E adesso il nome di Sergio Mattarella rischia davvero di uscire dalla corrida del Quirinale. Ma come nei gialli classici l’assassino è insospettabile: quel Partito democratico che a detta di tutti ma proprio tutti vorrebbe un bis dell’attuale Presidente. Solo che vuoi per un errore politico vuoi per dabbenaggine vuoi per una manovra che avrebbe dell’incredibile, il Nazareno ha offerto su un piatto d’argento al Capo dello Stato il modo di ribadire il suo no alla sua rielezione. Uno bravo parlerebbe di eterogenesi dei fini, più agevole parlare di pasticcio Nazareno. Questo piatto d’argento doveva servire a blandirlo, Mattarella, non a farlo andare su tutte le furie.
La storia è meno complicata di quanto potrebbe apparire. Il Pd, con i senatori Luigi Zanda e Dario Parrini, da giorni avevano annunciato un disegno di legge costituzionale che vietasse il bis e quindi abolisse il semestre bianco, spiegando – non loro (Zanda aveva detto che «non c’era nessun legame» ma gli influencer del Pd la raccontavano in modo opposto) che si trattava di un gesto positivo verso l’attuale inquilino del Colle che come si ricorderà in due occasioni ufficiali aveva preso posizione (citando gli autorevolissimi pareri di due ex Capi dello Stato, Antonio Segni e Giovanni Leone) esattamente contro l’ipotesi di un secondo mandato sul Colle.
Ieri Mattarella ha fatto filtrare una irrituale e irritata nota (la parola chiave è «stupore») per un iniziativa legislativa che di fatto suona come un’ulteriore conferma della posizione del Presidente sulla non opportunità della rielezione. E dunque come potete chiedermi un bis se voi stesso volete vietarlo? La domanda di Mattarella pur non pronunciata esplicitamente pone fine al caso.
La mossa di Enrico Letta, che non poteva non sapere, si è rivelata dunque un clamoroso boomerang. Fatta per venire incontro a Mattarella, ne ha irrigidito la posizione, tanto che adesso i margini per una sua rielezione sono ulteriormente ridotti. Una bella frittata cucinata al Nazareno che aveva il significato di rassicurare il presidente della Repubblica nella convinzione che il ddl costituzionale sarebbe passato entro un paio d’anni o tre, a quel punto consentendo a Mattarella di dimettersi, atto istituzionalmente dovuto dopo una modifica costituzionale che avrebbe riguardato proprio la figura del Capo dello Stato. Mai mossa fu più peregrina, giacché Mattarella non è certo uno che voglia ricorrere a sotterfugi di questo tipo. E come ha notato Pierluigi Castagnetti, «non si modifica la Costituzione per risolvere un problema politico».
La domanda però sorge spontanea: ma non si potevano parlare prima? È possibile, secondo alcune fonti, che l’interlocuzione non sia stata tra Pd e Presidente ma tra Pd e uomini della Presidenza, anche se sarebbe davvero preoccupante se vi fosse stato un misunderstanding su una questione di tale delicatezza. In che mani saremmo? Non è nemmeno da escludere che il Colle non abbia stoppato l’iniziativa di Zanda-Parrini prevedendo il cortocircuito che ne sarebbe derivato.
Sta di fatto che adesso ripescare il nome di Mattarella diventa una missione quasi impossibile. Automaticamente, salgono le quotazioni di Mario Draghi, almeno come primissima reazione al pasticcio nazareno proprio nel giorno in cui il governo ha vissuto forse la più evidente delle rotture interne a proposito del contributo di solidarietà a carico dei redditi più alti per far fronte al rincaro delle bollette, contrari i partiti del centrodestra e Italia Viva. Che Enrico Letta volesse proprio questo cortocircuito con il Colle e dentro l’esecutivo, magari per smuovere il quadro politico e andare a elezioni anticipate?