Free PatrickZaki è libero, ma l’Egitto continuerà il suo assurdo processo politico

Il giovane egiziano è stato scarcerato dopo 22 mesi di detenzione, ma la prossima udienza del primo febbraio 2022 potrebbe concludersi con una condanna definitiva. Rischia fino a 5 anni di carcere a causa di un articolo in cui si denunciavano i mancati provvedimenti del regime di al-Sisi per garantire la sicurezza della minoranza dei cristiani copti

LaPresse

Dopo ventidue mesi di carcere, Patrick Zaki è tornato libero,  per ora. Il 7 dicembre il tribunale egiziano ha ordinato la scarcerazione del giovane studente iscritto all’Università di Bologna e detenuto in Egitto dal febbraio 2020 con l’accusa di “diffusione di notizie false dentro e fuori il paese”. Il caso Zaki però non può dirsi ancora concluso. Le accuse contro il giovane sono ancora in piedi e il primo febbraio 2022 si attende la nuova udienza. Lo studente rischia fino a 5 anni di carcere per diffusione di false informazioni a causa di un articolo in cui si denunciavano i mancati provvedimenti del regime di Abdel Fattah al-Sisi per garantire la sicurezza della minoranza dei cristiani copti, a cui lo stesso Zaki appartiene. 

Nonostante ciò, la notizia della scarcerazione è stata accolta con grande gioia all’interno dell’aula, dove erano presenti i parenti del giovane oltre alla delegazione dell’Unione europea, due diplomatici italiani e alcuni funzionari delle ambasciate di Stati Uniti, Spagna e Canada. I legali di Zaki temevano l’ennesimo prolungamento della detenzione preventiva, a cui il giovane è stato sottoposto negli ultimi ventidue mesi. Le udienze tenutesi fino a ieri si sono sempre concluse con un nulla di fatto e con un rinnovo della detenzione del giovane, trasferito tra l’altro dal carcere di Mansura, sua città natale, a quello di Tora al Cairo, noto per la durezza dei trattamenti riservati ai detenuti. Per più di cinque mesi gli è stato anche negato il diritto a ricevere visite familiari, ufficialmente a causa delle restrizioni imposte dal governo per contenere i contagi da coronavirus. 

La difesa
L’udienza in cui si è decisa la scarcerazione di Zaki è stata breve. La sospensione è arrivata dopo soli quattro minuti, dopo che il capo del team della difesa, Hoda Nasrallah, aveva chiesto di aver accesso a tutte le prove a carica del suo cliente, facendo specifico riferimento alle immagini delle telecamere di sicurezza dell’aeroporto del Cairo. Zaki è stato fermato il 7 febbraio durante il controllo passaporti e portato in un edificio della National security agency dove, secondo i suoi avvocati, sarebbe stato picchiato, torturato con scosse elettriche, abusato verbalmente e minacciato di stupro. 

Nelle carte delle indagini, però, è riportato che il giovane è stato arrestato l’8 febbraio a Mansura, mentre era nell’abitazione della sua famiglia. Tramite le registrazioni dell’aeroporto, la difesa vuole invece dimostrare che Zaki è stato prelevato appena atterrato in Egitto e che il suo arresto è stato formalizzato solo 24 ore dopo. Gli avvocati hanno anche richiesto l’accesso al verbale redatto dal funzionario della Sicurezza nazionale riportante l’arresto al Cairo e a quello in cui viene ufficialmente registrato il fermo a Mansura del giovane. La difesa ha anche chiesto di poter ascoltare la testimonianza del fratello di un soldato cristiano ucciso da terroristi islamici, per dimostrare che quanto riportato da Zaki nell’articolo uscito nel 2019 sul portale el-Daraj corrisponde al vero. 

La stampa egiziana 
La notizia dalla scarcerazione di Zaki ha riempito i media italiani, ma ha invece trovato poco spazio in Egitto. Alcuni giornali online indipendenti in lingua inglese e che sfuggono alle maglie della censura hanno dato la notizia della sentenza emessa ieri dal giudice, ma la questione è passata abbastanza sotto traccia nel paese nordafricano. Il tema d’altronde è piuttosto delicato. Zaki è ufficialmente accusato di diffusione di notizie false, ma le motivazioni hanno una forte connotazione politica e riguardano sia il trattamento riservato nel paese alla minoranza copta, quanto (più indirettamente) il lavoro svolto dal giovane a Bologna all’interno della comunità Lgbt. 

I rapporti con il Cairo
Eppure i rapporti tra Egitto e Italia in questi ventidue mesi non hanno subito alcuna modifica. I due paesi continuano ad avere normali rapporti diplomatici e commerciali, come dimostra anche la recente partecipazione delle maggiori aziende dalla Difesa all’Expo militare tenutosi al Cairo. D’altronde nemmeno l’omicidio del ricercatore Giulio Regeni e i continui depistaggi operati dai servizi di intelligence e di sicurezza sono stati sufficienti perché il governo italiano facesse le dovute pressioni alla controparte egiziana. Per quanto riguarda quest’ultima vicenda, si attende adesso la data del 10 gennaio, quando si terrà una nuova udienza davanti dal Gup di Roma dopo la pubblicazione della relazione finale della Commissione parlamentare d’inchiesta sulla morte del giovane ricercatore. Una data vicina a quella della prossima udienza di Patrick Zaki, che potrebbe concludersi con una condanna definitiva e senza appello.

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