Il Green Pass è appena entrato in vigore negli uffici pubblici e privati. Ma già si punta ad abolirlo quanto prima e intanto i partiti provano a modificarlo in aula.
Dalla Lega Matteo Salvini e Massimiliano Fedriga lo hanno già chiesto negli scorsi giorni. Il leader del Carroccio ha parlato di stop novembre, mentre il governatore del Friuli Venezia Giulia ha spostato la data a fine anno, con la fine dello stato d’emergenza, a patto che si raggiunga il 90% di italiani vaccinati.
E pure dalla Cgil, dopo la manifestazione antifascista di sabato a Roma, si tornano a chiedere modifiche e l’obbligo del vaccino come soluzione. Susanna Camusso lo dice alla Stampa: «Sarebbe stata un’assunzione di responsabilità che avrebbe messo al centro della discussione il vaccino». E aggiunge: «Credo che si possa aumentare il numero dei vaccinati con un’opera di persuasione, senza il ricatto della punizione per chi non ha il Green Pass. C’è una minoranza inconvincibile, ma ci sono altri indecisi o timorosi che non vanno messi insieme ai fascisti ma accompagnati, convinti».
Il governo, per il momento, non fa previsioni sullo stop al certificato verde. Dal ministero della Salute – come spiega La Stampa – prevale la prudenza. «È presto per discuterne», dice il sottosegretario alla Salute Pierpaolo Sileri. «Per arrivare ad abolire il Green Pass si deve procedere gradualmente. Dobbiamo ancora riaprire al 100% alcune attività, come le discoteche. Con il passo successivo si tolgono, uno alla volta, alcuni obblighi: prima di indossare la mascherina, poi di mantenere le distanze di sicurezza. Solo alla fine si può affrontare il nodo Green Pass».
Il certificato verde, aggiunge Sileri, «non si può togliere, poi, finché ci sono le terze dosi da fare. Dobbiamo entrare nell’ottica che l’immunità del 90% va mantenuta, non solo raggiunta»
E anche il direttore dell’Agenzia italiana del farmaco (Aifa), Nicola Magrini, al Corriere dice che «il certificato verde è un contributo importante per il ritorno alla normale vita sociale e per potersi muovere con maggiore sicurezza ovunque, in particolare ristoranti, cinema e teatri. Uno strumento prezioso nella pubblica amministrazione e in azienda». Ma aggiunge: «Esiste una fascia residuale di cittadini, in particolare tra gli ultra 50enni, che può essere convinta, purtroppo non azzerata. È una popolazione molto eterogenea, composta da timorosi e incerti e anche da chi vive ancora le paure legate al vaccino AstraZeneca e in particolare ai rarissimi eventi trombotici. Credo che tanti non vaccinati possano essere riavvicinati offrendo i vaccini a mRna. Diversi medici di famiglia mi raccontano di aver notato una maggiore disponibilità nei loro pazienti».
Le mutazioni della Delta, di cui si segnalano già diversi sottotipi, ad esempio nel Regno Unito, però non devono preoccupare – secondo il direttore dell’Aifa. «Che possano insorgere varianti è previsto ma i vaccini basati sulla tecnologia dell’mRna possono essere modificati in pochi mesi per poter rispondere a nuove ondate».
In Gran Bretagna però i contagi sono tornati a crescere. Come si spiega? «Il numero di nuovi casi è molto più elevato che in Italia, ma, in proporzione ai contagi, i morti sono pochi», risponde Magrini. «Ciò significa che la protezione data dai vaccini rimane elevata, dato che là hanno iniziato la campagna di massa 3-4 mesi prima di noi. L’Italia grazie al grande lavoro organizzativo, alle misure di contenimento adottate e all’uso del certificato verde è ora in una situazione migliore rispetto a molti Paesi europei. La circolazione del virus è bassa e il controllo della curva epidemica molto buono».
Oggi siamo tra l’80 e l’85% della copertura vaccinale. Basta per attraversare autunno e inverno senza danni? «Il livello è elevato e garantisce protezione a molti e bassissima circolazione del virus. Contiamo di aumentare la percentuale ancora un po’ per essere maggiormente al sicuro il prossimo inverno ma non bisogna abbassare la guardia e procediamo con le terze dosi».
La terza inoculazione, spiega, «è importantissima per gli immunodepressi, gli ultraottantenni e i fragili ed è importante anche tra i 60 e gli 80 anni. Se riuscissimo a mettere in sicurezza rapidamente almeno le prime tre categorie tra ottobre e novembre avremo preservato i più a rischio per il prossimo inverno».
Green Pass in aula
Oggi, intanto, c’è un’altra scadenza alla quale dal governo si guarda con attenzione: alle 18 scade il termine per la presentazione in Senato degli emendamenti sulla conversione del decreto che ha imposto l’obbligo di Green Pass nei posti di lavoro. «Saranno emendamenti di buonsenso, per eliminare gli aspetti più rigidi del decreto», dice il capogruppo al Senato della Lega Massimiliano Romeo.
Gli emendamenti del Carroccio dovrebbero concentrarsi sui temi più discussi: il prezzo calmierato per i tamponi, l’allungamento della validità dei test, da 48 a 72 ore, l’estensione del certificato ai guariti dal Covid negli ultimi 12 mesi (ora sono sei). I leghisti studiano anche interventi sulla sospensione dallo stipendio per chi non è in possesso del Green Pass e le deroghe per i minori. Tutto però lascia intendere che la Lega eviterà lo scontro frontale per evitare ulteriori fratture interne e con il governo.
Giuseppe Conte sta cercando un punto di caduta tra le diverse spinte che arrivano dal gruppo parlamentare dei Cinque Stelle. Le posizioni dei senatori M5S non sono però così distanti da quelle dei loro colleghi leghisti. Difficile immaginare che siano i Cinque stelle ad appoggiare emendamenti leghisti, anche perché la guerra che Salvini sta facendo al reddito di cittadinanza non aiuta certo a tenere buoni rapporti.