Si avvicina nel governo il momento in cui si dovrà discutere delle modifiche al reddito di cittadinanza e sale la tensione tra le forze di maggioranza. Dopo la definizione di «metadone di Stato» di Giorgia Meloni, il referendum lanciato da Matteo Renzi e l’annuncio di un emendamento alla legge di bilancio per abolirlo da parte di Matteo Salvini, è intervenuto ieri pure l’Ocse.
L’Organizzazione per lo sviluppo economico ha messo nero su bianco il proprio giudizio sul sussidio grillino, come già in realtà aveva fatto altre volte: l’assegno ha contribuito a ridurre la povertà, ma il numero di beneficiari che hanno trovato un impiego è scarso. E l’invito quindi è quello di «ridurre e assottigliare il reddito di cittadinanza per incoraggiare i beneficiari a cercare lavoro».
In molti, da Italia Viva a Forza Italia, vorrebbero abrogarlo. Mentre il Movimento Cinque Stelle, con l’aiuto del Pd, difende il proprio provvedimento bandiera. «La sua cancellazione sarebbe la rottura di un patto di lealtà e di una logica di sostegno e collaborazione», ha detto l’ex premier Giuseppe Conte da Napoli. «È davvero da vigliacchi per degli esponenti politici, che hanno dei trattamenti di tutto rispetto dal punto di vista economico, andare in tv e chiedere l’abrogazione di una misura che nel migliore dei casi arriva a 780 euro».
La vera partita si giocherà sulle modifiche da apportare, più o meno profonde, come scrive La Stampa. E il ministro dello Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti – che sul Messaggero oggi scrive un fondo dal titolo “La forza delle imprese per rilanciare il Paese” – propone che «si cominci a ragionare di lavoro di cittadinanza».
Una proposta lanciata dal palco, che però fa scattare subito il Pd in difesa della misura grillina. «Se Giorgetti parla di lavori socialmente utili – dicono i Dem – facciamo notare che esistono già. Forse se l’è dimenticato». In effetti ci sono già i Progetti utili per la comunità (Puc): chi prende l’assegno del reddito si impegna a partecipare a questi progetti per otto ore settimanali. Dal Pd dicono che il problema è che in tempo di pandemia molti Comuni che avevano il compito di attivare i progetti sono rimasti indietro nella programmazione. «Anziché inventare formule fantasiose – spiegano dal Nazareno – il ministro sostenga pubblicamente il piano Gol (Garanzia occupabilità lavoratori)», a cui sta lavorando il ministro del Lavoro Andrea Orlando, e che «metterà a disposizione 5 miliardi per le politiche attive».
In realtà, fonti vicine a Giorgetti riportate dalla Stampa spiegano che il ministro non stava parlando dei lavori socialmente utili. Piuttosto, vorrebbe un «cambio di paradigma» che renda il reddito di cittadinanza non più una misura assistenziale, ma inserita in un sistema integrato con le esigenze delle aziende. Gli imprenditori, negli ultimi mesi, hanno più volte evidenziato un problema di scarsa manodopera. Per Giorgetti le modifiche al Reddito devono quindi puntare al rafforzamento di tre pilastri: collocamento, formazione e controlli anti-furbetti. Qui si può trovare un terreno di incontro con Pd e M5S. I Dem puntano all’obbligo della formazione che parta dalle scuole, come per chi, ad esempio, percepisce il reddito ma non ha il diploma o nemmeno la terza media. Giorgetti invece vorrebbe rinforzare gli Istituti tecnici industriali e con un sistema di incentivi, allo studio nel provvedimenti anti-delocalizzaioni, premiare le aziende che si prendono in carico la formazione di lavoratori di aziende in crisi.
La proposta di Giorgetti viene sposata anche da Matteo Salvini. Per il leader della Lega, però, «il reddito costa 8 miliardi all’anno. E va bene aiutare chi non può lavorare o i disabili gravi, ma con un emendamento a mia prima firma alla prossima legge di Bilancio chiederò di spostare parte di questi 8 miliardi, magari dandone una parte alle aziende che assumono un cinquantenne a spasso». I Cinque stelle frenano: «Non se ne parla di tagliare. Semmai troviamo altre risorse». La strada, insomma, è in salita.