Conservatrice o progressista?È cominciata la corsa al prossimo presidente del Parlamento europeo

Il partito popolare europeo che ha il maggior numero di eurodeputati ha scelto la sua candidata, la maltese Roberta Metsola, che sarebbe la più giovane della storia. Ma i socialisti e democratici vogliono mantenere la presidenza: sarà decisivo il voto degli altri gruppi

LaPresse

L’elezione del prossimo presidente del Parlamento europeo potrebbe essere molto meno scontata del previsto. Il patto non scritto sancito a luglio 2019 fra le forze di maggioranza dell’Eurocamera prevedeva che a David Sassoli del Partito Democratico sarebbe succeduto, per la seconda parte della legislatura, un esponente del Partito popolare europeo. Il gruppo dei Socialisti e democratici si è però tirato indietro e punta a convincere le altre famiglie politiche a sostenere, a gennaio, la rielezione del presidente in carica.

Il patto “tradito”
Le cariche elettive dell’Eurocamera vengono rinnovate ogni due anni e mezzo, all’inizio e a metà di ogni legislatura parlamentare. In questa sorta di «elezioni di medio termine», i 705 eurodeputati sono chiamati a scegliere il presidente, i vice-presidenti e anche i presidenti delle commissioni parlamentari. Le regole sono le stesse dell’elezione iniziale: i candidati alla presidenza sono proposti da un gruppo politico o da un minimo di 38 eurodeputati e i colleghi li votano a scrutinio segreto. 

Il futuro presidente deve ottenere la maggioranza assoluta dei voti dell’aula, ma se nessuno dei candidati ci riesce nei primi tre scrutini si applica un ballottaggio: i due parlamentari più votati al terzo turno restano gli unici in corsa nel quarto, dove vince chi ottiene più preferenze. 

Vista la frammentazione dell’aula di Strasburgo, divisa in sette famiglie politiche più un manipolo di non affiliati, nessuno può essere eletto con l’appoggio soltanto del proprio gruppo. Il nome del presidente è quindi frutto di un accordo fra le principali forze del Parlamento e di solito fa parte di un’intesa più generale di spartizione delle cariche, che comprende anche la Commissione e il presidente del Consiglio europeo e che vede coinvolti nella decisione i governi nazionali dei paesi Ue. 

Quello di luglio 2019 ha portato a Palazzo Berlaymont la popolare tedesca Ursula von der Leyen e il liberale belga Charles Michel a presiedere le riunioni dei capi di Stato e di governo. L’Eurocamera «spettava» ai Socialisti e democratici, con la promessa di lasciare ai popolari la seconda parte del mandato. Così David Sassoli è stato eletto grazie ai voti dei tre partiti di maggioranza, gli stessi che hanno sostenuto l’insediamento della squadra di von der Leyen. 

Oggi però le carte in tavola sono cambiate: i socialisti hanno vinto le elezioni in Germania e i loro compagni non sono più disposti a cedere la guida dell’Eurocamera. David Sassoli si è messo  «a disposizione del gruppo», spiegando che passare la presidenza a un conservatore sarebbe «un errore politico», visto che la sinistra è in ascesa nel continente. Alla presidente di S&D Iratxe García Pérez è stato chiesto di attivarsi per negoziare «una presidenza progressista», ma fonti interne confermano a Linkiesta che l’unico nome sul tavolo è quello di Sassoli, sebbene il diretto interessato non abbia annunciato formalmente una sua candidatura.

«Questa decisione provoca stupore, ma fino a un certo punto», dice a Linkiesta Massimiliano Salini, europarlamentare di Forza Italia. «I socialisti avevano chiesto il nostro sostegno a Sassoli nel 2019, in cambio di un’alternanza a metà mandato. Ma la loro difficoltà nel sostenere candidati altrui è nota: fecero mancare l’appoggio anche all’elezione di Antonio Tajani, nonostante supportassero con noi la Commissione presieduta da Jean-Claude Juncker».

Secondo Salini, il gruppo di centro-sinistra è vittima di un’«ossessione anacronistica» nel volere a tutti i costi un proprio candidato. Ma la mossa non lo spaventa e anzi sarebbe più una sortita strategica che una proposta realmente praticabile: «I numeri sono abbastanza chiari: con gli equilibri creati in questi anni, difficilmente un socialista potrebbe vincere contro un popolare». 

Tanto più che la candidata appena scelta dal Partito popolare europeo, la maltese Roberta Metsola, godrebbe secondo Salini di parecchie simpatie anche tra i deputati di S&D. «Lavorerò per costruire ponti in questa Camera», ha detto Metsola, attuale vice-presidente dell’Eurocamera, durante la presentazione della sua candidatura. Se i negoziati con gli altri gruppi non produrranno un accordo «blindato», si andrà alla conta dei voti in aula.

L’aritmetica dell’Eurocamera
Al momento, comunque, le chances di vittoria nell’elezione del 18 gennaio 2022 volgono decisamente verso destra. La candidata dei popolari è in vantaggio perché può contare su una famiglia politica più numerosa: 178 eurodeputati contro i 145 di S&D, che potrebbe arrivare a 153 se incorporasse prima dell’elezione i membri del Movimento Cinque Stelle

Un’eventuale riconferma di Sassoli non può prescindere dai 112 voti che mettono insieme i Verdi/Alleanza Libera per l’Europa e la Sinistra, gruppi che per orientamento ideologico dovrebbero preferire un candidato progressista a uno conservatore e il cui sostegno non è però scontato. 

In una recente intervista a Linkiesta, il co-presidente dei Verdi/Ale Philippe Lamberts ha detto che i suoi guarderanno alla personalità del candidato più che al partito di provenienza e che preferirebbero una figura femminile. «Nella storia dell’Eurocamera ci sono state solo due presidenti e il gruppo è molto sensibile al tema della parità di genere». La linea da seguire sarà comunque decisa solo una volta che tutti i candidati saranno annunciati.

Al tempo stesso, i socialisti dovrebbero sperare in un’astensione, in blocco o da parte di singole delegazioni nazionali, dei partiti che compongono i gruppi di destra radicale. Identità e democrazia (Id) e i Conservatori e riformisti europei (Ecr) molto difficilmente appoggerebbero un presidente di sinistra, ma magari faranno mancare qualcuno dei 133 voti di cui dispongono complessivamente.

Il vero ago della bilancia sarà però il gruppo dei centristi, Renew Europe, che conta cento europarlamentari di sensibilità differenti e fa parte della coalizione di governo europea. Forse anche per questo, il presidente del Ppe Manfred Weber si è detto pronto a siglare un patto di coalizione con i liberali per i due anni e mezzo di legislatura rimanenti. Alcuni di loro, come l’ex Primo ministro estone Andrus Ansip, hanno già dichiarato che sosterranno Metsola, che tra l’altro sarebbe la più giovane presidente nella storia dell’Eurocamera e la prima maltese, formando con von der Leyen un tandem femminile inedito per le istituzioni europee. La strada di David Sassoli verso la riconferma è tutta in salita. 

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