Dici poke e subito ti viene in mente la coloratissima e fotogenica ciotola o bowl arcobaleno, composta da un assemblaggio di ingredienti a scelta, come mango, edamame, avocado, cipolla, salmone, tonno, gamberi e chi più ne ha più ne metta… senza scordarci della base di riso, chiaramente. Un trend che è arrivato in Italia nel 2017 con il primo poke store a Milano e che, da quel momento, non se n’è più andato, conquistando i palati degli italiani e affermandosi come uno dei piatti più ordinati nel mondo del cibo a domicilio. Il poke è un piatto di origine hawaiana, da cui deriva anche il nome che significa «tagliare a pezzi», chiaro riferimento alla modalità con cui vengono tagliati a cubetti gli ingredienti delle bowl.
Il successo si traduce anche in termini economici e in numero di pokerie presenti sul territorio italiano. A livello mondiale, nel 2020 il settore dei pokè bar ha raggiunto 1,74 miliardi di dollari di volume d’affari, mentre in Italia il mercato delle pokerie ha registrato 98 milioni di euro di fatturato nel 2021.
La grande richiesta per questo piatto è sotto i nostri occhi: passeggiando per le vie di ogni grande città è facile notare come le strade si siano riempite di ristoranti poke in ogni loro forma, dalle pokerie ai poke bar, dai ristoranti indipendenti ai franchising. Il panorama in Italia è dominato da nove catene principali che si trovano nelle maggiori città, da Milano fino a Napoli. Lo scenario milanese è capeggiato da Poke House, una catena con 14 locali attivi che conta anche più di 10 locali tra Spagna e Portogallo. Nella capitale, invece, è Ami Poke l’insegna più presente, con sei locali posizionati in zone strategiche.
Ma perché ha funzionato così tanto e non è stato solo un breve successo passeggero? La popolarità di queste insalatone hawaiane è dovuta senz’altro a una sempre più crescente attenzione data alla provenienza e al valore nutrizionale dei prodotti da parte dei consumatori. Questa attenzione si riflette, quindi, nella scelta di piatti preparati con ingredienti salutari, come i poke bowl, a scapito di cibi spazzatura. Questo piatto dà l’idea di essere healthy e leggero, di non pesare troppo sul bilancio calorico giornaliero. Gioca un ruolo anche il carattere fortemente personalizzabile dei poke, che possono essere composti in base alle preferenze di chi lo mangerà: quello che non ci piace si può non mettere, e ciò che amiamo diventa protagonista. È pratico: si mangia senza tagliare, senza sporcarsi, con una forchetta.
L’instagrammabilità, passateci il termine, è un’altra caratteristica che ha permesso a queste bowl di raggiungere alti livelli di popolarità, visto che si tratta di un prodotto esteticamente piacevole e quindi molto presente nelle foto degli utenti dei social media, caratteristica imprescindibile nell’era del food porn. Infine, si tratta di un piatto estremamente pratico, consumabile da freddo e compatibile con il trasporto, quindi perfettamente funzionale al delivery, modalità di acquisto sempre più utilizzata.
Quando ordinerete il prossimo aumentando questa già consistente cifra d’affari?