Abbiamo visto che i libri sul calcio, dai saggi di filosofia pedatoria ai romanzi, potrebbero riempire una biblioteca grande come uno stadio, il Colosseo ad esempio. Da Pier Paolo Pasolini all’antropologo Desmond Morris si sprecano le interpretazioni in chiave rituale della partita di pallone: stilizzazione della battaglia, rievocazione di un passato remoto tribale, continuazione con mezzi diversi della tragedia greca. Senza dilungarci troppo, nel nostro prosaico mondo, i campioni hanno raggiunto la statura degli eroi (nel caso di Ibrahimovic ́ anche oltre, visto che si è autoproclamato divinità dei campi sportivi).
Anche la televisione, di recente, sembra essersi accorta del potenziale di alcune storie di football. I servizi in streaming o a pagamento, da Netflix a Prime, da Sky ad Apple, sono pieni di calcio. In onda su Sky abbiamo visto Speravo de morì prima, serie del 2021 che racconta gli ultimi due anni della carriera da calciatore di Francesco Totti, con l’ex capitano della Roma interpretato da Pietro Castellitto.
Totti è una delle ultime bandiere del calcio moderno: ha giocato solo nella Roma, dall’esordio nelle giovanili al ritiro da capitano della prima squadra. Per questo è un intoccabile. Fatto incredibile: Gianmarco Tognazzi, che interpreta l’allenatore Luciano Spalletti, antagonista del Pupone, si becca gli insulti social dei tifosi in uno straordinario-demenziale scambio di ruoli tra realtà e finzione.
Dopo Totti è arrivato il momento di un altro numero dieci: Roberto Baggio, Il divin codino, film prodotto da Netflix nel 2001 e diretto da Letizia Lamartire, con Andrea Arcangeli nei panni dell’amatissimo (per una volta: da tutti o quasi) fantasista. La pellicola ha avuto il placet di Baggio, presente in carne e ossa a Roma quando fu lanciato il progetto. Anche Baggio è una bandiera ma della Nazionale italiana. Nei club ha avuto sorti alterne, spesso è stato sacrificato dagli allenatori in quanto giocatore anomalo, che non si lascia piegare dagli schemi. Secondo Platini, era un «nove e mezzo». Non era un vero attaccante e neppure una vera mezzala. Perfido Michel. Baggio dava il meglio in Nazionale. Quando vestiva la maglia azzurra era l’idolo indiscusso dell’Italia intera. Il film punta tutto su questo aspetto. Il fatto implica qualche stranezza: la Juventus, il club dove il Codino ha lasciato il solco più profondo, non è mai nominata.
Sogno azzurro, nella primavera 2021, ha raccontato in quattro puntate il percorso degli Azzurri verso gli Europei di calcio. Non è il primo reality ad avere come oggetto il calcio. Qualcuno ricorderà Campioni, il sogno (2004-2006) su Italia Uno. Ilaria D’Amico seguiva le sorti del Cervia, squadra romagnola militante nel campionato d’eccellenza. I giocatori furono scelti con un casting e il pubblico aveva il potere di costringere l’allenatore Ciccio Graziani a schierare alcuni brocchi ma bellocci, che la cosa gli piacesse o meno. Non gli piaceva. Graziani fu la vera rivelazione grazie al suo carattere fumantino. I vincitori del reality ottenevano il diritto di partecipare al ritiro pre-campionato della Juventus. Ancora oggi sono cliccatissimi in Rete i servizi sul Cervia commentati dalla Gialappa’s Band in Mai dire gol, trasmissione di satira calcistica in onda per anni sui canali Mediaset.
Negli ultimi decenni sono stati tanti i film e documentari su personaggi come Pelé, Maradona, George Best, Lionel Messi, Cristiano Ronaldo, per citarne alcuni. Tra i documentari senz’altro merita Ronaldo (2015), vita, carriera e miracoli di Cristiano Ronaldo, attaccante portoghese in forza alla Juventus. Si parte dalla natia Madeira, si passa da Lisbona, sponda Sporting, si vivono momenti di gloria nel Manchester United e infine si approda al Real Madrid.
Ne esce un Ronaldo infaticabile anche a casa, tra allenamenti personalizzati e dieta permanente. La famiglia si direbbe l’unico sollievo alla solitudine.
Naturalmente anche Lionel la pulce ha il suo documentario: Messi – Storia di un campione (2014) ma onestamente in questa particolare competizione sembra vincere Ronaldo. Il film su Messi è troppo canonico per essere interessante. Diego Maradona (2019) di Asif Kapadia racconta il Pibe de oro negli anni in cui era Re di Napoli, tra vittorie sportive e una vita sempre più difficile causa eccessi con donne e droghe. Con Dieguito si era già cimentato Emir Kusturica in Maradona di Kusturica (2008). Il titolo è bizzarro ma corretto: infatti il film racconta la storia dell’amicizia tra il regista e il campione.
Risultato controverso soprattutto per il peso attribuito alle idee politiche di Maradona, manco fosse la reincarnazione di Ernesto Che Guevara.
da “Il capocannoniere è sempre il miglior poeta dell’anno”, di Alessandro Gnocchi, Baldini + Castoldi, 2021, pagine 128, euro 16