Pochi giorni fa, Google ha ritirato gli annunci pubblicitari di app spyware che alcuni sviluppatori stavano promuovendo attraverso annunci pubblicitari nelle pagine visualizzate dal motore di ricerca. La notizia è stata confermata da un portavoce dell’azienda di Mountain View in un’intervista rilasciata a TechCrunch.
Uno spyware è un programma che raccoglie dati e informazioni riguardanti l’attività online di un utente senza il suo consenso. Può essere installato su qualsiasi dispositivo ed essere usato per scopi diversi, come tenere traccia delle attività online (i cookie di alcuni siti web possono essere considerati spyware), registrare i tasti premuti (keylogger) o assumere il controllo del device da remoto (attraverso un virus trojan).
Questi software di spionaggio, oltre a violare le politiche di Google, sono spesso promotori di campagne di marketing che incoraggiano i potenziali clienti a violare la privacy di coniugi e conoscenti. Negli ultimi anni, la loro diffusione ha provocato la reazione di tutto il settore: mentre i produttori di antivirus si sono messi al lavoro per sviluppare tecniche di rilevamento più efficaci, le autorità federali statunitensi hanno preso provvedimenti contro gli sviluppatori di questo genere di malware.
Per diretta conseguenza, ad agosto di quest’anno Google ha deciso di vietare ufficialmente, nei risultati di ricerca degli utenti, gli annunci che promuovono app progettate «con lo scopo esplicito di tracciare o monitorare un’altra persona senza la sua autorizzazione». Le accuse all’azienda per essersi mossa in ritardo, tuttavia, non sono mancate. Le controversie legate alla lotta contro gli spyware da parte della Big G erano note da tempo: lo scorso anno, lo sviluppatore informatico Malwarebytes (membro di Coalition Against Stalkware, collettivo di aziende impegnate nella lotta contro questo fenomeno), aveva già affermato che la politica adottata era «incompleta», poiché consentiva ai produttori di stalkerware di «aggirare le regole cambiando il volto di ciò che stavano vendendo, senza però cambiare la tecnologia di base».
Una delle app spyware più note è Xnspy, che permette di ottenere facilmente informazioni legate alla posta elettronica, alle telefonate, alle piattaforme di messaggistica come What’s App e Skype e permette di tracciare la posizione Gps dello smartphone; il tutto, a poco più di 8 dollari al mese. Con Spyzie, invece, si può venire a conoscenza di quali app vengono utilizzate con più frequenza dall’utente “pedinato”, mentre SpyEra offre l’offerta più completa e avanzata, permettendo disinstallare un’app, controllare i livelli di batteria e persino attivare la telecamera della vittima da remoto.
Il recente procedimento di Google contro le pubblicità spyware, tuttavia, ha riguardato altre app che riuscivano a raggirare il suo (debole) sistema di controllo. Tra queste c’è mSpy, che implementava i suoi annunci nelle ricerche del motore di ricerca collegandoli a una pagina web interstiziale su un dominio del tutto estraneo al sito web ufficiale dell’app, impedendo a Google di constatare che il software veniva pubblicizzato per «spiare i tuoi figli, marito o moglie, nonna o nonno». Sul banco degli imputati è finita anche ClevGuard, che nel 2020 aveva divulgato i dati del telefono di migliaia di vittime; la pagina è stata nascosta dall’indice di ricerca utilizzando un algoritmo che indica al motore cosa dovrebbe e non dovrebbe apparire nei risultati.
La nuova politica di procedimenti disciplinari avviata da Google rappresenta un ulteriore passaggio nella lotta del colosso del tech in favore della privacy degli utenti sul web. Per gli account degli inserzionisti che violeranno ripetutamente le direttive contro la promozione di spyware sarà infatti prevista una sospensione della durata di tre mesi.