fatto che la sospensione per un mese del parlamento, l’esautorazione dei poteri del governo e il coprifuoco hanno rivelato la crisi profonda e soprattutto l’incapacità di governare di Ennhada, il partito dei Fratelli Musulmani, primo partito in Tunisia e quindi centrale in tutti governi di coalizione dal 2014 ad oggi, nonché primo responsabile della spaventosa crisi economica che attanaglia la Tunisia e soprattutto del fallimento radicale del contrasto alla pandemia del Covid.
Il fallimento di Ennhada nella gestione del potere è di grande rilievo perché il suo leader, Rachid Gannouchi, che è presidente del Parlamento, ha tentato di collocarla in un’area di moderazione democratica e ha sconfessato l’Islam politico nel tentativo di costruire un modello di semi laicità innovativo per i Fratelli Musulmani.
Non a caso si è spinto sino a affermare che il velo e l’abbigliamento islamico per le donne non sono un obbligo coranico, ma solo una consuetudine alla quale si può benissimo derogare.
Inoltre non ha mai proposto, a differenza dei Fratelli Musulmani al potere negli altri Stati islamici (in primis gli egiziani di Mohammed Morsi), di introdurre norme legislative shariatiche.
Il fatto è che la Tunisia gode ancora oggi della straordinaria intuizione di Habib Bourghiba, che nel 1957 affidò al famoso giureconsulto musulmano Tahir al Haddad il compito di redigere una Costituzione ispirata al Corano, ma che espelleva volutamente le norme shariatiche introducendo così il divieto alla poligamia, il rifiuto del ripudio, il diritto delle donne di chiedere il divorzio e una eccellente, sia pure teorica, parità di genere (tranne che in campo ereditario).
Dunque, non una Costituzione laica (come quella di Atatürk in Turchia) ma la più aperta Costituzione islamica di tutto il mondo musulmano. Inattaccabile anche per i Fratelli Musulmani.
Ma la moderazione e il riformismo di Rachid Gannouchi nulla hanno potuto contro la scarsa prova che i suoi ministri hanno dato una volta al governo, tanto che nelle elezioni del 2019 la sua Ennhada ha ottenuto 52 seggi (su 217), ma ha perso un milione e mezzo di elettori e 17 seggi rispetto al 2014.
Corruzione diffusa e insipienza nel contrastare la pandemia, innanzitutto, da parte di Ennhada, hanno portato la Tunisia sull’orlo del default e per di più non sono mancate le accuse di fiancheggiamento al terrorismo. Accuse che hanno coinvolto lo stesso Gannouchi e che hanno un probabile fondamento nelle strutture periferiche del partito.
Ora, contro questa deriva si erge Saïd Kaïed, figura politica atipica, professore di diritto costituzionale, che si è imposto nelle elezioni presidenziali a furor di popolo proprio perché totalmente estraneo alla logica involuta dei partiti. Ennesima dimostrazione, a dieci anni dalla “rivoluzione dei gelsomini” che dalla Tunisia si irradiò nelle “Primavere arabe”, di come sia estremamente difficile costruire una democrazia in un Paese islamico.