HighlanderGli investimenti della Silicon Valley per frenare l’invecchiamento umano

Sono sempre di più le startup che cercano di rallentare il passaggio del tempo nelle cellule umane, una su tutte Calico, di proprietà di Google. L’obiettivo è ambizioso e forse lontanissimo, anche perché i processi finora sperimentati hanno effetti collaterali molto gravi

di Angely Acevedo, da Unsplash

Dall’antica Cina all’India, passando per il mondo greco-romano fino all’Europa medioevale: la chimera della scoperta di un elisir di lunga vita è una tradizione universale che si tramanda nei secoli.

Da una parte, il progresso della medicina che ha caratterizzato l’epoca moderna ha parzialmente soddisfatto l’ambizione di prolungare la durata dei nostri cicli vitali, grazie anche al generale miglioramento delle condizioni di vita della gran parte degli esseri umani presenti sul pianeta. Il rovescio della medaglia è stata la consapevolezza che, a livello scientifico, non si può fermare l’ineluttabile declino dei nostri organismi. Forse però, è possibile rallentarlo in maniera significativa.

Mercoledì 18 gennaio è stato ufficializzato il lancio di Altos Labs, la startup che godrà del più grande finanziamento della storia: 3 miliardi di dollari. È stata annunciata come una comunità di scienziati e personalità di spicco del mondo accademico e commerciale (è coinvolto anche Jeff Bezos) che lavorerà in maniera congiunta a una missione ben precisa: frenare l’invecchiamento umano. L’azienda si concentrerà sullo studio di biotecnologie dedicate a svelare la profondità dei meccanismi di programmazione del ringiovanimento cellulare.

Altos avrà sede inizialmente negli Stati Uniti (nella San Francisco Bay Area e a San Diego) e nel Regno Unito, a Cambridge, ma intratterrà importanti collaborazioni anche in Giappone. L’attività delle varie sedi sarà ripartita tra due sezioni: gli Altos Institutes of Science, che perseguiranno obiettivi scientifici e integreranno le loro scoperte in un unico sforzo di ricerca collaborativa, e gli Altos Institute of Medicine, che punteranno all’acquisizione di conoscenze relative alla salute cellulare e allo sviluppo di farmaci trasformativi.

Tra i grandi nomi coinvolti nel progetto spiccano quello di Juan Carlos Izpisua Belmonte, biologo spagnolo già noto per i suoi curiosi esperimenti sulla creazione di embrioni di scimmie contenenti cellule umane (che avevano destato perplessità etiche tra la comunità scientifica) e quello di Steve Horvath, sviluppatore di quello che è stato definito “l’orologio epigenetico” (o orologio di Horvath), una tecnica per misurare l’età degli esseri umani sulla base di 353 marcatori epigenetici in grado di mostrare i segni del passaggio del tempo sul corpo dell’uomo.

Il presidente del consiglio scientifico sarà Shinya Yamanaka, co-vincitore del premio Nobel per la medicina nel 2012 e scopritore delle cellule staminali pluripotenti indotte, una rivelazione che aveva aperto alla possibilità di riportare cellule adulte sviluppate a uno stadio simil-embrionale.

Il lavoro dello scienziato giapponese è stato ripreso sul fronte europeo, ispirando – nel corso dell’ultimo decennio – gli esperimenti di Manuel Serrano, dell’Istituto di ricerca in biomedicina di Barcellona. Serrano ha applicato le “staminali Yamanaka” a topi vivi, ottenendo risultati contrastanti: le creature sottoposte al trattamento hanno mostrato evidenti segni di ringiovanimento ma hanno anche sviluppato teratomi, forme rare di tumore che contengono più tipi di tessuto (tra cui denti, capelli e muscoli).

Cosa si deduce da questi studi, quindi? In primis, che l’invecchiamento umano è uno dei problemi biologici più difficili da contrastare. Il fatto che i genitori con cellule vecchie possano dare vita a bambini piccoli dimostra come la natura abbia già nelle sue corde la riprogrammazione cellulare: ereditiamo il materiale genetico dai nostri genitori, che viene cancellato dai cambiamenti legati all’età (dopo la fecondazione) per assomigliare a qualcosa che si avvicini al codice genetico originale. Tale processo risulta però difficile da emulare in laboratorio, e le sperimentazioni di Serrano suggeriscono che la riprogrammazione può sortire effetti indesiderati, come risvegliare i geni che causano il cancro.

Questo, tuttavia, non sembra fermare le ambizioni di alcuni grandi finanziatori. Altos Lab non è nemmeno il primo esempio di realtà nata con l’ambizione di fermare le lancette dell’orologio organico umano: il suo predecessore si chiama Calico ed è nato anch’esso nella Silicon Valley, sotto l’ala protettrice di Google.

Nel 2013, la rivista Time aveva dedicato la copertina del numero del 30 settembre proprio alla neonata azienda che avrebbe concentrato le sue ricerche sulla longevità umana, titolando «Can Google solve death?». All’epoca, il Ceo di Google Larry Page aveva dichiarato: «dovremmo puntare alle cose che sono davvero, davvero importanti, e tra 10 o 20 anni le avremo fatte».

Da allora però, Calico ha iniziato a operare sottotraccia, riducendo la comunicazione mediatica al minimo indispensabile. Come sottolineato in un articolo del sito Vox.com del 2017, nei (soli) dodici comunicati stampa diffusi dall’azienda risultavano ampie descrizioni di collaborazioni con laboratori esterni e aziende farmaceutiche, la maggior parte dei quali si concentrava sugli obiettivi di una missione estremamente vaga relativa alla «ricerca sull’invecchiamento e sulle malattie associate». Da allora, la situazione non è cambiata poi molto.

Su altri fronti però, la ricerca di una “formula Benjamin Button” ha prodotto risultati eclatanti. Ne è un esempio una ricerca pubblicata sulla rivista Nature nel dicembre 2020, firmata dal biologo molecolare David Sinclair della Harvard Medical School di Boston.

In sintesi, il lavoro di Sinclair ha dimostrato che le cellule nervose della retina dell’occhio, se opportunamente “riprogrammate”, possono ringiovanire e recuperare le funzioni perse. Vale a dire: una vista migliore. Anche in questo caso, gli esperimenti sono stati condotti su alcuni esemplari di topi. L’ipotesi dell’applicazione dello stesso procedimento su tessuti umani, tuttavia, apre a orizzonti di portata rivoluzionaria.