«C’è una delle liste che mi supporta che mette insieme due cose importanti: il civismo e il riformismo, a partire da un impegno civico che dura da dieci anni, ha una sua storia e una sua prospettiva. Si tratta di una proposta importantissima per Milano ma che è anche una grande opportunità per l’Italia». Con questo energico endorsement Beppe Sala ha certificato, al Teatro Carcano di Milano, l’impegno della lista I Riformisti, che rappresenta una novità assoluta sul piano cittadino e nazionale, per confrontarsi con la società civile milanese sui temi chiave del futuro della città.
Un mondo, quello del civismo, che è stanco di essere chiamato a misurarsi con i problemi sempre a valle delle decisioni che contano e che dovrebbe diventare un «alleato da far sedere al tavolo anche nella regia e nella progettazione degli spazi della città», ha sottolineato la deputata Lisa Noja (Italia Viva). Ci vuole una nuova alleanza strutturale che abbia al centro il terzo settore e alimenti un riformismo capace di passare dalle parole ai fatti, accompagnando l’investimento sulle aree di eccellenza della città con la cura degli ultimi e dei penultimi (una schiera che ha visto aggiungersi purtroppo i nuovi invisibili generati dalla pandemia).
Essere riformisti oggi a Milano significa mantenere uno sguardo strabico: da un lato, disegnare una Milano davvero “agile”, con la tecnologia, la digitalizzazione e l’innovazione al servizio della persona (e non il contrario), come sottolinea la capolista dei Riformisti, Giulia Pastorella (Azione). Dall’altro, porre in cima all’agenda della nuova giunta i temi della diseguaglianza e della prossimità, guardando a tutti i suoi cittadini e non solo a quel 9 per cento della popolazione milanese che, stando alle stime più attuali, detiene il 35 per cento della ricchezza della città.
Ben il 20 per cento dei residenti, del resto, non è di origine italiana: una parte di città che è stata lasciata indietro dallo sviluppo scintillante di questi ultimi anni e che fatica a riconoscersi nell’immagine patinata della Milano proiettata nel futuro e sempre più europea. La sfida della nuova amministrazione è di portare tutti a bordo, ha chiesto Maria Grazia Guida (ex vicesindaco con Giuliano Pisapia e presidente dell’associazione Amici Casa della Carità) seguendo un piano di sviluppo che si muova sul doppio binario della verticalità e dell’orizzontalità. Bene, quindi, la Milano che “eventizza”, produce cose che si vedono e che sono fatte per essere rappresentate nelle Week e raggiungere il consenso. Ma dobbiamo pur poter immaginare, in una qualche cantina, uno Steve Jobs milanese che sia intento a creare qualcosa che un giorno cambierà veramente qualche cosa, ha sostenuto André Rute Shammah, direttrice del Teatro Franco Parenti.
Ci troviamo, perciò, a un bivio decisivo per Milano e per l’Italia. Dopo le comunali di ottobre, di qui al 2023, ci sono tutti i principali appuntamenti elettorali. A essere ridisegnato sarà il volto istituzionale e politico del nostro paese. Se dalle urne uscisse un governo di segno opposto a quello attuale, che riprendesse le scelte illiberali antieuropeistiche e le politiche pubbliche votate al mero consenso del governo giallo-verde, vanificheremmo la storica opportunità del Pnrr e condanneremmo l’Italia all’irrilevanza, ha ammonito Sergio Scalpelli.
Il futuro liberale, quindi, si gioca nel qui e ora del 3 e 4 ottobre. Se i risultati elettorali di Calenda a Roma e dei Riformisti a Milano saranno all’altezza delle aspettative, si creerà lo spazio per un percorso federativo che realizzi la prima delle riforme per Milano. Che, secondo Giuliano Pisapia, è già rappresentata dalla creazione di questa lista riformista. Un cantiere politico che da Milano guarda all’Italia, e attraverso l’Italia di Draghi investe sul futuro dell’Europa.