Roma capocciaIl Pd romano è ancora forte, impone il suo candidato a Letta e fa naufragare un’intesa riformista

Il segretario avrebbe voluto una donna per le suppletive nel collegio della Capitale, ma ha dovuto arrendersi alle pressioni del trio Bettini-Zingaretti-Franceschini, che intende eleggere Enrico Gasbarra

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Enrico Letta aveva detto ai dem romani: «A Roma Centro deve essere candidata una donna». Al terzo giro delle suppletive – dopo Siena e Roma Primavalle – il segretario voleva raggiungere un obiettivo che gli sta a cuore: promuovere la rappresentanza femminile del suo partito, anche se non sempre la cosa gli è riuscita, vedi la storia dei tre ministri maschi. Ma nisba, niente da fare. La scelta per il collegio di Roma Centro lasciato libero da Roberto Gualtieri sta cadendo infatti su un maschietto, Enrico Gasbarra, sostenuto dagli uomini forti del Pd romano, Goffredo Bettini e Nicola Zingaretti, più la potente corrente dei franceschiniani. 

Tutti insieme costoro starebbero dunque per mollare un bello schiaffone al segretario che da parte sua aveva calato la carta di Annamaria Furlan, ex segretaria della Cisl, non molto amata in vasti settori del Partito democratico – non stiamo parlando di Pierre Carniti e Franco Marini – ultimamente molto intima di Letta, è infatti una dei “garanti” di quelle Agorà su cui il numero uno del Nazareno punta moltissimo. E c’era poi il nome della responsabile donne del partito, Cecilia D’Elia, già assessora con Walter Veltroni al Comune e Nicola Zingaretti alla Provincia, una formazione politica molto di sinistra, oggi tra gli esponenti di punta della segreteria nazionale del  nuovo corso lettiano. 

Nessuna obiezione specifica contro di lei, ovviamente. Anzi, non è nemmeno escluso che torni in campo. Ma il tridente Bettini-Zingaretti-Franceschini è una di quelle macchine che una volta messasi in moto non si ferma più  e Letta se ne dovrà fare una ragione, peccato per “Cecilia” e pazienza se alla fine in nessuna delle tre suppletive più recenti saranno stai eletti solo uomini: Letta stesso a Siena, Andrea Casu a Roma Primavalle e appunto Enrico Gasbarra a Roma Centro.

Lo schiaffo a Letta, se confermato, sembra essere il risultato di una precisa strategia in base alla quale Gasbarra terrebbe al caldo il sicurissimo seggio di Roma Centro per Nicola Zingaretti, che ambisce ad ascendere al Parlamento, e in cambio Gasbarra traslocherebbe alla Regione o comunque ad altro incarico di prestigio. Dietrologie? Può darsi. Di certo Enrico Gasbarra non è esattamente un uomo nuovo, già giovane democristiano, popolare, margheritino, infine dem, amico di Goffredo Bettini, poi vicesindaco di Walter Veltroni, deputato per due legislature e poi europarlamentare. 

E ieri dirigenti di peso del Pd di Roma hanno chiesto a Carlo Calenda di appoggiarlo, una richiesta diciamo così spericolata stante le caratteristiche del candidato e soprattutto il metodo che si è seguito. Infatti Azione essendo alle recenti comunali risultato il primo partito aveva chiesto una sede comune per scegliere insieme il nome del successore di Gualtieri a Roma Centro. Ma per tutta risposta i dem hanno deciso da soli il nome di Gasbarra ritenendo che quel seggio sia “suo”. È molto probabile a questo punto che Calenda trovi una candidatura alternativa (che non sarà quella di un indisponibile Marco Bentivogli, il cui nome pure era circolato, anche se sarebbe in grado di impensierire non poco l’uomo del Pd). 

Quanto ai Cinque stelle il discorso è presto fatto: non esistono. Non sono in grado di condizionare l’esito della consultazione elettorale, e non si capisce come sui giornali sia a un certo punto venuta fuori l’ipotesi di una candidatura nientemeno di Virginia Raggi, la ex sindaca super-sconfitta (arrivata quarta), che peraltro molti danno in avvicinamento a Alessandro Di Battista o come minimo all’opposizione di Giuseppe Conte, un altro che aveva messo gli occhi su quel collegio quando ancora era ancora in auge. 

Nella situazione concreta per il Pd sarebbe stato ben possibile, per non dire dovuto, intavolare una discussione con Azione e Italia viva come occasione per rasserenare il clima e costruire una piccola operazione, un allargamento politico. Invece, altro che Nuovo Ulivo. Il Partito con la “P” maiuscola tira dritto e piazza uno “suo”. Un uomo. Sconfessando Letta, a quanto pare.

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