Acqua e saleGli impianti di desalinizzazione sono la soluzione alle crisi idriche?

Se lo chiede il Washington Post, a fronte della grave siccità che sta colpendo gli Stati Uniti occidentali: ma le strutture deputate al trattamento dell’acqua di mare richiedono troppa energia, inquinano e rischiano di peggiorare lo stato di salute degli oceani

Gli Stati Uniti dell’ovest stanno affrontando una gravissima idrica. I dati dell’osservatorio americano sulla siccità riportano come l’area occidentale del paese sia, di fatto, quasi completamente senz’acqua e come la questione non riguardi più solo la California (regione peraltro toccata da furiosi incendi) ma anche gli stati centrali, come il Texas, il Wyoming e il South Dakota.

La crescente siccità negli Usa ha portato a considerare con maggiore attenzione l’ipotesi di investire in impianti per la desalinizzazione, ossia strutture che possano recuperare l’acqua dell’oceano, pulirla del sale e renderla potabile per l’uomo e utilizzabile per l’irrigazione o l’uso domestico.

L’idea, per quanto apparentemente sia l’uovo di Colombo della crisi idrica, e per quanto abbia già trovato applicazione pratica in molte parti del mondo (si contano circa 20mila impianti di desalinizzazione in tutto il pianeta, dislocati specie in Israele e nel Medio oriente, che producono più di 70 miliardi di litri di acqua ogni giorno), presenta però numerosi aspetti critici, ai quali il Washington Post ha dedicato un ampio articolo.

In particolare, secondo il giornale americano «il processo di desalinizzazione è ad alta intensità energetica, costoso e complicato da gestire in modo ecologico».  Le perplessità della testata, che esorta a considerare gli impianti di desalinizzazione come un sistema efficace sì, ma non risolutivo, e soprattutto non sistematico, risiedono sia “a monte”, ossia nel fatto che desalinizzazione è un processo energivoro e costoso, sia “a valle”, cioè che, comunque, pur risolvendo il problema della siccità, la desalinizzazione non risolverebbe in alcun modo – anzi, se possibile peggiorerebbe – il problema del riscaldamento del pianeta e della salute dei mari.

Per quel che riguarda il consumo di energia richiesto dalla “pulitura” dell’acqua di mare dal sale occorre dire che, al momento, le tecniche disponibili per la desalinizzaizone sono due, ed entrambe richiedono l’uso di molta energia: il primo, e più empirico, consiste nel far bollire l’acqua di modo da separare il vapore (che si può raccogliere, conservare e trasformare di nuovo in acqua pulita) dal sale. Il secondo, invece, consiste nell’uso di filtri che catturano il sale: un sistema, quest’ultimo, più moderno ma egualmente dispendioso in termini di energia.

Il secondo problema legato alla desalinizzazione, invece, riguarda l’impatto che il processo avrebbe sull’ambiente e sui mari. I problemi, in questo caso, sono due. Il primo consiste nell’effetto che il risucchiare enormi quantità di acqua avrebbe sui pesci, che, inevitabilmente verrebbero aspirati e uccisi; il secondo, a valle dell’intero processo, sta nella gestione dello scarto della desalinizzazione, ossia nei residui di acqua ad altissima densità di sale, una specie di salamoia, che, una volta finito il processo, verrebbero reimmessi nell’oceano.

«Se ci si limita a ripomparla in mare» – scrive Washington Post – «la sostanza densa affonda, per ragioni di peso, sul fondo del fondale oceanico. Il risultato sarebbe che soffocherebbe la vita nei fondali, e dunque anche quella di alghe e pesci. Non a caso, la salamoia residua dei desalinizzatori viene chiamata “coperta della morte”, perché uccide tutto quel che tocca».

Il risultato, sul lungo termine, potrebbe essere paradossale: contribuendo a desertificare i mari e consumando moltissima energia, gli impianti di desalinizzazione, concepiti per risolvere uno dei problemi più cocenti e gravi legati al cambiamento climatico, potrebbe di fatto alimentare e aggravare il problema di cui avrebbero dovuto essere la soluzione; rivelandosi, a conti fatti,  solo un palliativo.

Ci si trova dunque, di nuovo, dinnanzi a un bivio: scegliere di risolvere i problemi immediati di scarsità idrica, rischiando di creare un nuovo e maggiore problema, o lasciare le cose come stanno, in attesa che le politiche green diano i loro frutti e che il mutamento climatico venga, in qualche modo, arrestato e invertito?

X