Noi robotCome la pandemia ha accelerato l’automazione globale

Le macchine garantiscono elevati standard di sicurezza sanitaria, oltre che di continuità produttiva. Per questo – e per far fronte alla carenza di manodopera – quest’anno saranno stanziati 36 miliardi di dollari a livello mondiale nel settore

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Un tempo le persone temevano di vedersi portar via il lavoro dalle macchine  ha affermato il Financial Times in un recente articolo sull’aumento della robotizzazione dovuto alla pandemia – ma nel frattempo le cose sono cambiate, perché se oggi le società di logistica e di fornitura automatizzano le loro aziende, è per far fronte alla carenza di manodopera determinata dalla scarsa attrattività di certi lavori che sono prevalentemente monotoni. Dunque, rendono difficile sia reclutare il personale sempre più necessario, sia trattenerlo una volta reclutato.

Le previsioni dicono che globalmente, quest’anno, nel solo settore della logistica, all’automazione saranno destinati investimenti per 36 miliardi di dollari, un 20% in più in confronto all’anno scorso. Dunque, sostiene il quotidiano britannico basandosi sui dati della ricerca Interact Analysis, se negli anni ‘80 il principale scopo per il quale si facevano investimenti in automazione era ridurre il costo del lavoro, oggi accade prevalentemente per la disponibilità di manodopera. E a tal proposito cita l’esempio di un fornitore di logistica che per rispondere all’esigenza di coprire 13mila posti da magazziniere ha dovuto assumerne 26mila, poiché è altissimo il numero di coloro che lasciano il posto di lavoro dopo solo pochi giorni.

C’è da dire che sia il settore del retail sia quello della logistica stanno vivendo fasi diverse di trasformazioni da ben prima dell’arrivo della pandemia. E infatti, molti e profondi sono stati i cambiamenti affrontati da questi settori negli ultimi 50 anni, derivanti soprattutto dal mutamento delle relazioni di potere all’interno del mercato stesso: si è passati dal predominio dei big player che dettavano i trend di acquisto ai consumatori a un sistema nel quale sono i consumatori a dettare alle aziende le linee guida di mercato.

Ma la pandemia, che oltre tutto ha generato la crescita del commercio online, ha finito con l’incentivare anche l’accelerazione dei processi di automazione che sono diventati un aspetto chiave per tutta la filiera. A differenza delle persone lavoratrici, le macchine – come ben possiamo immaginare – anche in momenti di emergenza garantiscono elevati standard di sicurezza sanitaria oltre che la continuità produttiva e possono essere in taluni casi riconvertite ad altre mansioni o alla produzione di altri beni e servizi con maggiore facilità e velocità.

Tuttavia, occorre tenere conto anche di un ulteriore fattore: quello dei generosi incentivi pubblici destinati agli investimenti in innovazione. Tipicamente, nelle fasi storiche caratterizzate dall’incertezza, la reazione umana e quindi anche imprenditoriale induce a rimandare le decisioni importanti, soprattutto quelle finanziarie e di investimento, in attesa di condizioni più chiare e certe. In tali circostanze si è disposti anche ad accettare delle perdite economiche. Nel nostro caso invece la pandemia e gli incentivi sono stati il detonatore che ha fatto saltare il tappo delle esitazioni innescando così un processo di robotizzazione globale che appare oramai irreversibile.

In una prospettiva così complessa, se non vogliamo limitarci a intuire che fine farà il lavoro degli esseri umani anche solo fra trent’anni, occorre fondere la necessità di sviluppare e impiegare tecnologia nelle organizzazioni produttive, attorno ad un solido e strutturato pensiero etico che sia capace di porre sempre l’uomo al centro di ogni sistema. Altrimenti, dovremo educarci culturalmente e socialmente a vivere in una jobless society.

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