Inside SofiaLa Bulgaria è sull’orlo di una crisi sanitaria e sociale

A due settimane dalle elezioni per il Parlamento e la presidenza della Repubblica, il Paese balcanico è ancora ultimo in Europa per tasso di vaccinati. Il prezzo del gas cresce sempre di più e i bulgari temono che il prossimo inverno sarà uno dei più duri di sempre

LaPresse

Un attacco squadrista in piena regola, a 12 giorni dalle elezioni e con un Paese sull’orlo della crisi sanitaria e sociale. Sembra rievocare tristi eventi storici quanto avvenuto in Bulgaria ai danni del centro LGBTI Rainbow Hub lo scorso sabato, dove era in corso un evento dedicato alle persone trans. Ed è ancora più paradossale che a guidare una simile operazione ci fosse un candidato presidente: sembra infatti che fosse presente anche Boyan Rasate, leader dell’Unione nazionale bulgara, partito di estrema destra.

Il personaggio non è nuovo su questo fronte: già nel 2008 aveva manifestato violentemente contro il primo Gay Pride organizzato in Bulgaria, dopo il quale era stato condannato a seguire un programma di riabilitazione di sei mesi. «Eravamo in sette quando è entrato questo gruppo di dieci persone. Ho riconosciuto Boyan Rasate, che mi ha colpito prima che il resto del gruppo iniziasse a rompere tutto. L’operazione è durata meno di due minuti», ha dichiarato l’attivista Gloria Filipova al giornale francese Le Monde. Benché marginale sulla scena politica nazionale, Rasate ha diversi contatti non solo con le forze di estrema destra del Paese, dove infatti non tutti i partiti hanno condannato l’aggressione, ma anche in Europa Occidentale.

La situazione politica
Come per molti altri dossier, non è un caso se molti movimenti politici nel Paese non si sono sbilanciati. Il prossimo 14 novembre Sofia andrà al voto per la terza e quarta volta: dopo, infatti, le due inconcludenti elezioni parlamentari di aprile e luglio, la prossima tornata elettorale riguarderà non solo il Parlamento ma anche il presidente della Repubblica, che in Bulgaria viene eletto dal popolo. Se qui la partita sembra avere un chiaro indirizzo, visto che il presidente uscente Rumen Radaev è dato per favorito, lo stesso non si può dire per le elezioni generali, che sembrano avere in comune con le precedenti soltanto l’incertezza.

Rispetto al voto di luglio i sondaggi danno in netta risalita il partito GERB di centrodestra dell’ex premier Boyko Borisov, che si attesta attorno al 23 per cento delle preferenze di voto, mentre scende il movimento ITN (C’è solo una nazione) dello showman Slavi Trifonov, che aveva ottenuto un exploit lo scorso luglio e oggi si piazza in quarta posizione con il 13 per cento. In mezzo ci sono i socialisti di Bulgaria Democratica, dati al 16 per cento, ma soprattutto la grande novità di queste elezioni, il movimento “Continuiamo il cambiamento” guidato dai due “harvardiani” Kiril Petkov e Asen Vassilev, rispettivamente ex ministri dell’economia e delle finanze del governo ad interim di Stefan Yanev.

La percentuale di gradimento, intorno al 14 per cento, potrebbe dar loro un grande potere contrattuale in sede di formazione del nuovo governo. «Saremo aperti a colloqui con coloro che condividono le nostre quattro priorità principali: fermare la corruzione e l’abuso; far lavorare le piccole e medie imprese senza essere disturbate; attirare investimenti ad alta tecnologia; distribuire i ricavi in ​​modo equo», aveva dichiarato Vassilev già tempo fa ai microfoni della Radio Nazionale Bulgara.

Un peso importante lo avrà però soprattutto l’astensionismo: come evidenzia Balkan Insight, «dopo un’affluenza alle urne alle elezioni di aprile del 49,10 per cento e a quelle di luglio del 41 per cento, rimane difficile pronosticare quella delle elezioni di novembre, ma è ragionevole pensare come incideranno la crisi sociale e sanitaria che sta attraversando il Paese».

La situazione sanitaria
«Ho votato ad aprile, perché pensavo che un governo stabile potesse gestire l’attuale crisi e la pandemia di COVID-19. A luglio non avevo più queste speranze: ci sono 200 persone che muoiono ogni giorno e un tasso di mortalità in aumento ma sembra che non interessi a nessuno», ha dichiarato a BIRN il trentenne Stanislav Kaschiyski, specialista in pubblicità digitale. L’epidemia di COVID-19 continua ad essere un problema in Bulgaria: gli ultimi dati evidenziano come sarebbero stati superati i 6 mila nuovi positivi al giorno, con una media a 7 giorni di circa 4742 positivi, mentre sarebbero 310 i decessi (dati riferiti al 1° novembre).

