Precedente pericolosoLa controversa proposta della Commissione sui migranti al confine con la Bielorussia

Bruxelles ha deciso di allungare i tempi di trattenimento dei richiedenti asilo nei Paesi confinanti con Minsk. Secondo alcuni eurodeputati e ong, anche se si tratta di una misure eccezionali favoriranno detenzioni e pushback mascherati

LaPresse

C’è una nuova risposta all’«attacco ibrido» che la Bielorussa conduce da mesi contro l’Ue, sfruttando il desiderio di migliaia di persone migranti di entrare in Europa e favorendo il loro afflusso ai confini con Polonia, Lituania e, in misura minore, Lettonia. La Commissione europea ha proposto misure temporanee per gestire meglio le richieste d’asilo presentate nei Paesi baltici, ma l’iniziativa ha scatenato le proteste di diversi europarlamentari e organizzazioni non governative, che la ritengono sproporzionata e lesiva dei diritti umani.

La proposta della Commissione prevede una modifica temporanea delle procedure europee relative alle richieste di asilo, che per sei mesi sarebbero più «elastiche» in Polonia, Lituania e Lettonia. Le autorità di questi Stati potranno estendere il periodo di registrazione per le domande di asilo a quattro settimane, dagli attuali dieci giorni massimi consentiti. Avranno a disposizione fino a 16 settimane per valutarle:  durante questo periodo possono trattenere i richiedenti nei pressi della frontiera, invece di lasciarli liberi di muoversi sul territorio nazionale, come garantito dal diritto comunitario.

Per i migranti sarà più difficile già presentare fisicamente la propria richiesta d’asilo, perché le autorità nazionali potranno relegare l’esercizio di questo diritto solo in determinati «punti di attraversamento» della frontiera. In realtà, scrive la Commissione nel testo legislativo, in questo caso si tratta della regolarizzazione di una dinamica già esistente: «gli Stati Membri sono stati costretti dalle attuali circostanze a limitare i punti di attraversamento e hanno stanziato un significativo numero di agenti alla frontiera».

I tre Paesi baltici sono comunque tenuti a fornire assistenza concreta alle persone che arrivano ai propri confini, con cibo, acqua, indumenti, cure mediche adeguate e assistenza alle persone vulnerabili: una pratica che al momento non è prevista alla frontiera polacca, come denunciano da settimane le associazioni per i diritti umani.

Tra le misure presentate dalla Commissione ci sono inoltre procedure semplificate e più rapide per procedere al rimpatrio di chi riceve una risposta negativa alla sua domanda d’asilo, in deroga alla Direttiva europea in materia.

Per essere adottata, la proposta dovrà ottenere l’approvazione a maggioranza qualificata da parte dei ministri dell’Interno dei 27 Stati Membri, che si riuniranno nel Consiglio dell’Ue. Serve quindi il voto favorevole dei rappresentanti di 15 Paesi, il 55% del totale, con una popolazione che sommata sia almeno il 65% di quella dell’intera Unione. 

Una proposta che non convince
Il vice-presidente della Commissione Margaritis Schinas e la commissaria agli Affari Interni Ylva Johansson hanno assicurato che le nuove procedure dovranno comunque rispettare i diritti fondamentali e le garanzie previste dal diritto comunitario: l’interesse superiore del minore, la fornitura di cure mediche urgenti, il rispetto delle persone e vulnerabili e un uso proporzionato e ragionevole della forza nel mettere in atto le misure coercitive, cioè gli allontanamenti e i trattenimenti. Restano proibiti, almeno sulla carta, i pushback, i respingimenti collettivi di persone migranti effettuati senza la valutazione caso per caso di ogni singola richiesta di asilo. 

Diversi eurodeputati hanno però sottolineato le criticità di questa proposta, da esponenti di spicco liberali come Guy Verhofstadt e Sophie in ‘t Veld, fino ai gruppi di sinistra. La possibilità di trattenere i richiedenti fino a 16 settimane si configura come una «detenzione arbitraria», secondo le parole della socialista tedesca Birgit Sippel, mentre l’eurodeputata olandese dei Verdi Tineke Strik ha definito «reazionaria e poco lungimirante» l’iniziativa dei commissari. 

«In questo modo si autorizzano respingimenti de facto grazie al potenziamento della procedura dei punti di attraversamento e una sostanziale detenzione amministrativa: chi entra resterà bloccato quattro mesi in galera», dice a Linkiesta Brando Benifei, capo-delegazione del Partito democratico al Parlamento europeo.

Oltre al contenuto della proposta, non convince nemmeno la formula legislativa utilizzata, un metodo che secondo Benifei permette di aggirare il confronto politico. L’Eurocamera infatti avrà poca voce in capitolo: prima la commissione parlamentare Libertà civili e poi gli eurodeputati in seduta plenaria emetteranno solo un parere, non  vincolante, sulla proposta. «La Commissione prova a utilizzare ogni mezzo per marginalizzare il Parlamento, che in questo frangente avrà un ruolo soltanto consultivo».    

Reazioni contrariate sono arrivate anche dal mondo delle associazioni impegnate nella tutela dei diritti umani e attive nel settore delle migrazioni. «Migranti e rifugiati non sono pedine politiche. Questo crea un pericoloso precedente per il rispetto dei diritti ai confini europei, permettendo agli Stati di prendere le misure che desiderano con la scusa di una situazione di emergenza», scrive, ad esempio, in una nota EuroMed Rights. 

La critica alla Commissione verte molto su questo punto: è difficile difendere una misura emergenziale quando la stessa commissaria Johansson ha affermato che le altre iniziative prese finora, dalle sanzioni alla Bielorussia agli accordi con i Paesi di origine dei migranti, hanno significativamente ridotto la pressione alle frontiere. «Se bastano poche migliaia di persone per far saltare le regole, significa che si tratta di un cedimento politico», il commento in merito di Brando Benifei. Un duro comunicato del suo gruppo politico, i Socialisti & democratici, ha bollato la scelta come una copertura per la politica anti-migratoria degli Stati coinvolti piuttosto che come una misura necessaria dettata da circostanze straordinarie.

Secondo una stima recente dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni, ci sono al momento circa 2mila persone migranti in prossimità del confine tra Bielorussia e Polonia e 7mila in totale nel Paese governato da Aleksander Lukashenko. Meno di 8mila, invece, quelle già entrate nei territori dei Paesi baltici europei nel 2021. Numeri sicuramente poco compatibili con la definizione di «crisi migratoria» in relazione all’Europa.

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