Sette membri del Congresso, Dipartimento di Stato, i principali think tank di Washington, da Brookings all’ Atlantic Council e il German Marshall Fund, con conferenza finale all’università di Georgetown: la nostra missione a Washington.
Nostra: una delegazione parlamentare del Partito democratico europeo (Pde) che assieme ai liberali dell’Alde ha creato il nuovo gruppo Renew Europe al Parlamento europeo. Perché a Washington? Perché come democratici e liberali europei siamo convinti che sia questo il momento per stringere e consolidare i nostri legami con l’amministrazione Democratica americana.
Dopo l’Afghanistan e dopo la crisi dei sottomarini, era ancora più importante chiarire malintesi e divergenze e lavorare su un’agenda comune. L’autonomia strategica europea è sempre più necessaria, ed era necessario spiegare agli alleati americani il nostro progetto per un’Europa della difesa ma anche chiedere che ribadiscano il messaggio dato da Joe Biden a Emmanuel Macron: il rafforzamento della difesa europea è interesse anche di Washington.
Necessario per continuare a spingere soprattutto a Berlino e Roma su questo, in attesa di poter recuperare la Polonia oggi in piena deriva nazionalista.
Il digitale è una grande opportunità, ma solo se assicuriamo che tutto ciò che è illegale offline è illegale anche online e se lottiamo contro disinformazione e fake news.
I Facebook files hanno aperto gli occhi ad alcuni e dato conferme ad altri membri del congresso. Abbiamo proposto di avviare un dialogo tra democratici e liberali dell’Unione europea e statunitensi per spiegare cosa stiamo facendo con il Digital Services Act e il Digital Market Act e identificare anche possibili nuove soluzioni insieme.
Anche a Washington il tempo della totale anarchia digitale è superato e possiamo avviare un nuovo dialogo.
Questa a Capitol Hill è anche una settimana di accesi dibattiti parlamentari sul “pacchetto infrastrutture” che, al di là del nome, è la nuova strategia di Biden per azioni concrete a favore della transizione ecologica. Anche su questo, un binomio Ue-Usa è essenziale per convincere all’interno dell’Unione europea i più riluttanti e sopratutto spingere la Cina ad impegnarsi di più, dopo Roma e Glasgow.
E poi la Cina, appunto, che anche gli americani considerano rivale sempre più pericoloso e concorrente, sempre più agguerrito, anche se ancora partner visti i rapporti commerciali e la forte presenza cinese anche in America.
In realtà, anche sulla Cina possiamo avvicinare le due sponde dell’Atlantico: questa è senza dubbio la scelta del Partito democratico europeo e di Renew Europe.
Importante per noi capire struttura e obiettivi del “Summit per la Democrazia” che Biden lancerà il 9 e 10 dicembre, con la partecipazione di Paesi di tutto il mondo. Il problema però è affrontare le contraddizioni al nostro interno: oggi Viktor Orbán ad esempio può far parte di un’alleanza per la democrazia di nuovo conio? Per noi no, ma questo è allora un doppio problema, interno all’Unione innanzitutto. Ma anche per i nostri alleati americani.
Proprio in questi giorni si sono poi svolte le elezioni per i governatori di Virginia e New Jersey. I buoni risultati dei repubblicani, solo in parte bilanciati dalla vittoria di Eric Adams, nuovo sindaco di New York, sono un campanello d’allarme per i democratici in vista delle elezioni di mid-term, e indicano che la battaglia contro il trumpisti, cioè populismo ed estremismo deve continuare con ancora maggior vigore.
La migliore risposta è di accelerare sulle misure economiche e sociali, perché quello è il vero terreno su cui sconfiggere i nostri comuni avversari di estrema destra. Prossimi incontri a Bruxelles, per proseguire con una nuova politica progressista e transnazionale che è la vera grande sfida del nostro tempo.