Sul passaggio all’idrogeno il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, ha spiegato che le strade possibili sono due: blu o verde. Se vogliamo partire subito, dovremmo puntare sull’idrogeno blu prodotto dal metano, con lo stoccaggio sottoterra dell’anidride carbonica di scarto. Se invece vogliamo l’idrogeno verde, prodotto dall’acqua tramite l’elettrolisi a zero emissioni, ci servono 70 nuovi gigawatt di rinnovabili. Che, a oggi, l’Italia non ha. La transizione, in questo secondo caso, richiederà quindi più tempo. «Deciderà il Parlamento», ha detto Cingolani.
Intanto, sul nuovo “oro verde” il governo Draghi ha puntato 3,19 miliardi dei 59,33 previsti per la transizione ecologica nel Recovery Plan. La cifra, in termini assoluti, è maggiore di quelle previste nei Pnrr di Parigi e Berlino. Ma la Germania, con il 24 per cento delle risorse destinate all’idrogeno sul totale dei progetti ecologici, è il Paese che si colloca al primo posto in Europa per il peso dato all’hydrogen spending nella transizione verde.
Per raggiungere gli obiettivi del Green Deal, la Commissione europea stima che l’Ue dovrà incrementare di 500 GW la produzione di energia da fonti rinnovabili entro il 2030. E tra le azioni da intraprendere nei Piani nazionali di ripresa e resilienza, in linea con la “Strategia idrogeno”, Bruxelles ha chiesto ai singoli Stati di installare 6 GW di capacità di elettrolisi e di produrre fino a 1 milione di tonnellate di idrogeno rinnovabile entro il 2025.
Il terzo capitolo della missione 2 del Pnrr italiano (quella della “Rivoluzione verde”) è dedicato interamente all’idrogeno. Il documento inviato a Bruxelles destina 2 miliardi alla riconversione delle imprese più dispendiose sul piano energetico; 160 milioni alla ricerca; 500 milioni alla produzione di idrogeno con la creazione delle “hydrogen valleys” nelle aree industriali dismesse; 530 milioni alla sperimentazione nel trasporto stradale e ferroviario; e 450 milioni a finanziare lo sviluppo tecnologico nelle filiere di transizione verso l’idrogeno.
Nel Pnrr si prevede l’installazione in Italia di circa 5 GW di capacità di elettrolisi entro il 2030. Con la stima che, tra nove anni, il peso dell’idrogeno nei consumi finali di energia arrivi al 2 per cento, per salire poi al 20 per cento entro il 2050. Il fulcro del progetto è la creazione delle “hydrogen valleys”, con le quali si prevede di dare una seconda vita alle aree industriali dismesse. Per contenere i costi, si privilegeranno però le zone già collegate alla rete elettrica. In una prima fase il trasporto dell’idrogeno alle industrie potrebbe avvenire o su camion o, nel caso in cui l’area abbandonata sia già allacciata alla rete del gas, su condotte esistenti in miscela con gas metano al 2 per cento. La previsione è di produrre inizialmente tra 1 e 5 MW per sito.
In vista della decarbonizzazione, il Recovery Plan prevede poi di avviare anche la conversione all’idrogeno dei settori industriali più energivori. Per il chimico e la raffinazione del petrolio, si punta a sostituire l’idrogeno grigio con quello a basse emissioni. Ma l’attenzione è soprattutto alla produzione di acciaio, «uno dei settori “hard-to-abate” dove l’idrogeno può assumere un ruolo rilevante in prospettiva di progressiva decarbonizzazione». E qui il riferimento è in particolare all’ex Ilva di Taranto. La transizione, si specifica però, «sarà graduale e distribuita nel tempo con l’obiettivo di sviluppare competenze e nuove tecnologie in modo competitivo».
Ma, se sono i trasporti i principali responsabili delle emissioni, è anche lì che si proverà a introdurre l’idrogeno. Il Pnrr punta a una prima conversione dei camion a lungo raggio. Secondo le linee guida preliminari della Strategia idrogeno nazionale, sarà possibile arrivare a una penetrazione dell’idrogeno nel trasporto su gomma fino al 5-7 per cento del mercato entro il 2030. Ed entro il 2050, si potrebbe convertire fino all’80 per cento dei camion, coinvolgendo anche le auto delle flotte aziendali. Per il trasporto ferroviario, invece, l’obiettivo è convertire all’idrogeno le linee non elettrificabili nelle regioni con un elevato traffico di passeggeri che utilizzano ancora treni diesel. La previsione è di creare 40 stazioni di rifornimento a idrogeno per camion e auto, mentre per i treni si punta a convertire nove stazioni di rifornimento su sei linee ferroviarie entro il 2030.
Ma per realizzare tutto questo, entro i limiti di tempo previsti nel Recovery Plan, serviranno una grossa semplificazione normativa e nuove leggi. Tra le riforme, si prevedono la costituzione di uno sportello unico per la concessione delle autorizzazioni a produrre, una legge per promuovere la competitività, degli incentivi fiscali e una revisione della tassazione dei prodotti energetici. Cingolani ha già segnato le scadenze in calendario. Entro il 30 giugno 2022 dovrà entrare in vigore la norma con le misure fiscali per promuovere la competitività dell’idrogeno verde nei trasporti. Il 31 marzo 2023 invece è la deadline fissata per la legge sulla promozione dell’idrogeno come fonte di energia rinnovabile.