«Gentile Landini». Comincia così la lettera aperta che l’ex ministra del Lavoro Elsa Fornero scrive sulla Stampa rivolgendosi al segretario della Cgil Maurizio Landini a proposito della riforma delle pensioni, su cui ieri sindacati e governo non hanno trovato un accordo in vista del varo della legge di bilancio. Dopo ore di tensione e scontri, oggi riprendono le discussioni. Ma le sigle sindacali minacciano lo sciopero generale contro l’esecutivo se si dovesse prospettare un ritorno alla riforma che porta il nome della professoressa Fornero con l’innalzamento dell’età pensionabile a 67 anni.
L’ex ministra ricorda a Landini Luciano Lama e la necessità, a volte, anche di scelte impopolari. «Lei conosce meglio di me la condizione dei giovani nell’Italia di oggi», scrive Fornero. Che ricorda il tasso di disoccupazione giovanile tra i più alti d’Europa, l’alta percentuale di abbandono scolastico, il gap di preparazione dei ragazzi italiani nei confronti internazionali, la quota molto bassa di laureati. «I nati intorno alla metà del secolo scorso hanno contribuito, con il loro lavoro e i loro sacrifici, a una crescita economica sostenuta, ottenendone un rapido miglioramento della propria condizione di vita», scrive Fornero. «Poi la tendenza si è indebolita e oggi risulta addirittura invertita per le generazioni più giovani, spesso costrette a cercare altrove le opportunità che non trovano». Qualche numero: tra il 2008 e il 2020 all’incirca un giovane (25-34 anni) su sedici è ufficialmente emigrato. «E non possiamo stupircene: in Italia è maggiore la precarietà del lavoro e quindi le retribuzioni sono discontinue e piuttosto basse mentre l’incidenza della povertà (specie nelle famiglie con bambini) è più elevata che nelle altre classi d’età». Ecco perché «è difficile formarsi una famiglia, fare piani per avere figli e acquistare una casa».
In sintesi, tutti i dati mostrano «divari crescenti tra le generazioni ma a questo quadro devastante la politica sembra solo marginalmente interessata: i giovani sono una minoranza e per giunta votano meno dei loro genitori e nonni», scrive Fornero. Secondo l’ex ministra, questo è «il risultato di una progressiva riduzione del lavoro, sia quantitativa con un tasso di occupazione tra i più bassi d’Europa, sia qualitativa, con la produttività media che ristagna anziché crescere», ma anche della «scarsa connessione dell’occupazione con il grado di istruzione, con il merito e le prospettive di crescita professionale».
Certo, aggiunge, «sono mancati gli investimenti, soprattutto pubblici (la politica preferisce la spesa corrente); la globalizzazione ha spostato la produzione in aree un tempo assenti dalle catene internazionali del valore; e poi ci sono state la crisi finanziaria, la Grande Recessione, la pandemia». Ma la domanda è: «Perché tutto ciò ha finito per gravare soprattutto sui giovani?».
«È per riflettere su questo, segretario Landini, che ho sentito il dovere di scriverle questa lettera aperta», spiega Elsa Fornero. «Perché la ritengo persona credibile, coraggiosa, capace di assumersi la responsabilità e anche di mobilitare la sua organizzazione per sostenere una strategia di contrasto al declino, incentrata sul lavoro, di giovani, donne e anche lavoratori magari anziani ma ancora in grado, per buona salute, di contribuire al benessere collettivo (oltre che all’aumento della propria pensione)».
E con tutto questo c’entra l’uscita da quota 100 e la ripresa di un percorso di innalzamento dell’età pensionabile. «È impossibile non vedervi il venir meno di un patto economico tra le generazioni che proprio nel sistema previdenziale trova una delle sue maggiori manifestazioni», spiega Fornero. «Non sarebbe responsabile ora effettuare nuovamente scelte in tale materia senza tener conto di questa sconfortante situazione».
Secondo Fornero, «è stato un errore l’avere ridotto il sistema di welfare quasi solo al sistema pensionistico utilizzandolo come grande ammortizzatore sociale». E allo stesso modo «è stato improprio usare il pensionamento anticipato delle donne in sostituzione dei servizi di cura». L’ex ministra parla di «dissennatezza» e «miopia» riferendosi alle baby pensioni, alla difesa dei diritti acquisiti, al cedimento alle pressioni di categorie più vicine al sistema politico, con conseguenti privilegi. Tutte decisioni «convenienti nel breve periodo», ma senza riflettere sull’invecchiamento della popolazione, sulla mancata crescita, sul debito crescente.
«Le riforme hanno cercato di contrastare questo circolo vizioso», scrive Fornero. «Sono state lente, imperfette (ma tutte le riforme lo sono), soggette a passi all’indietro e a una comunicazione che ha favorito il risentimento anziché la comprensione e la condivisione».
E qui arriva alla richiesta a Landini: «Le chiedo di riflettere, come segretario della principale organizzazione sindacale del nostro Paese, che in un passato non vicinissimo ha saputo resistere alla tentazione di una popolarità superficiale e fare scelte apparentemente impopolari (come Luciano Lama con l’accordo sulla “scala mobile” nel 1975). Uscire da quota 100 con una qualche (sempre imperfetta) gradualità e rispettando l’equità che impone di trattare meglio almeno i più sfortunati è possibile. Richiedere un nuovo passo indietro sarebbe ancora una miope scelta di declino».