Solo il 11% di tutte le aziende agricole dell’Unione europea (UE) è gestito da agricoltori al di sotto dei 40 anni e convincere un maggior numero di giovani ad avviare un’attività agricola rappresenta una vera sfida. Di fronte all’invecchiamento della popolazione agricola, l’UE sta intensificando gli sforzi per incoraggiare i giovani a diventare agricoltori. I giovani agricoltori ricevono aiuto per far decollare la loro attività con sovvenzioni all’avvio, sussidi al reddito e altre forme di sostegno come la formazione supplementare: e in Italia i giovani stanno rispondendo con entusiasmo, ritrovando nella terra nuova linfa e nuove opportunità lavorative, più concrete e più legate al “fare”.
Sostenere la prossima generazione di agricoltori europei non solo migliora la competitività futura dell’agricoltura europea, ma contribuisce anche a garantire l’approvvigionamento alimentare per gli anni a venire.
Oltre all’aiuto supplementare dalle misure UE di sostegno al reddito nella forma del pagamento per i giovani agricoltori, i programmi di sviluppo rurale spesso prevedono misure supplementari per aiutare i giovani agricoltori ad avviare la loro attività.
L’accordo politico provvisorio raggiunto lo scorso giugno dal Parlamento europeo e dal Consiglio sulla nuova politica agricola comune introduce una Pac più equa, più verde, più rispettosa degli animali e più flessibile. Ambizioni ambientali e climatiche più elevate, in linea con gli obiettivi del Green Deal, devono essere attuate a partire da gennaio 2023. La nuova Pac garantirà anche una distribuzione più equa, in particolare alle piccole e medie aziende agricole a conduzione familiare e ai giovani agricoltori.
Sulla base di regole più semplici stabilite a livello dell’UE, ogni Stato membro elaborerà un piano strategico per attuare la politica nei prossimi cinque anni. Ciò consentirà loro di tenere conto delle condizioni locali e di concentrarsi sulle prestazioni.
Ma ci sono anche attività imprenditoriali nazionali che partendo dall’agricoltura e dai suoi nuovi bisogni inventano nuove forme di sostegno, legate più ai valori messi in campo, come l’amore per il territorio e per le tradizioni ad esso legate, il sostegno per la biodiversità, il rispetto per l’ambiente, la consapevolezza dell’importanza di ogni singola coltivazione, l’attenzione alla complessità di un Paese come l’Italia fatto di tipicità, di infinite diversità che ci rendono unici. È il caso della rete digitale Coltivatori di Emozioni, la prima piattaforma italiana di social farming: una rete che vuole promuovere la salvaguardia del patrimonio agricolo nazionale, e in particolare di quei territori che maggiormente sono a rischio di abbandono, attraverso un sistema di adozione a distanza degli agricoltori.
Nata in Puglia nel 2018 per volontà di Paolo Galloso e Biagio Amantia, la rete è oggi presente in 18 regioni italiane, dove porta avanti il suo progetto.
I fondatori, anch’essi molto giovani e attenti all’innovazione, hanno immaginato un modo pratico e alla portata di tutti per sostenere gli agricoltori, adottandoli virtualmente. E basta uno sguardo a questa pagina per scoprire che gli agricoltori hanno un nome e un volto, oltre che un loro prodotto da valorizzare e una storia da raccontare: da Nord a Sud, da Chiara, che coltiva grani antichi a Monte San Pietro, in provincia di Bologna, a Piero, la cui specialità è il Melograno a S. Pancrazio Salentino, nel Leccese. L’empatia è immediata, le storie appassionanti e la voglia di stare al loro fianco per la difesa della terra e per un diverso modo di lavorarla è immediato.
E per aumentare il circolo virtuoso, l’associazione si mette in gioco anche su altre iniziative legate al territorio. Un esempio su tutti, la partnership con l’Associazione Borghi più belli d’Italia che da dicembre 2020 porta Coltivatori di Emozioni a sostenere le il nostro patrimonio artistico e urbanistico attraverso la riscoperta dei loro prodotti agricoli più tipici. Una sinergia di valori che porta a valorizzare la storia di questi luoghi, le tradizioni più vere, i valori della terra e delle persone. O ancora, la collaborazione con lo chef Simone Rugiati, ambassador incaricato di raccontare in rete le colture e le culture aderenti alla piattaforma. Una serie di iniziative che trova sintesi perfetta nelle parole del fondatore del marchio, Paolo Galloso, che spiega: «Siamo il primo Paese al mondo in cui sono stati riconosciuti 55 siti patrimonio dell’Umanità dall’Unesco. Sul nostro territorio coesiste la più grande biodiversità agroalimentare della terra, con oltre 5.000 prodotti alimentari tradizionali censiti: 299 specialità Dop e Igp riconosciuti a livello comunitario e più di 400 vini Doc. Queste unicità della terra sono attualmente coltivate da poche aziende agricole che ne custodiscono la memoria, di cui una su quattro è a rischio scomparsa. L’abbandono dei territori (circa 6000 borghi) e delle tecniche produttive di una volta rischiano di compromettere il nostro Paese, da sempre strettamente legato al settore primario». Insomma, radici saldamente ancorate nel passato e sguardo fisso al futuro, perché i Coltivatori di Emozioni vogliono essere «strumento d’integrazione e sostegno all’occupazione per tutte quelle persone che desiderano tornare alla terra e dare nuova vita all’Italia rurale».