Casa, eco casaLa bioedilizia in Italia cresce rapidamente, ma serve un uso più attento delle materie prime

Il settore delle costruzioni prova, a fatica, a migliorare il suo impatto ambientale: le abitazioni in legno, ad esempio, rappresentano un mercato sempre maggiore. Adesso c’è bisogno di tenere sotto controllo il caro prezzi e, soprattutto, è fondamentale una gestione migliore degli alberi presenti sul territorio nazionale

AP / Lapresse

L’edilizia è una delle principali cause di emissioni di anidride carbonica. In Italia è l’unico settore che non è riuscito a ridurre il consumo di energia e di rilascio di gas serra negli ultimi trent’anni, insieme ai trasporti. La pandemia, però, sembra aver dato impulsi decisivi a una svolta che prima era solo accennata.

L’edilizia in legno nel 2020 ha avuto una ripartenza più rapida rispetto ad altri segmenti del settore, complice anche la messa in moto del comparto residenziale – con i vari bonus previsti nei decreti – e la spinta europea verso un modello sostenibile dell’abitare.

A fronte di un -15% registrato dal comparto industriale edile nel primo anno di pandemia, la bioedilizia è riuscita a consolidarsi con una quota di mercato pari al 7% dei permessi per costruire (in linea con il 2019) e un turnover pari a 1,39 miliardi di euro, registrando un +3% rispetto al 2019. È questo lo scenario che emerge dal Rapporto Edilizia in Legno 2021 realizzato dal Centro Studi di FederlegnoArredo per Assolegno.

Il documento indica anche una crescente complessità ingegneristica delle opere in legno: è chiara, infatti, la tendenza a sviluppare soluzioni multipiano – come dimostrano Milano, Torino, Firenze e le maggiori città del Nord e Centro Italia, che presentano ormai numerosi esempi di come l’ingegneria in legno si possa sviluppare in altezza. Per la prima volta, rispetto al 2019, si registra infatti un aumento delle unità abitative all’interno della medesima realizzazione pari a un +20%.

Certo, siamo ancora distanti dagli standard nordeuropei, e non ci sono edifici con il Mjøstårnet, il palazzo in legno più alto al mondo: quando è stato completato, nel marzo 2019, è diventato il simbolo dell’edilizia verde norvegese, con la sua struttura portante di travi e pilastri in legno lamellare, balconi, vani scale e ascensori in legno strutturale. Ma i numeri mostrano un trend positivo, incoraggiante, anche in Italia.

«Il nostro settore – spiega Angelo Luigi Marchetti, presidente di Assolegno – può rappresentare per il Paese una vera e propria rivoluzione edile, mettendo al centro la qualità dell’abitare e la sostenibilità. In più, abbiamo riscontrato una vocazione a definire soluzioni ingegnerizzate che rendono la fase di cantiere più sicura, snella e con meno ingombri in ambito urbano».

Tra i materiali che sono al centro di quella che Marchetti chiama rivoluzione edile, proprio il legno si è rivelato una delle risorse più ricercate: i dati di Federlegno Arredo evidenziano come il segmento dell’edilizia in legno nel nostro Paese vantasse un fatturato di 724 milioni di euro già nel 2020, con una crescita del 5% rispetto all’anno precedente.

Come spiega anche Claudio Feltrin, presidente di FederlegnoArredo, la filiera del legno può e deve rappresentare l’accelerazione green del mondo dell’edilizia: «Lo hanno detto anche la presidente della Commissione europea Ursula Von Der Leyen e i grandi della terra riuniti a Glasgow per la COP26: il settore edilizio deve diventare strumento di stoccaggio di CO2 anziché fonte di emissione. Ma proprio per questo è incomprensibile l’esclusione del legno strutturale dalla lista dei prodotti che determina chi potrà avere accesso al fondo di compensazione per il caro prezzi dei materiali da costruzione, istituito dal ministero delle Infrastrutture e Mobilità Sostenibili per i bandi pubblici, nonostante gli aumenti di prezzo abbiano toccato il 250%».

L’aumento dei prezzi del legno è stato vertiginoso negli ultimi due anni. Il presidente di Pefc Italia, Francesco Dellagiacoma, dice a Linkiesta che la carenza di materie prime degli ultimi mesi ha portato ad aumenti del prezzo del legno oltre i livelli pre-pandemia, con impennate generalizzate e globali.

«È causato soprattutto dal problema logistico, più che dalla produzione», dice Dellagiacoma. «Durante il primo lockdown il settore dell’edilizia ha avuto un crollo verticale – aggiunge – perché non c’era modo di lavorare. Poi la ripresa, grazie alle agevolazioni e al desiderio di sostenibilità, è stata talmente forte che la filiera non è riuscita a tenere il passo: non tanto per le materie prime, quanto per i semilavorati come pannelli, tavolame, prodotto lamellare. E i prezzi sono più che raddoppiati: l’idea è che quando il mercato si stabilizzerà si assesterà su cifre superiori a quelle del 2019».

Per l’Italia, però, l’aumento di costruzione in legno significa soprattutto una maggiore importazione – la maggior parte viene acquistata dall’Austria – nonostante la grande disponibilità di aree verdi.

Nel nostro Paese c’è una grande disponibilità, e i boschi sono in aumento. Ma non volutamente. Crescono perché non sono controllati, non sono gestiti, non sono curati, e la materia prima a disposizione non viene usata: siamo su una percentuale intorno al 15% rispetto a una media europea che è del 60%.

«In un mondo che va verso la sostenibilità, edilizia compresa – dice Dellagiacoma – l’Italia deve iniziare a pensare di fare un uso migliore delle sue aree verdi. Certamente con tutte le certificazioni e i controlli del caso, mantenendo la qualità dei boschi e rispettando i tanti vincoli paesaggistici».

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