Partenza in salitaLe difficoltà della Conferenza sul Futuro dell’Europa 

In autunno il grande esperimento di democrazia partecipativa entrerà nel vivo con le assemblee dei cittadini. La piattaforma digitale, però, stenta a decollare: il rischio è che il processo sia limitato alla “bolla” comunitaria

AP Photo/Francisco Seco

Dopo un evento inaugurale dai toni roboanti e una prima sessione plenaria con luci e ombre, la Conferenza sul Futuro dell’Europa deve ora trasformare in realtà concrete le promesse di cambiamento e inclusione fatte dalle istituzioni comunitarie agli europei. Gli ultimi mesi del 2021 saranno cruciali per l’inedita iniziativa di democrazia partecipativa, che punta a coinvolgere i cittadini nell’elaborazione di proposte per migliorare il funzionamento dell’Ue. 

Il lungo percorso di incontri e discussioni che porta all’ultima plenaria, calendarizzata a marzo 2022, vedrà a partire da settembre l’intervento diretto di cittadini «comuni», che saranno affiancati nei lavori della Conferenza agli esponenti politici (108 parlamentari europei, 108 parlamentari nazionali, 54 membri dei governi e tre commissari europei) e ad altri rappresentanti della società civile. 

La scelta dei partecipanti
Il format architettato prevede infatti la selezione di 80 persone, elette all’interno di quattro «Citizens Panel», che si riuniranno tre volte in tutto, la prima delle quali, in presenza, fra settembre e ottobre. Ognuno degli incontri dei cittadini verte su macro-temi specifici: il primo sulle questioni connesse alla democrazia, allo Stato di Diritto e ai valori europei; il secondo sul cambiamento climatico e i suoi effetti su salute e ambiente; il terzo su giovani e cultura, ma anche sui problemi sociali, economici e legati alla transizione digitale dell’Europa; mentre il quarto si focalizzerà sul ruolo dell’Ue nel mondo e sulle migrazioni.

Al di là degli argomenti prescelti, che abbracciano praticamente tutti gli aspetti dell’attuale dibattito a livello comunitario, è innovativa la composizione di questi panel. I 200 partecipanti di ogni incontro saranno selezionati casualmente nei Paesi europei, con generazione automatica dei numeri di telefono, fisso e mobile. Ci sono però dei paletti: un terzo dei componenti dovrà avere tra i 16 e i 25 anni, i 27 Stati dell’Ue saranno rappresentanti in modo proporzionale alla loro popolazione e dovrà essere assicurata la «diversità sociologica», con criteri selettivi che tengano conto di genere, età, contesto abitativo e socioeconomico. L’obiettivo è che ogni consesso sia il più plurale e rappresentativo possibile della popolazione dell’Unione.

Oltre ad eleggere i propri delegati, queste assemblee di cittadini sono chiamate a formulare una serie di raccomandazioni che verranno poi discusse nelle sessioni plenarie della Conferenza e potranno essere incluse nelle conclusioni finali. Il processo di selezione e l’organizzazione degli incontri scontano i problemi legati alla pandemia da Covid19: il primo round di incontri si terrà nella sede di Strasburgo del Parlamento europeo (dove si svolgono anche tutte le plenarie), il secondo sarà esclusivamente online e il terzo, pandemia permettendo, dislocato in quattro diversi luoghi dell’Unione. 

Anche questa scelta punta ad allargare il raggio d’azione dell’iniziativa e massimizzare il coinvolgimento dei cittadini europei, cercando di evitare che l’intero processo si svolga nelle sedi abituali delle istituzioni europee. Le quattro riunioni «in trasferta» si terranno a Dublino, in Irlanda (3-5 dicembre), Firenze (10-12 dicembre), Natolin, Polonia (7-9 gennaio 2022) e Maastricht, Paesi Bassi (14-16 gennaio 2022). In tutti i casi la Conferenza si appoggerà a strutture molto conosciute e legate all’ambiente comunitario: l’Istituto di Affari internazionali ed europei della capitale irlandese, l’Istituto universitario europeo del capoluogo toscano, il College of Europe della città polacca e l’Istituto europeo per la Pubblica Amministrazione di quella olandese.

Una piattaforma ancora poco utilizzata
La base della discussione dei panel (e di conseguenza delle proposte che verranno formulate nelle sessioni plenaria) sono gli spunti emersi dalla piattaforma multilingue della Conferenza. La pagina web, lanciata lo scorso aprile, offre la possibilità a ogni utente di condividere una riflessione, partecipare a un evento od organizzarne uno. Anche in questo caso ci sono nove sezioni tematiche che ricalcano gli argomenti di discussione nell’Unione, a cui se ne aggiunge una dedicata alle altre idee. 

Proprio la piattaforma, pensata per essere lo strumento più inclusivo della Conferenza sul Futuro dell’Europa, rischia di diventare il suo tallone d’Achille. Al momento vi si sono registrate 24mila persone, si contano quasi 7mila proposte e più di 12mila commenti. Gli eventi organizzati sono per ora 1883, con oltre 87mila partecipanti in tutto. Numeri per ora piuttosto contenuti, se comparati alla popolazione europea e all’intenzione di coinvolgerla il più possibile nel processo di elaborazione democratica. Un rapporto interno presentato a fine luglio dal Consiglio dell’Ue, analizzando numeri molto simili, sottolineava come «molti più cittadini dovrebbero essere raggiunti per innescare un reale dibattito su scala europea».

Come confermato a Linkiesta da fonti interne a Parlamento e Commissione, le istituzioni puntano molto sulla prossima fase del processo per aumentare il coinvolgimento. Lanciando eventi i cui protagonisti sono esclusivamente cittadini «comuni» e pubblicizzando la piattaforma, i vertici comunitari sperano di generare più interesse nei territori degli Stati Membri, scongiurando così il rischio di una Conferenza riservata solo ad addetti ai lavori o a chi gravita intorno all’ambiente comunitario, la cosiddetta «bolla di Bruxelles». 

«In realtà la partecipazione è molto bassa e ad essere sinceri la cosa non mi sorprende», dice a Linkiesta una delle partecipanti alla Conferenza, selezionata fra i rappresentanti della società civile. La delegata vede figure troppo vicine al mondo della politica anche negli spazi riservati alle organizzazioni e ai corpi intermedi. Per questo mantiene un forte scetticismo, sia sull’autenticità del dibattito democratico che sulle reali possibilità di introdurre modifiche significative nell’architettura comunitaria. Ai cittadini e ai politici che animeranno la Conferenza, il compito di farla ricredere.