Mandiamoci l’esercito! Sembrava una battuta e invece sembra che per garantire il più possibile la scuola in presenza andrà esattamente così. Di cosa parlo? Della circolare di Bianchi e Speranza che è stata diramata e nell’arco di ventiquattr’ore sconfessata, dopo un intervento molto deciso del presidente del Consiglio Mario Draghi.
Che faceva la circolare? Nei fatti riportava indietro il calendario di un anno e ripristinava le regole per le quarantene a scuola dello scorso anno scolastico, ignorando quindi il fatto che dallo scorso anno a questo è cambiata una cosa non da poco: abbiamo i vaccini. Cosa non è cambiato? Le ASL non riescono a stare dietro ai tamponi e al tracciamento: quello di novembre era un protocollo troppo ambizioso, sembrano dirci un mese dopo averlo approvato.
In tutti gli ambiti si prova a convivere con un virus che non ci lascerà molto presto distinguendo tra chi è vaccinato e chi non lo è, ma in quello scolastico no, lì le cose devono essere diverse. In questi due anni la giustificazione per questo trattamento speciale (del quale a farne le spese sono le studentesse e gli studenti) è stata «dopo due lockdown, non posso mica chiudere le fabbriche e i negozi!», oppure: «La scuola coinvolge milioni di persone: è normale che si parta da lì».
Considerazioni di buon senso, ma se il governo è consapevole che le ASL non riescono a stare dietro al tracciamento (e questo lo sappiamo da due anni), che l’economia non può reggere un nuovo lockdown (e questo lo sappiamo, almeno, dal primo lockdown), che la scuola coinvolge milioni di individui (e questo lo sappiamo da sempre) dopo due anni non posso cascare dal pero.
Ora la palla passa al Generale Figliuolo che ha deciso, appunto, di mandare l’esercito a fare i tamponi casa per casa. Tutto è bene quel che finisce bene? Per capire se sarà davvero così penso che si debbano guardare in faccia i problemi, che sono a mio avviso di tre ordini.
Primo ordine di problemi. Il presidente del Consiglio promette che la didattica in presenza sarà una priorità e propone agli studenti della secondaria e alle loro famiglie la più classica delle politiche all’insegna del cosiddetto nudging: tu ti vaccini e io faccio di tutto per non chiudere le scuole. In un contesto così, non un ministero, ma due diramano una circolare che di fatto sconfessa entrambe le promesse senza dire nulla al presidente del Consiglio. Direi che così proprio non va: e non è la prima volta, visto che era già capitato con la sciagurata firma sotto un accordo che regalava i tamponi al personale della scuola che non voleva vaccinarsi per far ottenere loro il green pass. Anche in quel caso, intervento di Palazzo Chigi e poi il più classico dei “contrordine compagni!”.
Secondo ordine di problemi. Quando si dice che non si possono scaricare sulle scuole le inefficienze dell’amministrazione statale, correttamente si intende che non possono essere sempre gli studenti a pagare il prezzo per ritardi o difficoltà burocratiche. Però il senso della affermazione va ampliato: non possono nemmeno essere le segreterie delle scuole, i collaboratori del dirigente scolastico e il dirigente stesso a vedersi caricare addosso tutto quel peso. Cambiare le regole per le quarantene tre volte in due giorni, come è accaduto nelle giornate di martedì e mercoledì, è solo l’ultimo esempio, certamente il più macroscopico, ma non l’unico. Ad esempio è il protocollo stesso a generarne, di quotidiani. Senza scendere nei dettagli, basti sapere che se la ASL tarda a dare risposte su quando e a chi fare i tamponi è alla scuola che spetta gestire i casi. E questo vuol dire classi precauzionalmente in quarantena, con conseguenze immaginabili sull’organizzazione, ma anche sul rapporto scuola famiglia. Discussioni, stress, caos, perdita di fiducia nello Stato… in contesti che non sempre – anzi quasi mai anche se questa cosa il dibattito pubblico sulla scuola tende a rimuoverla – corrispondono al liceo classico del centro città; contesti nei quali la scuola potrebbe essere l’unica presenza dello Stato assieme alla Caserma dei Carabinieri.
Basta ascoltare chi lavora a scuola per rendersi conto che da due anni ciò che funziona lo fa solo grazie alla loro abnegazione. È comprensibile un certo sconcerto e non è necessario conoscere l’incipit delle Catilinarie per domandarsi per quanto tempo ancora Bianchi e Speranza vorranno abusare della loro pazienza. A proposito: ma riconoscere anche nel contratto che si andrà a rinnovare a breve le responsabilità del cosiddetto middle management? Non sarebbe anche questo un modo concreto per dimostrare coi fatti che questo governo tiene davvero al buon funzionamento della scuola?
Terzo ordine di problemi. Come già accennato, la doppia promessa di cui sopra si sostanzia in un protocollo che per funzionare ha bisogno che tutti gli ingranaggi si incastrino alla perfezione come in un orologio svizzero: in particolare devono funzionare le ASL e il rapporto tra le ASL e le scuole. Sappiamo dal primo lockdown che quel rapporto è uno degli elementi più critici: il governo, investendo Figliuolo del problema, ha finalmente preso atto del fatto che se decidi d’investire sulla scuola in presenza, è necessario che i tamponi agli studenti si facciano davvero entro poche ore dall’individuazione di un caso positivo. Ci sono però altri elementi che non sono delegabili all’esercito e che vanno risolti. Ne segnalo un paio: perché il tampone possa essere eseguito, qualcuno deve decidere a chi quel tampone va fatto, ciascuna scuola dovrebbe avere all’interno della ASL di riferimento un interlocutore unico e non mi risulta sia sempre così.
Se non si affrontano questi ordini di problemi, i primi di natura politica, i secondi di natura anche amministrativa, ma prevalentemente politici e i terzi di natura quasi esclusivamente amministrativa, difficilmente le promesse del presidente del Consiglio potranno essere mantenute. E a quel punto, per restare nella metafora bellica, si rischia una Caporetto. Non solo per i nostri studenti, ma anche per la credibilità di Bianchi e Speranza e con loro di chi li ha scelti e (fino a qui, almeno) sempre difesi nonostante tutto e tutti.