«La libera circolazione all’interno dell’Unione è un diritto di tutti cittadini europei», ha detto il Commissario alla Giustizia Didier Reynders presentando le nuove raccomandazioni sulle misure che gli Stati Membri dovrebbero adottare per regolamentare i viaggi durante la pandemia.
Con i casi di Covid19 in crescita, molti Paesi stanno annunciando misure restrittive più rigide: ma se sulle disposizioni nazionali la scelta spetta ai governi, la Commissione europea intende garantire perlomeno che gli spostamenti fra i Paesi dell’Ue siano regolamentati da un «approccio comune». Un obiettivo non scontato da raggiungere, viste le ripercussioni sugli aspetti di salute pubblica, che sono di competenza statale.
La situazione peggiora in Europa
Il ministro della Salute francese Olivier Véran ha appena annunciato nuove misure sanitarie nel Paese: l’uso della mascherina torna obbligatorio in tutti i luoghi chiusi e la validità dei test molecolari è abbassata da 72 a 24 ore. Ma soprattutto, sarà necessaria una dose di richiamo dei vaccini anti-Covid, al massimo sette mesi dopo il primo ciclo, per mantenere attivo il proprio pass sanitaire, l’equivalente del Green Pass italiano.
È solo l’ultima di una serie di strette analoghe in tutta Europa. L’Austria ha da poco imposto l’obbligo vaccinale e i suoi cittadini si trovano in lockdown, così come gli slovacchi. I Paesi Bassi hanno adottato un confinamento (per ora) parziale e il Belgio la regola di lavorare da casa per quattro giorni alla settimana. La Germania potrebbe presto seguire l’Italia nel rendere il vaccino obbligatorio per determinate categorie di lavoratori.
I tassi di vaccinazione nell’Ue (65,8% di media, con numeri molto diversi fra un Paese e l’altro) non sono sufficienti a limitare l’aumento delle ospedalizzazioni nei mesi invernali, secondo l’analisi del direttore del Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie. L’Ecdc chiede sì agli Stati europei di accelerare la campagna vaccinale e considerare una dose di richiamo per tutti gli adulti sopra i 18 anni, ma anche di mantenere in atto o reintrodurre «misure non farmacologiche», cioè provvedimenti che ostacolino la diffusione del virus riducendo gli assembramenti e/o i movimenti delle persone.
Le proposte della Commissione
Fra queste potrebbero rientrare in futuro anche limitazioni agli ingressi di cittadini stranieri. Per facilitare i viaggi durante la pandemia, le istituzione comunitarie hanno istituito prima dell’estate il Certificato Covid digitale europeo, che utilizza la stessa infrastruttura dei certificati sanitari nazionali. Il QR code di ogni cittadino è infatti «leggibile» in tutti i 27 Paesi nell’Ue, ma le attività autorizzate sono sempre decise dalle autorità nazionali. Ad esempio, il Green Pass italiano viene rilasciato dopo 12 giorni dalla prima somministrazione, ma in molti Stati europei è praticamente inutile, perché la vaccinazione è considerata tale solo dopo il completamento del ciclo. A questa difformità si aggiungono quelle legate all’ammissibilità dei test (antigienici o molecolari) e alla durata della copertura vaccinale, visto che il limite temporale entro cui effettuare le dosi di richiamo varia a seconda dei Paesi.
La Commissione europea non può incidere sulle norme in vigore nei territori nazionali, ma prova a coordinare quelle relative agli spostamenti con due raccomandazioni: una relativa agli ingressi dall’esterno dell’Unione e una sugli spostamenti fra Stati Membri, approvata e aggiornata tre volte dal Consiglio dell’Ue. Le nuove proposte riguardano entrambe: i governi nazionali sono invitati ad aprire le loro frontiere ai cittadini di Paesi terzi vaccinati con i sieri presenti nella Lista per l’uso di emergenza dell’Organizzazione mondiale della sanità, ma con il suggerimento di richiedere comunque un test molecolare negativo a chi ne ha ricevuto uno non approvato dall’Agenzia europea del farmaco.
A preoccupare di più sono però gli aspetti della mobilità intra-europea. Sicuramente, ha chiarito Reynders, la Commissione non vuole nulla di simile al «Super Green Pass italiano» per regolare gli ingressi: viaggiare attraverso l’Unione europea dev’essere possibile anche con precauzioni alternative al vaccino.
Secondo la proposta della Commissione, il certificato vaccinale rilasciato con il primo ciclo di somministrazioni dovrebbe essere valido per 9 mesi: i sei di copertura effettiva calcolati dall’Ecdc, più tre aggiunti per permettere a ogni Paese di organizzare la campagna di richiamo. Nessuna indicazione, al momento, sul booster vaccinale: non ci sono abbastanza studi in merito per stabilirne la durata.
I livelli di rischio in Europa continuano a essere stabiliti dalla mappa del contagio, aggiornata settimanalmente dall’Ecdc. Ma la Commissione chiede che cambino i criteri: non andrebbe considerata soltanto l’incidenza di casi di Covid19 su 100mila abitanti nei 14 giorni precedenti come avviene ora, ma anche il tasso di vaccinazione nel Paese e il numero di test effettuati.
Il coefficiente così ottenuto assegna a ogni Stato un colore: verde, arancione, rosso o rosso scuro in base alla gravità della situazione e grigio in caso di informazioni insufficienti. Solo a chi non è vaccinato o guarito dalla malattia e proviene da una zona in «rosso scuro» può essere richiesto un tampone prima della partenza, oppure un periodo di quarantena all’arrivo. Al contrario, chi arriva da una zona in «verde» non dovrebbe avere bisogno nemmeno di mostrare il Certificato. Allo stesso modo, l’esenzione di qualunque misura limitativa all’ingresso andrebbe applicata ai bambini sotto i 6 anni, ai lavoratori transfrontalieri e a quelli considerati «essenziali», la cui platea sarebbe però ridotta.
I cambiamenti proposti saranno discussi con gli Stati Membri e la speranza è di avere le raccomandazioni aggiornate entro il 10 gennaio. Nel frattempo, però, la crescita dei casi e le imminenti festività natalizie rischiano di indurre i governi nazionali ad applicare nuove restrizioni all’ingresso senza coordinarsi a livello europeo: cosa che hanno il diritto di fare, ma che la Commissione spera di scongiurare, come ha fatto capire il commissario Reynders. «Gli approcci divergenti mettono in pericolo la fiducia sull’intero sistema».