Squadra che vince non si cambiaIl momento magico italiano fa sperare che Mattarella si conceda un secondo mandato

Il Capo dello Stato sembra inflessibile, ma in questi giorni sembra che qualcosa si muova al Quirinale: serve stabilità fino alle elezioni del 2023, il clima positivo (sportivo ed economico) e la volontà dei partiti spingono per il bis del presidente della Repubblica

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Sergio Mattarella lascerà il Quirinale il giorno della Befana, il 6 gennaio 2022, quindi un po’ anticipatamente rispetto alla data esatta di fine mandato che scade il 3 febbraio. Il leggero anticipo ha diversi precedenti, così da consentire di entrare subito nel vivo del procedimento per l’elezione del nuovo Presidente della Repubblica. Questo, secondo informazioni da noi raccolte, dovrebbe essere l’intendimento di Mattarella, sempre fermo nel non contemplare l’ipotesi di un nuovo mandato, come ha spiegato lui stesso in occasioni formali e non formali.

In questi giorni però si è avuta l’impressione di un rinnovato pressing sul Capo dello Stato perché si disponga a valutare una eventuale forte richiesta del Parlamento affinché succeda a se stesso per un periodo limitato, cioè fino alle elezioni politiche del 2023. Per proseguire la sua perfetta interpretazione del suo ruolo. E per garantire la continuità di quel governo Draghi che è condizione, secondi molti, per la ripresa economica e la sconfitta della pandemia.

C’è stato in questo senso un importante articolo di Ferruccio de Bortoli che a quanto sembra non è il frutto di una iniziativa di “ambienti” ma reca pur sempre la firma di un autorevolissimo giornalista.

E c’è poi una considerazione non immediatamente politica ma di “clima” che depone a favore della conferma dell’attuale Presidente: ci riferiamo al magic moment che il nostro Paese sta vivendo non solo a livello sportivo (spesso certe vittorie hanno influito sull’umore generale del Paese, tanto più queste vittorie di Tokyo così inaspettate e di valore assoluto), ma anche a livello economico con un Pil che sta andando oltre le previsioni.

In più, la riforma della giustizia che oggi verrà approvata dalla Camera dopo le fiducie di ieri sera segnala un ulteriore avanzamento dell’agenda riformatrice del governo Draghi e una nuova sua ottima prova personale.

Insomma, senza esagerare né tantomeno strumentalizzare puerilmente gli avvenimenti extrapolitici di queste ore, e tenuta sempre presente l’emergenza Covid (che semmai è un altro fattore che spinge in favore della stabilità), verrebbe da utilizzare l’antico motto latino quieta non movere et mota quietare, con attenzione alla seconda parte della frase – mota quietare, calmare chi si agita – con riferimento a certe sortite di Matteo Salvini (ma veramente il governo rischia sull’immigrazione?), per non parlare di una Giorgia Meloni che s’inalbera su tutto, dai vaccini al Monte dei Paschi di Siena, con un accumulo di messaggi distruttivi che non portano a nulla.

Se le cose stanno andando (sempre relativamente, in politica) bene perché infilarsi in una zuffa sul Quirinale nella quale si potrebbero contare morti e feriti che al confronto la vicenda dei 101 che sabotarono Prodi sembrerà una passeggiata di salute?

Una possibile “mattanza” stile 2013 non potrebbe non travolgere sia il governo che più in generale i rapporti tra i partiti: a chi converrebbe? Di questo interrogativo potrebbe farsi latore il Partito democratico, o una sua parte, ma anche un ampio settore centrale del Parlamento – Renzi, Bonino, Forza Italia – e chissà che ne direbbe un Giorgetti, mentre l’incognita è come al solito un Movimento 5 stelle ancora sbandato ma che comunque non appare in grado come nel 2013 di influire sulla situazione: il tempo di Rodotà-ta-ta è davvero lontanissimo.

Intanto Sergio Mattarella manda segnali chiarissimi sul semestre bianco che inizia oggi.

Egli perde il potere di sciogliere le Camere ma continua a disporre di tutti gli altri: e non è certo un dimezzamento. Se poi le cose dovessero mettersi davvero male (ma è un’ipotesi, come abbiamo tentato di spiegare, irrealistica), il Presidente potrebbe dimettersi in qualunque momento – come abbiamo già scritto riprendendo una previsione del professor Francesco Clementi e avallata ieri dal quirinalista del Corriere della Sera Marzio Breda – per accelerare l’elezione del Presidente e il successivo ricorso alle elezioni anticipate.

Ma chi le vuole? Chiedete ai partiti: «Vade retro», vi risponderanno. E dunque il magic moment gioca per la stabilità: di Palazzo Chigi e del Colle più alto.

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