C’è un problema a NyonIl calcio in guerra con la Uefa perché frena la crescita globale del pallone

C’è la mano di Aleksander Ceferin dietro alla minaccia di alcune federazioni europee di uscire dalla Fifa. Il presidente sloveno è in difficoltà su più fronti perché Infantino vuole svincolare le nazionali dalla sua gestione, mentre i grandi club vogliono beneficiare della ricchezza che generano

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Una dozzina di federazioni di calcio europee stanno pensando di lasciare la Fifa  come segno di protesta. Una reazione alla proposta della federazione globale di disputare i Mondiali ogni due anni. La notizia è stata lanciata dall’Associated Press, che per prima ha ricondotto la vicenda a una possibile macchinazione della Uefa dietro le quinte di un’opposizione così netta alla Fifa.

In particolare, le federazioni del Nord Europa – Danimarca, Svezia, Norvegia, Finlandia, Islanda e Isole Far Øer – già la settimana scorsa avevano rilasciato una dichiarazione ufficiale: «Se la Fifa decide di adottare una proposta sui Mondiali biennali, le associazioni calcistiche nordiche dovranno prendere in considerazione ulteriori azioni e scenari che siano più vicini ai nostri valori fondamentali».

Gli accordi con la Fifa prevedono la possibilità di uscire dall’associazione (articolo 18 dello statuto), peraltro senza avere effetti sulle competizioni per nazionali organizzate dalla Uefa, come gli Europei e la Nations League.

Ma da quanto riporta l’Associated Press, le federazioni nazionali avrebbero ricevuto il sostegno politico del presidente Uefa Aleksander Ceferin: è stato lui a prospettare un boicottaggio della nuova formula dei Mondiali qualora il numero uno della Fifa, Gianni Infantino, dovesse decidere di ufficializzare la proposta.

Quella di Ceferin somiglia molto alla mossa disperata di chi non vuole accettare la realtà: il suo regno è destinato a scegliere tra il cambiamento e la dissoluzione.

Ci sono almeno tre grandi criticità, per la Uefa: il calcio europeo, soprattutto a causa della pandemia, sta perdendo moltissimi soldi; la Fifa vorrebbe appropriarsi di una fetta maggiore dei guadagni generati dallo spettacolo più bello del mondo; i grandi club semplicemente vorrebbero massimizzare i ricavi dal momento che sono loro a generarli.

Secondo i dati del Sole 24 Ore, infatti, nel biennio 2019-21 il totale delle perdite generate viaggia nell’ordine di 9-10 miliardi di euro.

Con questi numeri il ruolo della Uefa quale ente del calcio europeo che si intesta parte degli introiti viene delegittimato. Prendiamo, a titolo d’esempio, le stime pubblicate dalla stessa Uefa lo scorso giugno riguardo le competizioni europee della stagione 2021/22: il fatturato lordo di Champions League, Europa League, Conference League e della Supercoppa Uefa è stimato in 3,5 miliardi di euro per la stagione 2021/22.

Da qui l’organo europeo distribuirà ai club che parteciperanno alla fase a gironi delle tre competizioni circa il 78% dei suoi ricavi (2,732 miliardi), più un 7% alle altre società chi verrà eliminato nei turni di qualificazione, chi non parteciperà alle coppe e la quota per la Champions femminile).

L’Uefa incasserà 513 milioni di euro, circa il 15%. Insomma, il calcio è in perdita e la Uefa incassa oltre 500 milioni di euro che non produce direttamente: è una ricchezza generata dalla visibilità data dai club e dai loro giocatori.

Peraltro i club fondatori della Superlega hanno già dimostrato, conti alla mano e con il supporto di JP Morgan, di poter portare il calcio europeo a generare introiti almeno doppi rispetto a quelli attuali. Senza dover dar conto a un’organizzazione con sede a Nyon che ha una gestione politica dei suoi affari quantomeno discutibile (ne avevamo parlato qui).

In questo momento la Uefa si ritrova indebolita politicamente, attaccata dalla Fifa di Gianni Infantino che vorrebbe rivoluzionare le competizioni partendo da un Mondiale da disputarsi ogni due anni.

