Il nuovo MaoLa svolta di Xi Jinping ha reso la Cina ancora più spietata

Le restrizioni imposte dal Partito Comunista hanno reso più complicato il rapporto di Pechino con il mondo esterno. L’obiettivo è costruire un Paese nuovo, più socialista, compatto e uniforme dal punto di vista ideologico. Per il presidente è questa la struttura più adatta per affrontare alla pari gli Stati Uniti

AP Photo/Ng Han Guan

Il primo segnale è arrivato a giugno. L’app di ride-sharing cinese Didi Chuxing aveva cercato di quotarsi alla borsa di New York, suscitando lo sconcerto dei vertici di Pechino, preoccupati che l’offerta pubblica mettesse i regolatori americani nelle condizioni di accedere a dati sensibili cinesi. Come risposta, il governo ha varato una serie di leggi che rendono più difficile alle società del Paese di cercare finanziamenti all’estero.

Subito dopo è toccato all’istruzione. La stretta ha colpito le società private di lezioni online, fondamentali per superare gli esami per i college più esigenti. Da luglio viene impedito di servirsi di insegnanti stranieri per le materie fondamentali, da agosto entra in vigore l’obbligo di affiancare ai corsi anche l’insegnamento del pensiero di Xi Jinping, oltre al divieto per i ragazzi di giocare con i videogame più di tre ore alla settimana, in fasce della giornata ben definite.

Non è finita: sempre ad agosto Xi Jinping ha deciso di colpire i redditi più alti. In nome della «prosperità comune», come ha detto, diventa necessario combattere le disuguaglianze nel Paese attraverso azioni specifiche: sviluppo delle campagne, miglioramento dei servizi sociali e regolamentazioni delle cosiddette entrate in eccesso. È a quel punto che i ricchi del Paese hanno cominciato a fare donazioni e beneficenza. Il messaggio era passato.

Qualcosa sta cambiando, insomma: nelle grandi cose come nelle piccole. L’attacco alla celebrity culture ne è un ennesimo esempio, così come la messa al bando delle acconciature delle star giudicate poco mascoline (perché ispirate a quelle sgargianti dei vip coreani).

Come spiega questo importante articolo dell’Atlantic, Xi Jinping vuole cambiare la Cina, riplasmarne la società e ribadire la superiorità dello Stato e del partito. Se possibile, eliminando ogni forma di contaminazione culturale straniera (leggi: occidentale) come l’individualismo e la ricerca del successo. È una operazione di nation building, spiega l’articolo, orientata a stabilire in via definitiva l’identità del Paese e dei suoi cittadini.

Non è semplice comprenderne le ragioni. Da un lato i passati decenni di riforme e liberalizzazioni hanno portato a un boom economico, segnato da uno sviluppo improvviso e dalla nascita di piccoli poteri economici. La preoccupazione di Xi Jinping è proprio questa: occorre spegnere ogni forma di potere concorrenziale (come è avvenuto con la repressione nei confronti delle aziende Big Tech) ed è fondamentale farlo il prima possibile.

La decisione dei tempi è tattica. Agendo subito, potrà presentarsi nel 2022 al Congresso del Partito Comunista in posizione di forza, da cui cercherà di garantirsi – unicum per la Cina moderna – un terzo mandato. L’operazione è complessa, richiede molta stabilità e un ampio consenso.

La svolta in nome della «prosperità comune» avrebbe proprio questa funzione: una mossa populista volta ad assicurare al presidente il sostegno ideale dei cittadini.

Ma oltre al calcolo politico, dietro alle manovre del governo c’è anche un’altra spiegazione (che non esclude ma, al contrario, rafforza la prima): Xi Jinping crede davvero in ciò che sta facendo. Se è facile bollare come retorici i richiami ufficiali al marxismo dei vertici e della propaganda, la realtà è che per il presidente il piano ideologico è importante. Stando ad alcune indiscrezioni, sarebbe davvero indignato di fronte all’esibizione sfrenata della ricchezza e al progressivo allentamento dei valori tradizionali.

Riprendere in mano la Cina significa allora aumentare i controlli sulla ricchezza, passare al setaccio le attività delle banche, lottare contro la corruzione. Ma anche, su un piano diverso, ridurre le possibilità di abortire per contrastare il declino demografico. Xi Jinping sta soltanto seguendo la tradizione del partito comunista cinese: regolamentare ogni aspetto della società, anche a livello capillare. L’obiettivo, come ai tempi della fondazione del partito e della Rivoluzione culturale di Mao, sarebbe sempre quello: creare un Paese nuovo, più equo e più forte.

È qui che il piano assume un valore internazionale. La nuova Cina voluta da Xi, più compatta, più uniforme e più disciplinata, sarebbe l’unica a suo avviso in grado di vincere il confronto con gli Stati Uniti.

Di fronte a una super-potenza ormai considerata in declino e senza spinta morale, Pechino è pronta a fornire un’immagine di armonia e prosperità, capace di raggiungere grandi obiettivi e di accrescere il livello di benessere dell’umanità. In questo senso, le restrizioni imposte negli ultimi mesi sarebbero solo l’inizio di una svolta generale, che assicurerebbe a lui la permanenza al potere e alla Cina la prevalenza nel mondo.

Il risultato sarà di nuovo lo scontro Est- Ovest, una riedizione della Guerra Fredda, ancora giocata sul confronto tra due sistemi e tra due modelli di vita: uno socialista e autoritario, l’altro capitalista e liberale.

Certo, agli osservatori internazionali sembra paradossale che Xi, in nome del controllo, sia disposto a soffocare la spinta imprenditoriale e innovatrice che negli ultimi decenni ha arricchito il suo Paese. Ma a Pechino la cosa non sembra suscitare (almeno per ora) particolari problemi. A differenza degli occidentali la Cina è convinta che crescita economica e libertà non debbano per forza essere collegate.

Se la fisionomia della Cina che verrà sembra sempre più precisa, è però meno chiaro capire se sarà in grado di reggere la sfida con l’Occidente, mantenere la stabilità sociale e raggiungere un livello più alto di benessere economico. Xi Jinping scommette di sì. Ma se non dovesse riuscire, gli esiti potrebbero rivelarsi devastanti.

Le newsletter de Linkiesta

X

Un altro formidabile modo di approfondire l’attualità politica, economica, culturale italiana e internazionale.

Iscriviti alle newsletter