Quando la polizia ferma Obinna e Eze, al ritorno da una serata in un locale, Obinna mente. Sa come vanno le cose a Lagos – Eze no, Eze vive in America da undici anni, è tornato in visita – e dice che hanno festeggiato un compleanno e stanno tornando dalle mogli. È allora che la poliziotta dice a Eze: avrebbe dovuto dirmi che aveva una moglie, se avessi saputo che era il marito di qualcuna le avrei portato rispetto, anche se è vestito come un poco di buono.
Quelli davvero bravi li riconosci perché la fanno sembrare facile, e se The Visit è un gioiellino che per tutte le sue poche pagine ti fa pensare «ma certo, era facile, come ho fatto a non pensarci» è perché Chimamanda Ngozi Adichie è bravissima.
The Visit è un racconto fatto di niente in un mondo a sessi invertiti. In cui le donne hanno i posti di potere e gli uomini stanno a casa coi figli. In cui non c’è una cura per la prostatite perché «la medicina moderna trascura la fisiologia maschile, tutta la ricerca usa il corpo femminile come standard». In cui gli uomini – frustrati dai loro ruoli secondari – si lamentano perché le donne che comandano il mondo fanno inutili summit nei quali parlano solo degli assegni di maternità e di menopausa, e non fanno mai niente per loro, per i maschi, per il secondo sesso.
In cui sì, per carità, bello il progresso, «siamo tutti per il progresso, ma non si può mettere un uomo in un ruolo così delicato», e insomma quest’idea di fare un maschio ministro per il petrolio, ma mica direte sul serio, su, che figura facciamo, quando andiamo ai summit dei paesi che esportano petrolio «e salta fuori che solo la Nigeria ha un ministro maschio? Poi non ci prendono sul serio».
Eze una moglie non ce l’ha, Obinna ha mentito alla poliziotta, Eze una moglie non è riuscito ad avercela perché le donne non vogliono impegnarsi, pensano solo a divertirsi, illudono i brav’uomini come lui uscendo con tre maschi in contemporanea, li illudono di voler fare sul serio ma poi non si decidono mai, non si sentono pronte, non vogliono ancora metter su famiglia. Anche se, quando poi si decidono, gli stati le ringraziano: Amara, la moglie di Obinna, ha il suo bravo certificato appeso al muro, in cui il governo la ringrazia per aver perpetuato la specie.
Non che Amara il certificato lo veda granché, è sempre in giro, o per lavoro o con la scusa del lavoro. Obinna è geloso, il troppo tempo libero ti rende geloso quali che siano i tuoi gameti, il ruolo sociale di rimessa ti rende parte debole a prescindere dai cromosomi, e quindi si convince che Amara con la scusa del lavoro se la spassi, lo tradisca, e a un certo punto riesce a trovare le prove di questo tradimento, e affronta quel poco di buono che s’intromette nel suo matrimonio, e telefona a parenti e amici, diteglielo voi, non si manda all’aria un matrimonio per una scopata, e tutti gli rispondono ma sii ragionevole, che t’importa, è solo una scopata, l’importante è che la sera torni da te, l’importante è che tu le faccia trovare sempre pronto in tavola e la casa in ordine e non le venga mai voglia d’abbandonarvi.
Mentre quelle che sono capaci solo di far la morale e non di scrivere cianciano di derive dell’ancella, di un mondo in cui alle donne vengono tolti diritti e dignità di cognome e ruoli rispettabili, Chimamanda (che è abbastanza star da non avere bisogno di cognome: come Madonna, come Marilyn, come Beyoncé, come Zadie, come Diana) inverte i fattori per ottenere l’identico risultato: è solo un caso da che parte della polarità nascere e da che lato del letto svegliarsi ogni mattina, quello degli oppressori o degli oppressi, del sesso forte o del sesso debole, di chi si aspetta che il mondo sia fatto per essere comandato o per essere ubbidito.
Quando avevano dodici anni, mentre la mamma era al lavoro, il papà di Eze diceva a Obinna di comportarsi educatamente: se ti lecchi le dita dopo aver mangiato la frutta non troverai mai una moglie. «Un uomo che a ventott’anni non abbia ancora una moglie è inutile come una gomma sgonfia», li ammoniva, addestrandoli fin da piccoli a fare quel che aveva fatto lui: rinunciare alla propria carriera se si aveva la fortuna d’incontrare una donna ambiziosa disposta a fare di te un uomo onesto. «Il matrimonio era il traguardo ultimo per un uomo. Lo sapevano tutti».
La cosa più terrificante che fa Chimamanda in così poche pagine è avvertirci che non cambierebbe niente. Che in un mondo a dinamiche di genere magicamente invertite si creerebbero dinamiche identiche. Non avere una carriera farebbe ancora di te la parte della coppia che aspetta che l’altra parte torni a casa. Non emanciparti farebbe ancora di te qualcuno alla mercè della generosità di chi mantiene la famiglia.
The Visit si trova su Amazon. È parte di una serie di sei racconti, ognuno acquistabile (per ora) solo in ebook. La serie si chiama Black Stars: gli autori sono tutti neri. L’identitarismo come marketing letterario, certo. Ma anche: se sei abbonata a Prime, puoi leggerli tutti e sei gratuitamente (altrimenti costano 1 euro e 99 l’uno, o 9 e 95 tutti e sei). Dopo le consegne gratuite in un giorno, e le serie televisive, Jeff Bezos ora ci dà anche i libri compresi nell’abbonamento? È un altro modello di business che sta distruggendo (o inventando)?
Forse qualcuno, su un mondo in cui nulla più si paghi e non si capisce da dove vengano i soldi, dovrebbe scrivere un racconto. Sarebbe un po’ più fantascientifico di The Visit, il racconto nella cui prima pagina Chimamanda fa confermare, alla presidente degli Stati Uniti, la volontà di mantenere illegale la masturbazione maschile. Gli spettatori nigeriani scuotono la testa: chissà perché questi americani sentono sempre il bisogno di protestare contro leggi così ovvie e solide e moralmente imprescindibili.