Tombola!Il Pd per Dibba, l’ultima capitolazione di Letta e compagni?

Il Giornale ha raccontato che Giuseppe Conte vorrebbe candidare alle suppletive di Roma Primavalle Alessandro Di Battista, con il sostegno e i voti del Partito democratico. Il cui segretario, candidato a Siena, ha disperato bisogno dei voti grillini. Un capolavoro

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L’ultimo tragicomico episodio dell’auto-annientamento del Pd nel nulla dei Cinquestelle l’ha riportato ieri Il Giornale: Giuseppe Conte sta pensando di candidare alle suppletive nel collegio di Roma Primavalle nientedimeno che Alessandro Di Battista, il più rossobruno degli impresentabili che l’antipolitica di questi anni ci ha consegnato.

Il punto non è che l’avvocato del populismo, già anti europeista e sodale politico di Trump e di Putin, oltre che ex alleato di Salvini nelle peggiori infamie anti migranti, voglia umiliare ulteriormente le istituzioni repubblicane, dopo averle mutilate con il referendum contro il Parlamento, riportando Di Battista a Montecitorio. E nemmeno che nonostante il curriculum eversivo, limitandoci a commentare quello vero, il Pd lo consideri il «leader fortissimo di tutti i progressisti» e lo lusinghi con ipotesi di alleanze tanto carezzevoli quanto insensate. 

Il punto è che, stando al Giornale, Enrico Letta sarebbe pronto a sostenere, offrendo i voti del Pd, la candidatura di Di Battista a Roma, completando così la tombola della resa democratica ai fasciopopulisti. 

Si spera che le notizie riportate dal Giornale siano fortemente esagerate o che la sedicente componente riformista del Pd, parlandone da viva, possa ancora avere un minimo sussulto di dignità in modo da opporsi allo scempio di un “Pd per Dibba”. Ma, come aveva profeticamente scritto Carlo Panella su questo giornale, Letta si è costruito una trappola micidiale candidandosi nel collegio di Siena dove col passare delle settimane ha scoperto di avere il disperato bisogno dei Cinquestelle per evitare una débâcle personale in uno dei collegi più rossi del pianeta. 

Le conseguenze della scelta di Letta sono sotto gli occhi di tutti: un Pd ancor più sdraiato sui Cinquestelle rispetto ai tempi di Nicola Zingaretti, un Pd che fa la fronda a Draghi, un Pd che prova a smontare la riforma della giustizia di Marta Cartabia per non urtare Travaglio e Fofò Dj, un Pd che si impegna ad annientare la gamba liberal-democratica di un’eventuale alleanza progressista, un Pd che offre a Conte il seggio romano di Roberto Gualtieri, e ora addirittura un Pd che arriverebbe a fare campagna elettorale per lo scriteriato castrista antidraghiano Di Battista. 

Ma, di nuovo, la questione principale non è Conte né Di Battista. La questione è il Partito democratico, l’ex partito architrave della recente storia repubblicana e oggi, pur sostenendo il governo, complice delle manovre antidraghiane dei populisti nonché scialuppa di salvataggio dei picconatori della democrazia rappresentativa. 

C’è anche il caso di Milano. Nella città medaglia d’oro della Resistenza, capitale della guerra di Liberazione e da sempre Cinquestelle-free, si è messo in moto un circo politico per arrivare a stringere un accordo elettorale con i grillini a favore del sindaco Beppe Sala (ne ha scritto ieri Sergio Scalpelli). Altra manovra di cui sfugge il senso logico, a meno che non sia quello di diffondere l’epidemia antipolitica nell’unica zona bianca d’Italia.

C’è da chiedersi, a questo punto, che cosa sia rimasto del Partito democratico, se non un caravanserraglio di figuranti buoni soltanto a occuparsi di problemi surreali, come quello della violazione della privacy nel chiedere il greenpass ai transgender, mentre le forze sociali del paese discutono seriamente di come uscire dalla pandemia tutelando la salute dei cittadini e rispettando il lavoro di tutti.  

E così, perdendo tempo dietro il nulla, il Pd lascia addirittura la guida della battaglia antifascista contro il sottosegretario mussoliniano Durigon ai grillini, anche perché altrimenti dovrebbe affrontare la questione imbarazzante di un suo autorevole esponente, Michele Emiliano, che si sdilinquisce e sostiene alle elezioni comunali di Nardò, in Puglia, un ex esponente di Casa Pound, peraltro contro il candidato del Pd. Naturalmente senza che i leader del partito, con l’eccezione del senatore Dario Stefàno, abbiano avuto niente da dire.
In effetti, il Pd se lo merita Di Battista.  

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