Ridurre della metà le catture accidentali di mammiferi marini, squali elasmobranchi e tartarughe per proteggere la megafauna vulnerabile del Mediterraneo. Identificare e proteggere le aree chiave per le popolazioni di mammiferi marini, squali e razze, tartarughe marine, ma anche coinvolgere la società civile e i pescatori nella salvaguardia di questi animali.
Sono alcune delle sfide in cui il Wwf ha deciso di impegnarsi con la campagna GenerAzione Mare. Un progetto che riguarda una distesa d’acqua che ospita circa 17mila specie di cui il 28% non si trova in nessun’altra parte del Pianeta: uno scrigno di biodiversità marina che le pressioni antropica e climatica stanno mettendo a dura prova.
Good news! 3 nuovi nidi di tartaruga marina in #calabria : a #Crotone, nel basso Jonio catanzarese e nell'alto #Jonio reggino
Ora sono 5 i nidi di #Caretta caretta seguiti dai volontari #WWF in regione#GenerAzioneMare pic.twitter.com/BrRvNRZxgh— wwfitalia (@WWFitalia) June 27, 2021
Balene colpite dalle navi, tartarughe che ingeriscono plastica e hanno difficoltà a nidificare in spiagge sempre più disturbate dai turisti, squali minacciati dalla pesca eccessiva: sono alcune delle minacce che la fauna selvatica deve affrontare. Basti pensare che negli ultimi 50 anni le popolazioni di mammiferi sono diminuite del 41% e che più della metà delle specie di squali e razze è a rischio di estinzione.
«Dalla pesca eccessiva allo sviluppo economico insostenibile e alle micro plastiche, il Mar Mediterraneo è sottoposto a una pressione senza precedenti con pesanti impatti sugli ecosistemi marini e la biodiversità ma anche su importanti settori economici come la pesca e il turismo – spiega l’organizzazione ambientalista nel manifesto di GenerAzione Mare – Dobbiamo urgentemente ripristinare l’equilibrio del Mediterraneo, in modo che le persone e la natura possano continuare a prosperare, insieme. Per farlo, dobbiamo affrontare cinque gravi minacce». Sul banco degli imputati ci sono la pesca insostenibile – quella eccessiva, illegale e protagonista delle catture accidentale – per la quale oltre il 75% degli stock ittici monitorati è sovrasfruttato, e le popolazioni di pesci sono crollate di oltre un terzo negli ultimi 50 anni. Poi il problema delle specie a rischio residenti nel Mediterraneo, come 8 specie di balene, delfini e focene, caretta e tartarughe verdi, foche monache (solo 400 esemplari sopravvivono nel Mare Nostrum) e più di 80 specie di squali e razze.
Terzo problema, la corsa all’oro blu: il mare è sempre stato al centro delle economie della regione mediterranea, generando almeno 450 miliardi di dollari l’anno che sostengono milioni di posti di lavoro in rapida crescita. La corsa all’oro blu comprende il turismo, lo sviluppo costiero, il trasporto marittimo, l’acquacoltura, la produzione di petrolio e gas, l’estrazione mineraria, l’energia eolica offshore, destinati ad aumentare notevolmente nei prossimi anni.
Tuttavia, sia le risorse marine sia lo spazio marittimo sono una risorsa limitata e se queste attività non vengono adeguatamente regolamentate e gestite in modo responsabile potrebbero arrecare danni irreparabili alle risorse naturali su cui si basano l’economia e il sostentamento delle persone.
Quarto imputato, il cambiamento climatico, a causa del quale le temperature nel Mediterraneo stanno aumentando il 20% più velocemente della media globale, causando un innalzamento del livello del mare che potrebbe superare il metro entro il 2100, con pesanti ripercussioni anche sulla popolazione umana costiera.
Infine, la plastica e la microplastica: fino a mezzo milione di tonnellate di rifiuti di finiscono ogni anno nel bacino, dove possono rimanere per decenni o addirittura secoli. Un problema che si stima sia destinato a crescere, dal momento che la produzione di rifiuti di plastica nella regione potrebbe quadruplicare entro il 2050. Il 90% dei danni provocati dai rifiuti alle specie marine è dovuto alla plastica. Dall’intrappolamento in reti da pesca e imballaggi abbandonati, all’ingestione di rifiuti, le conseguenze per tartarughe, mammiferi e uccelli marini, pesci e invertebrati sono spesso fatali. In parallelo, le microplastiche e i contaminanti tossici che esse trasportano si accumulano all’interno delle catene alimentari marine, colpendo un gran numero di specie, con preoccupanti conseguenze sulla loro salute e su quella delle persone.
Nel 2021, spiega il Wwf, mentre nell’ambito della Convenzione sulla diversità biologica delle Nazioni Unite vengono definiti i nuovi obiettivi per il futuro della biodiversità, è atteso un impegno concreto e immediato da parte dei governi per rafforzare la protezione del Mar Mediterraneo entro il 2030. Tale impegno è prioritario per la prosperità socioeconomica a lungo termine del Mare Nostrum e vitale per la protezione della sua biodiversità unica e straordinaria. «Con la Campagna GenerAzione Mare facciamo sentire forte la nostra voce per chiedere che tale impegno venga preso e rispettato; uniamo volontari, ricercatori, pescatori, aree protette, imprese, amministrazioni, per difendere specie e habitat marini, chiedendo un ampliamento della superficie marina protetta in modo efficace in Mediterraneo e un’economia blu che sia veramente sostenibile, coinvolgendo i pescatori per una migliore gestione della pesca, promuovendo un consumo più sostenibile di pesce e combattendo l’inquinamento, in particolare la plastica».
Ed è a questo fine che l’organizzazione ambientalista sta lavorando con i pescatori per sostenerli nell’adozione di pratiche più sostenibili, con le aziende perché si impegnino nella trasformazione della loro filiera produttiva e di approvvigionamento. E con le autorità nazionali e internazionali, affinché garantiscano una gestione adeguata della pesca.