Strada apertaIl futuro dei camion è la guida autonoma?

Per il settore è l’unica opzione per arginare la perdita di conducenti e minimizzare i costi. La filiera è quasi pronta per il lancio in commercio: una start-up sostenuta da Amazon e Sequoia può automatizzare un autocarro in sole 12 settimane, e in solo otto mesi sono già state siglate partnership tra le società più importanti

unsplash

Immaginatevi l’intelligenza artificiale di un Tesla applicata su un camion. È questo il futuro del trasporto su gomma, secondo un articolo del Financial Times. Quindi guida autonoma in primis, sensori, iper-connessione del sistema e tanta tecnologia. Aurora, per esempio, una start-up sostenuta da Amazon e Sequoia, può installare in qualsiasi veicolo la guida autonoma in sole 12 settimane.

«La trasformazione prevede lo smontaggio del cruscotto, l’equipaggiamento del veicolo con una pila di sensori e sistemi informatici, quindi l’installazione di un unico “cordone ombelicale” per facilitare la comunicazione tra il veicolo e la tecnologia di guida autonoma», spiega Sterling Anderson, co-fondatore e capo responsabile della società, al quotidiano inglese. Aurora per il momento ha integrato il suo “Driver” robotico in otto tipi di veicoli: il suo sistema però si sta dimostrando più efficace nei camion pesanti, che sono improvvisamente sono diventati il campo di battaglia principale per lo sviluppo della tecnologia di guida autonoma.

Mentre il lancio di massa dei robotaxis vacilla, Aurora ha annunciato di aver firmato una partnership pluriennale con Volvo Trucks, e prima con Paccar, il produttore di camion pesanti Peterbilt e Kenworth. Paccar e Volvo sono due dei quattro grandi produttori di autocarri al mondo, con una quota di mercato combinata negli Stati Uniti di oltre il 50%.

Il business case per stravolgere il mercato degli autotrasporti negli Stati Uniti da 800 miliardi di dollari è quindi ormai avviato. Per un motivo su tutti: due terzi dei beni di consumo americani vengono trasportati su camion, ma le leggi che limitano i turni di lavoro dei conducenti a un massimo di 11 ore implicano che i viaggi più lunghi devono spesso essere suddivisi in diversi giorni. In più, il settore degli autotrasporti è molto frammentato, con 200.000 aziende sparse negli Stati Uniti, il 95 per cento delle quali ha meno di 100 camion. Inoltre, in media, per il 20% delle miglia che percorrono questi colossi viaggiano vuoti.

L’automazione significa quindi meno camion, che si traduce in meno viaggi, meno personale e meno spese e, in un’ottica sostenibile, anche meno emissioni. «I camion percorrono 170 miliardi di miglia sulle autostrade ogni anno», ha affermato Nancy Sun, ingegnere capo di Ike, una start-up di camion senza conducente acquisita a dicembre dal gruppo di consegne robotiche Nuro, al FT. «Si tratta di un numero inferiore a quello delle miglia delle autovetture, ma comunque un’enorme opportunità. E l’industria è già ben preparata per adottare questo tipo di tecnologia».

La Silicon Valley ci ha messo fin troppo tempo per afferrare il potenziale del mercato. Dopo che Google ha lanciato il suo progetto di auto a guida autonoma nel 2009, i robotaxi sono stati il punto focale del settore, poiché tutte le principali case automobilistiche – e alcuni grandi gruppi tecnologici tra cui Apple, Amazon e Microsoft – hanno cercato un partner per investire.

Negli autotrasporti, invece, ci sono voluti solo otto mesi per siglare le partnership tra le società più importanti. TuSimple, per esempio, una delle principali start-up di autotrasporti senza conducente che ha presentato istanza di IPO la scorsa settimana, ha collaborato con l’unità Volkswagen Traton a settembre. La società è inoltre supportata dal gruppo Internet cinese Sina, dal produttore di chip statunitense Nvidia e dal corriere UPS. Waymo (Google), invece, ha firmato un accordo in ottobre con Daimler, il più grande produttore di camion del mondo.

Dalla loro i camion hanno una caratteristica che li avvantaggia: a differenza dei taxi e delle auto, i 18 ruote trascorrono la maggior parte del loro tempo sulle stesse autostrade, dritte e senza troppi ostacoli. Si tratta «fondamentalmente di una strada diritta in cui non c’è bisogno nemmeno di cambiare marcia, e tanto meno c’è il rischio di sbattere contro un edificio», ha affermato Annie Kadavy, partner di Redpoint Ventures, che in precedenza ha guidato le operazioni strategiche di Uber Freight.

McKinsey, la società di consulenza, ha previsto che la “piena autonomia” non sarà commercialmente pronta per i camion fino al 2027. Ma le start-up tra cui Aurora, Ike, Embark e Kodiak credono di poter accelerare quella linea temporale di diversi anni tramite il modello hub-to-hub: la Kodiak, una start-up di autotrasporti senza conducente, mira infatti a costruire degli “hub di trasferimento” vicino all’autostrada in cui un camionista potrà trasportare merci e scambiare il carico con un camion a guida autonoma, il quale, per fare un esempio, viaggerà fino a 300 miglia di distanza e lascerà il carico in un ulteriore hub dove un altro camionista potrà occuparsene. Il vantaggio di questo approccio è che il ruolo del conducente del camion non sarebbe eliminato ma semplicemente ottimizzato per la guida a corto raggio e il supporto logistico. Con l’automazione, per di più, l’American Trucking Associations potrebbe scongiurare la crisi del settore. Nel 2018 il trasporto su gomma era a corto di 61.000 conducenti ed entro il 2028 si prevede che ne perderà altri 160.000.

Ma i rischi? Un camion che perde il controllo è largamente più pericoloso di un auto o di un taxi. Ma questo rischio, spiega l’articolo, secondo gli esperti del settore rimane basso grazie ai molteplici sistemi di sicurezza e backup.

X