Un’ondata in piena regola, sarebbe la quarta dallo scoppio della pandemia, legata soprattutto alla questione dei vaccini: da tempo la Bulgaria è fanalino di coda dell’Unione europea per numero di inoculazioni. Al 31 ottobre risultano somministrate 2,63 milioni di dosi e le persone che hanno completato il ciclo vaccinale sono appena 1,38 milioni, appena il 20 per cento della popolazione. «Non sono preoccupato per gli effetti collaterali; ogni medicinale li ha. Piuttosto, è il fatto che i vaccini sono nuovi e le loro prove sugli esseri umani sono state affrettate», ha dichiarato ai microfoni di Al Jaazera Dimo ​​Indzhov, un rappresentante di vendita di 30 anni che vive a Sofia.

Una sfiducia confermata anche dai dati: infatti, sarebbero più di 11 mila i decessi legati alla pandemia avvenuti da marzo, da quando cioè tutti gli Stati europei hanno iniziato il processo di vaccinazione. Le ragioni di tale sfiducia sono da imputare soprattutto alla disinformazione: secondo uno studio condotto dal centro di ricerche Trend, il 52 per cento degli intervistati afferma che il COVID-19 è un virus creato artificialmente, il 40 per cento crede che faccia parte di una cospirazione delle aziende farmaceutiche per aumentare i profitti, il 33 per cento è convinto che il coronavirus non sia peggio dell’influenza mentre il 16 per cento ritiene che i vaccini contengano microchip in grado di controllare le persone. La sfiducia investe anche i medici: secondo l’Unione dei medici bulgari il 30 per cento dei dottori non si è vaccinato contro il COVID, la percentuale più alta nell’intera Unione europea.

È inevitabile, perciò, come il problema abbia un risvolto anche politico: Borisov ha dato la colpa all’attuale governo ad interim nominato dal presidente Radev, suo avversario politico, per il basso tasso di vaccinazione, affermando che il ministero della salute abbia consentito l’uso di vaccini scaduti. La risposta è arrivata dal ministro della Sanità, il dottor Stoyko Katsarov, che ha dichiarato come la colpa sia tutta dell’ultimo governo di Borisov, a cui va imputata i risultati fallimentari della campagna di vaccinazione. Secondo Petar Cholakov, professore associato di sociologia presso l’Istituto per lo studio delle società e della conoscenza presso l’Accademia delle scienze bulgara, c’è stata una mancanza di volontà in tutto lo spettro politico di incoraggiare le vaccinazioni. «I politici hanno avuto paura di perdere voti su un argomento tanto divisivo», ha dichiarato il professore ad Al Jazeera.

La questione sociale
A tutto questo si aggiunge anche un diffuso malessere nella società bulgara. Lo raccontano i dati che evidenziano come Sofia resti il Paese più povero tra i 27 dell’Unione europea: addirittura il 65 per cento della popolazione è incapace di far fronte alle spese quotidiane. Il PIL pro-capite è di appena 12,77 euro. E anche in virtù di questo l’Unione europea ha deciso di prendere parte ai negoziati tra Sofia e Gazprom per il rinnovo della fornitura di gas (una questione spinosa in questo periodo, come evidenzia il caso moldavo raccontato da Linkiesta qualche giorno fa).

Da un lato la Russia, per bocca dell’ambasciatrice nel Paese Elena Mitrofanova, ha esortato a firmare subito l’accordo «per evitare di dover pagare l’aumento dei prezzi del gas di questo periodo», dall’altro però molti deputati hanno invitato la società di stato Bulgargaz a firmare accordi più corti, di due o tre anni, e a negoziare meglio le quantità, visto che ben l’80 per cento della fornitura è soggetto alla clausola “take or pay”, che costringe a pagare lo stesso anche se non si prende.

Il punto però è che le alternative latitano: ci sarebbe il gas azero ma c’è il rischio di non poterlo pagare, visto che proprio Bulgargaz rischia di non avere soldi per pagare le forniture alla Russia e all’Azerbaigian a causa del debito di Toplofikacia-Sofia, la società che gestisce l’impianto di riscaldamento centralizzato nella capitale. Nonostante Sofia sia riuscita a strappare prezzi buoni sia a Mosca che a Baku per il mese di novembre, il rischio che i bulgari passino il prossimo inverno al gelo non è ancora del tutto tramontato. 

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