A parte il non piccolo inconveniente di non rivolgersi la parola, le rette di Matteo Renzi e Carlo Calenda stanno viaggiando come le parallele che com’è noto non s’incontrano mai. Ed è una situazione politicamente curiosa. Perché in ultima analisi entrambi coltivano la stessa idea: creare qualcosa di nuovo in alternativa sia alla destra egemonizzata dal sovranismo che alla sinistra a trazione populista. Una “Cosa” che sbrigativamente chiamiamo “centro”. Non si incontrano, le due rette, certo perché ormai il grumo di ostilità/rivalità politica e personale si è davvero addensato oltre il limite; ma soprattutto perché le ricette per costruire questo nuovo centro o come lo si voglia chiamare differiscono non poco.
Da una parte, Renzi è convinto che in questa fase sia opportuno cogliere l’occasione della Grande Corsa al Quirinale per inventare nuove geometrie a livello parlamentare, dove Italia viva ha l’opportunità di creare un pacchetto di mischia determinante per qualunque soluzione. Di qui la prima intesa con Coraggio Italia di Giovanni Toti e Luigi Brugnaro, in attesa di agganciare altri parlamentari, nella grande palude né di destra né di sinistra.
Da parte sua Calenda respinge questa visione politicista di Italia viva e ritiene che questo centro vada costruito dal basso (infatti lui sta girando l’Italia in vista del congresso di Azione) e non attraverso alchimie parlamentari, e meno che mai inseguendo una vecchia volpe come Clemente Mastella («Teneteci fuori da centri, Mastella e simili»), tornato sulla ribalta nazionale con “Noi di centro” altrimenti detti “i terrapiattisti di centro” – questo è il livello – cioè l’ennesimo intruppamento per condizionare il gioco politico a breve (il Quirinale, appunto) e inventarsi qualcosa per le elezioni politiche. È mercato politico, non strategia.
Entrambi, Renzi e Calenda, sono dunque partiti con un medesimo obiettivo politico – scardinare questo bipolarismo ammaccato – ma con due itinerari diversi, due filosofie differenti. Per come si stanno mettendo le cose, pare proprio di poter escludere una reunion tra i due, o anche solo una empatia a livello di quadri e militanti, che ormai sui social se le danno di santa ragione. In questa fase, a Calenda dei giochi tra i partiti non importa nulla, e non vuole che i suoi parlamentari di Azione si arruolino nel super-centro che Renzi vuole mettere su in vista delle votazioni per il nuovo Presidente della Repubblica, tanto che, a quanto ha riferito Repubblica, avrebbe stoppato il senatore Matteo Richetti che voleva entrare in un gruppo in allestimento con quelli di Coraggio Italia (Toti, Brugnaro, Quagliariello).
C’è poi una questione più di fondo. Non è chiaro se dentro questo cartellone centrista ci siano esponenti che intendono il centro come “lenitivo” del centrodestra, cioè come strumento per contrastare dall’interno l’egemonia sovranista magari saldandosi con la Nouvelle vague di Forza Italia di Carfagna, Brunetta, Cangini; così come è possibile che altri vogliano un centro che guardi a sinistra (ci perdoni Alcide De Gasperi…), cioè un potenziale elemento di un centrosinistra “depurato” dal residuo populismo dei Cinquestelle oggi nelle mani del disprezzato Giuseppe Conte: sembra questa l’ispirazione di Marco Bentivogli o, all’interno di Iv, di Gennaro Migliore e altri. Quella di una sfida al Pd di Letta per sollecitarlo a divincolarsi dall’abbraccio con i grillini.
Dunque, è proprio questa nozione di “centro” che sta facendo venire il mal di testa a protagonisti e osservatori: anche perché finora segni clamorosi di sgretolamento del bipopulismo non se ne vedono, anche se le difficoltà di iniziativa sia del centrosinistra che del centrodestra sono evidenti. E non a caso in queste ore prendono quota due nomi distanti dai due poli, Mario Draghi e Marta Cartabia (intercambiabili per palazzo Chigi e Quirinale) “garanti” di un quadro politico che darebbe al centro il tempo di manifestarsi.
In questa confusione, come detto, c’è il piccolo particolare che i protagonisti di questa “epifania centrista” sono personalmente insofferenti gli uni verso gli altri. Lodevole da questo punto di vista la vera e propria impresa di Bentivogli che riesce a mettere a uno stesso tavolo (oggi alle 18,30 al Tempio di Adriano a Roma) Calenda, Maria Elena Boschi e Graziano Delrio che con lui discuteranno di lavoro e di prospettive politiche. Rimettere insieme è un tentativo che forse vale la pena di tentare ma certo è una fatica di Sisifo.