Il numero uno della Fifa, accompagnato dall’ideologo Arsène Wenger, ex manager dell’Arsenal, sostiene che il nuovo progetto aiuterebbe molte nazionali ad avere maggior visibilità, aumentando le probabilità di qualificarsi e prendersi un pezzetto del palcoscenico calcistico più importante di tutti.

Proprio ieri il quotidiano sportivo spagnolo Marca ha pubblicato un documento che la Fifa sta presentando a tutti i dirigenti federali nel tentativo di dimostrare i vantaggi di una ristrutturazione del calendario.

Ci sono in realtà due proposte, entrambe ancora in fase di studio, pensate con l’idea di ridurre i viaggi intercontinentali durante la stagione: servirebbe soprattutto per tutelare i calciatori africani, asiatici e americani che giocano in Europa.

La prima opzione prevede inizio e fine stagione come quelli attuali, agosto-giugno, con una pausa di quattro settimane a ottobre (un mese riservato alle nazionali) per eliminare le soste di settembre, novembre e marzo. E a giugno le competizioni per nazionali, quindi Mondiali, Europei, Copa Amèrica e così via.

La seconda opzione prevede un calendario che va da agosto a maggio, con due finestre per la pausa nazionali: una di tre settimane nel mese di ottobre e una a marzo di due settimane, con giugno destinato alle competizioni per nazionali.

Se sul fronte nazionali la Uefa rischia di ritrovarsi schiacciata dall’esuberanza di un’organizzazione mondiale che toglierebbe visibilità – quindi altri introiti – alle sue coppe, sul fronte club non va poi tanto meglio per Ceferin.

I grandi club hanno ancora intenzione di modificare l’assetto delle coppe europee, l’abbiamo visto ad aprile con la Superlega.

L’idea è nelle parole che il presidente della Juventus Andrea Agnelli aveva usato in un articolo pubblicato su Linkiesta, e poi ancora nella lettera agli azionisti della società bianconera: il calcio è lo spettacolo sportivo più amato e seguito del mondo, ma non è lo spettacolo sportivo più ricco del mondo. Basket e football americano hanno numeri migliori poiché sono in grado di sfruttare maggiormente il proprio potenziale.

Ecco, l’ambizione di creare una competizione che raccolga il meglio che il calcio ha da offrire e godere finalmente del pieno potenziale di questo spettacolo globale, non è ancora morta.

Anzi, proprio nelle ultime ore Marca ha annunciato di aver messo le mani su un nuovo documento intitolato “Ripensare il futuro del calcio nell’Unione europea”, che espone dieci punti chiave per provare a rilanciare il progetto Superlega.

Nell’incipit della lettera si legge: «Il progetto annunciato da 12 club ad aprile è stato manifestamente frainteso».

I club fondatori assicurano che il progetto Superlega può coesistere con i campionati nazionali. Poi annunciano un cambio di rotta rispetto a una delle questioni che più aveva attirato critiche ad aprile: adesso ci sarebeb la volontà di eliminare il concetto di “membri permanenti” e sarà in vigore un criterio di merito sportivo.

«Il progetto Superlega è il riconoscimento di un sistema che si è rotto. La Uefa è il governo autocostituito del calcio nell’Unione europea, ma è un’associazione privata governata dal diritto svizzero e soggetta al Tas in materia sportiva», si legge nel documento.

Non mancano poi attacchi alla European Club Association, al Paris Saint-Germain e a Nasser Al-Khelaifi. «La Uefa – è scritto nella lettera – ha legami stretti con alcuni proprietari di club che provengono da Stati non membri, che sono sponsor di determinate competizioni e club, nonché acquirenti dei diritti audiovisivi per i tornei gestiti dalla Uefa. La European Club Association non ha alcun processo elettorale trasparente».

A oggi Aleksander Ceferin è sempre più isolato, schiacciato da una Fifa che vorrebbe prendere il suo posto e dai club che vorrebbero beneficiare della ricchezza che generano: tutti si allontanano dalla Uefa perché questa è vista il collo di bottiglia che ingolfa l’espansione globale del calcio inteso come sport, come spettacolo, come industria.

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