L’equilibrio della sicurezzaCome si evolve l’intelligence di fronte alle nuove sfide

Cambiamenti operativi e tattici, collaborazioni internazionali e maggiore condivisione di informazioni tra le diverse agenzie. Ma soprattutto, come spiega David Omand nel suo libro (Luiss University Press) il nuovo approccio guarderà prima di ogni cosa agli obiettivi da proteggere

frame da “Agente 007 Licenza di uccidere”, 1962

A livello operativo, l’esigenza principale dell’intelligence è quella di avere un’analisi all-source tempestiva per supportare le decisioni operative.

Alcuni esempi delle questioni che i politici devono affrontare a questo livello includono la dislocazione delle risorse di sicurezza per andare incontro a esigenze contrastanti, i consigli da dare a chi viaggia all’estero, il modo in cui rispondere all’aumento dei livelli di minaccia a cui sono sottoposte, da parte dei terroristi, missioni e aziende all’estero, oppure le conseguenze dell’acquisita disponibilità di armi altamente tecnologiche in un Paese di interesse, o ancora se autorizzare o meno una certa esportazione di acciai speciali, o a quali passeggeri concedere di imbarcarsi su un aeroplano.

Nei casi più importanti, alla fine saranno i ministri a decidere se e come agire.

Molte delle ampie categorie di rischio summenzionate sono di natura incerta e richiedono risposte immediate e mirate non appena si manifestano.

Il primo requisito a livello operativo è pertanto l’identificazione specifica del rischio attraverso un’opportuna analisi delle informazioni da parte di esperti, conducendo a valutazioni sistematiche del pericolo. Sono necessari poi accordi per condividere tali valutazioni, sia a livello internazionale che nazionale, sviluppando reti di esperti e politici a seconda della materia in oggetto.

Per esempio, nel campo fondamentale dell’antiterrorismo, sempre più nazioni stanno dando vita a centri speciali per il coordinamento: nel Regno Unito il Joint Terrorism Analysis Center, come descritto nel capitolo 2; negli Stati Uniti il Terrorist Threat Integration Center (Centro di integrazione per le minacce terroristiche) sostituito in seguito dal National Counterterrorism Center (Nctc, Centro nazionale per l’antiterrorismo); in Australia il National Threat Assessment Center (Centro nazionale per la valutazione delle minacce); in Canada l’Integrated Threat Assessment Centre (Centro integrato per la valutazione delle minacce); in Nuova Zelanda il Combined Threat Assessment Group (Ctag, Gruppo combinato per la valutazione delle minacce); in Spagna il Centro Nacional de Coordinación Antiterrorista (Centro nazionale di coordinamento antiterrorista); in Francia l’Unité de coordination de la lutte antiterroriste (Uclat, Unità di coordinamento della lotta al terrorismo).

Non solo la valutazione di minacce terroristiche rilevanti può essere trasmessa rapidamente da un centro all’altro, ma le relazioni bilaterali che si stanno sviluppando migliorano la comprensione reciproca della filosofia che sottende gli approcci nazionali all’antiterrorismo, e così favoriscono un allineamento strategico infondendo una fiducia maggiore per intervenire tatticamente.

In particolare, valutazioni condivise possono portare allo sviluppo di decisioni comuni o allineate per pianificare le basi su cui devono poggiare misure specifiche volte a generare resilienza.

In molte aree di rischio, le singole nazioni non possono essere più resilienti dei loro vicini. A questo scopo, la creazione del Situation Centre dell’Unione Europea sotto la direzione del Consiglio europeo al fine di condividere le valutazioni nazionali è un recente sviluppo positivo.

A livello operativo, in termini di resilienza ciò che occorre per il futuro è una mappatura sistematica delle infrastrutture critiche per individuarne la portata internazionale (sia per l’importazione che per l’esportazione di eventi determinanti) nonché lo sviluppo sistematico di accordi transnazionali, regionali e globali e, dove opportuno, l’introduzione di normative che offrano maggiori garanzie e prevedibilità alla valutazione della resilienza nazionale.

Infine, potremmo osservare che la sicurezza nazionale del futuro, come avvenuto in momenti-chiave del passato, dovrà sfruttare il talento nazionale per l’innovazione nell’applicare la scienza e la tecnologia alla resilienza. Tutto ciò ha conseguenze a livello organizzativo per la cooperazione internazionale in quest’area, di cui un esempio calzante è l’Homeland Security Contact Group (Gruppo di contatto sulla sicurezza nazionale) bilaterale Usa/UK,5 che funge da ala protettiva per la condivisione transatlantica di esperienza e tecnologia in entrambe le direzioni.

A livello tattico

È a livello tattico, in particolar modo nelle operazioni militari, che l’intelligence segreta fa la sua parte. A questo livello, all’interno di una politica operativa strutturata, vengono prese decisioni individuali da parte di chi è in prima linea, che si tratti di forze armate, polizia, Security Service o dipartimenti del governo.

Le aree dell’intelligence si rivolgono sempre più spesso ad altri specialisti dei servizi segreti a supporto delle operazioni sul campo, per esempio per l’applicazione tattica delle informazioni nel guidare un blitz antiterroristico, seguire un carico di droga o intercettare chi viola delle sanzioni. Questa è la parte dell’iceberg di cui raramente il pubblico è consapevole. Ma che è di gran lunga la più rilevante.

Le relazioni bilaterali di intelligence tattica per l’antiterrorismo sono ben sviluppate non solo fra alleati storici e partner europei. Tuttavia, probabilmente, le dimensioni di una comunità di sicurezza internazionale più ampia sono meno definite. I vicini e i partner internazionali devono essere consapevoli di come i sistemi nazionali di ciascuno agirebbero nell’eventualità di una crisi, così da sapere quando, come e dove intervenire e attivare le proprie disposizioni per la gestione delle emergenze, compresa la comunicazione delle vittime e i piani per i cittadini stranieri coinvolti negli eventi in patria e per i propri cittadini colpiti dagli eventi oltremare, rispettando in ciascun caso eventuali questioni religiose e culturali. Tutto ciò deve essere frutto di prove ed esercitazioni, anche a livello UE/Nato con canali di comunicazione sicuri e affidabili.

Pertanto, la sicurezza nazionale è diventata una faccenda molto più complicata rispetto ai tempi della Guerra Fredda.

Possiamo considerarlo il passaggio da un’analisi ampiamente dominata dal produttore (ossia il punto di vista delle autorità militari e della sicurezza) a una incentrata sul cliente (cioè le misure necessarie per proteggere i cittadini che viaggiano, la vita quotidiana nelle città, gli interessi nazionali oltremare e così via).

Quando lavoravo alla Nato negli anni Ottanta, al culmine dei dibattiti su armi nucleari di lunga e media gittata, sistemi a corta gittata per lo scontro campale ecc., ero solito osservare che, per gli sventurati colpiti da una qualsiasi di quelle armi nucleari così accuratamente classificate, l’effetto percepito sarebbe stato “strategico”. Alla fine, tutte le crisi hanno un impatto locale per qualcuno.

da “Lo Stato al sicuro. Intelligence e democrazia”, di David Omand, Luiss University Press, pagine 340, euro 35

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