Sono più fiduciosi, meno rancorosi e ricominciano a «pensare positivo» in vista della ripresa economica. Ma quando si tratta di fare acquisti, gli italiani sono ancora molto attenti al portafoglio. Nonostante il rimbalzo record del Pil, i consumi delle famiglie restano sei punti sotto i livelli pre pandemia. E la spesa tornerà ai numeri di inizio 2020 non prima del 2023. Mentre aleggia pure lo spettro dell’inflazione, che rischia di trasformarsi presto in un aumento dei prezzi dei prodotti negli scaffali.
È il quadro che viene fuori dal “Rapporto Coop 2021”, che quest’anno analizza il momento positivo della ripartenza post-Covid. Ma sulla crescita pesa l’ombra dei rincari delle materie prime, che già si è tradotta nell’aumento dei costi dei prodotti per la grande distribuzione, fino anche a un +8-10%. Rischiando ora di trasformarsi in una minaccia in più per la ripresa dei consumi e di comprimere la domanda interna, ancora molto debole.
Perché se le vittorie agli Europei e alle Olimpiadi e la credibilità del governo Draghi fanno parlare di un «momento Italia» e l’86% degli intervistati si dichiara orgoglioso di essere italiano, gli stessi numeri non si vedono ancora nei redditi né nella propensione agli acquisti.
Come spiega il Rapporto Coop, il ritrovato ottimismo degli italiani, più che da un concreto miglioramento delle proprie condizioni economiche, dipende in sostanza solo da una nuova consapevolezza “delle cose importanti della vita” (lo dice il 45% degli intervistati). A partire dalla famiglia e dagli affetti più stretti.
I numeri della crescita del Pil – legate quasi esclusivamente all’export e agli investimenti – non si ritrovano invece nell’economia reale. L’occupazione cresce lentamente, con 260mila lavoratori che mancano ancora all’appello rispetto a febbraio 2020. E secondo quanto registra il rapporto Coop, nel 2021 ben 27 milioni di italiani sono stati costretti a fare rinunce nelle spese, 18 milioni prevedono che la propria situazione di disagio durerà nel tempo e 5 milioni pensano addirittura di dover fare sacrifici persino nei consumi alimentari.
«L’euforia del sopravvissuto», insomma, non fa ancora ancora ripartire i consumi. Nel 2022, il 28% degli italiani – soprattutto cassintegrati, lavoratori autonomi, giovani e donne – prevede di avere ancora un livello di spesa inferiore rispetto al 2019. E secondo il 43% degli esperti consultati nel rapporto Coop, si tornerà quindi ai livelli di consumo pre pandemia solo nel 2023. Mentre a crescere saranno probabilmente la sottoccupazione (secondo il 59%), il lavoro nero (50%) e i gap generazionali (51%). Non a caso, quelli che più sono costretti a rinunciare ai nuovi consumi sono soprattutto i giovani under 30, in particolare nel Mezzogiorno.
«I consumi sembrano essere l’ultimo dei comparti che ripartirà», spiega Maura Latini, amministratrice delegata di Coop Italia. Con un pericolo in più che arriva dall’aumento dei prezzi delle materie prime e dell’energia, che spinge l’inflazione, rischiando di rallentare la transizione ecologica, ma soprattutto di abbattersi sul carrello degli italiani.
«Stiamo ricevendo aumenti di listino considerevoli», dice Marco Pedroni, presidente di Coop Italia. «Nel 2021 abbiamo registrato una deflazione alla vendita del -0,7/0,8%, mentre prezzi di acquisto per i distributori sono aumentati di circa un punto. Ma se c’è una inflazione da costi che sta arrivando, dobbiamo farcene carico tutti per attutire l’impatto sui prezzi finali. Nei prossimi mesi non possiamo aumentare i prezzi del 5-6-8% come molti listini ci stanno chiedendo. Sono aumenti che il nostro Paese, con i consumi bloccati, non si può permettere».
Gli aumenti denunciati da Coop riguardano diversi prodotti, inclusi quelli alimentari, dai cereali ai formaggi. «Non si tratta di situazioni circoscritte ma estese», spiega Latini. «E al di là dei fattori materiali, in alcuni casi questi aumenti hanno a che fare anche con fenomeni speculativi».
La soluzione, secondo Coop, sarà il sostegno alla domanda interna. In primis, con una «rimodulazione dell’Iva, ma nell’ottica di sostenere i consumi dei prodotti sostenibili, non certo per compensare variazioni e turbolenze di mercato», spiega Pedroni. Le altre iniziative suggerite nel rapporto per riaccendere la voglia di spendere sono gli incentivi al credito, il potenziamento dei bonus e una maggiore liberalizzazione dei mercati.
«Si profila una situazione in cui la domanda interna resta bassa, mentre si rischia di far pagare al consumatore i forti aumenti delle materie prime e dell’energia», ribadisce il presidente di Coop Italia. «L’inflazione da costi esterni può avere effetti depressivi importanti sulla congiuntura economica». C’è bisogno «di dirottare risorse e politiche più incisive a favore dei consumi agendo per esempio sulla defiscalizzazione di prodotti sostenibili e c’è bisogno di una legislazione di scopo per la riconversione dei centri commerciali. Stiamo parlando di superfici estese da riqualificare e da recuperare anche in funzioni diverse da quelle commerciali, per ruoli multifunzionali e di servizio per la comunità».