Premierato forteDraghi torna a fare Draghi sul Covid e dimostra che il ruolo dove serve è Palazzo Chigi

Il raggiungimento del quasi obbligo vaccinale è merito del presidente del Consiglio, che è riuscito a far passare una misura tosta che Conte e Salvini non volevano. Il risultato conferma la sua leadership e che spostarlo al Quirinale è una cattiva idea

Roberto Monaldo / LaPresse

Il governo Draghi batte un colpo, e forte. Diciamo la verità: sarà per l’illusione ottica dopo la conferenza stampa di fine anno, ma negli ultimi giorni si era avuta l’impressione di un Draghi forse un po’ distolto dalla vicenda del Quirinale e per così dire meno presente nell’azione di governo. E invece, non senza fatica, ieri il governo ha varato un decreto che contiene una misura “tosta”, l’obbligo vaccinale per tutti gli over 50 e politicamente ricompone le divisioni nella maggioranza. Anche i Cinquestelle, che avevano alzato le barricate, hanno dovuto abbassarle.

Se infatti bisogna valutare le scelte del governo con un occhio politico, c’è da segnalare una piena ripresa di leadership del presidente del Consiglio che alla fine ha fatto passare una misura dura che, pur non essendo quell’obbligo di vaccinazione generalizzato chiesto da Pd, Italia viva, LeU e Forza Italia (che bel “campo largo” eh), costituisce comunque una risposta che apre una nuova fase della battaglia contro il Covid: mai si era giunti a un decreto con una misura così netta.

L’altra mediazione di Draghi è stata sull’obbligo del green pass (cioè basterà anche solo il tampone negativo) per i lavoratori e per accedere ai servizi pubblici, o per andare in banca, dal parrucchiere, al centro commerciale. Su questo la Lega aveva puntato i piedi: dunque niente Super green pass (cioè la certificazione della vaccinazione o della guarigione) per lavorare, vanno bene anche i tamponi.

La somma delle due misure è vicinissima ad un obbligo vaccinale di fatto. Il massimo che si poteva fare. E diciamo la verità: sarà per l’illusione ottica derivante dalla conferenza stampa di fine anno, ma negli ultimi giorni si era avuta l’impressione di un Draghi forse un po’ distolto dalla vicenda del Quirinale e per così dire meno presente nell’azione di governo. Nel gran ballo viscontiano attorno al Colle di tutto era emerso e quotidianamente emerge oscurando la figura del premier. E come succede in questi casi non appena cala la forza del premier vengono avanti i protagonismi non sempre motivati dei partiti, in questo caso del M5s che prima ha voluto interpretare il ruolo del partito contrario all’obbligo vaccinale in vista di una strizzatina d’occhio ai no vax e poi si è inchinato alla scelta di Draghi e della Lega che ha fatto il bello e il cattivo tempo.

Le scelte di ieri del Consiglio dei ministri (da non dimenticare la volontà di riaprire normalmente le scuole il 10 gennaio) sono dunque la conseguenza, la risposta, all’incredibile diffusione dei contagi, dei decessi e, in una misura ancora governabile, dei ricoveri. Con Omicron che circola velocissima e Delta che in parte persiste, l’Italia ha avuto circa 400 morti in due giorni. C’è poco da scherzare sulla “raffreddorizzazione” del virus. Di qui la stretta decisa ieri.

Ed è, va detto anche questo, una razionalizzazione di una serie di indicazioni che nel complesso erano risultate piuttosto confuse. Non mancheranno naturalmente gli opposti estremismi di chi griderà all’attentato alla libertà individuale e di chi specularmente lamenterà la timidezza delle decisioni, ma questa ormai è una condizione permanente quando si va ad una scelta di mediazione: gli estremisti strillano.

Dunque, dopo il Consiglio dei ministri di ieri Draghi torna a prendersi la scena confermando una volta di più che senza questo premier sarebbe impossibile tenere in piedi un qualunque governo, specie un governo con una maggioranza così composita. Fino a due giorni fa la maggioranza era davvero spaccata dentro un quadro generale abbastanza sfilacciato. Bisogna chiedersi se in una condizione analoga un primo ministro diverso da Mario Draghi – anche nel caso, come viene auspicato da più parti, che a guidare l’esecutivo fosse un politico puro espresso dal Pd o da un altro partito – avrebbe saputo mediare, pur con tutte le difficoltà della situazione, come ha saputo fare lui.

È lecito dubitarne. A riprova che un governo diverso da quello guidato da Draghi non esiste. Ci pensi chi vuole mandarlo al Quirinale.

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