Serve tempo, anche solo qualche giorno in più è una boccata d’ossigeno. Oggi finalmente Roberto Fico, dominus assoluto dell’assemblea dei Grandi elettori, comunicherà la data della prima votazione per l’inizio della Super Corsa al Quirinale. Si parte al buio. Per questo dai piani altissimi dello Stato si spinge per iniziare non prima del 26 gennaio. E c’è una ragione fortissima per spostare più in là possibile lo start della corsa. La diremo tra poco.
Va innanzi tutto premesso che il buon proposito di eleggere il Presidente alla prima votazione, o nelle prime tre (con il quorum alto di due terzi, 673 voti) con il passare di giorni appare sempre più utopistico. I due big, Sergio Mattarella e Mario Draghi, a meno che non caschi il mondo, non saranno della partita: l’attuale Presidente andrebbe scongiurato da tutti per restare al Colle e non pare aria, mentre il premier ormai da troppi viene ritenuto indispensabile a palazzo Chigi per continuare a guidare il Paese in piena emergenza Covid e con tutta la complessità della gestione del Piano di resistenza e resilienza.
E d’altra parte il sistema politico non possiede in questa circostanza le sue armi migliori, e cioè la forza dei partiti, la disciplina dei parlamentari, l’esercizio della leadership. Un tempo alla fine c’era sempre qualcuno che decideva. Francesco Cossiga venne eletto nell’85 alla prima votazione dopo un decisivo colloquio fra Ciriaco De Mita e Alessandro Natta, segretari di Dc e Pci. E anche l’altro Presidente eletto al primo colpo, Carlo Azeglio Ciampi, venne fuori dopo un incontro a casa di Walter Veltroni con Gianfranco Fini e Pierferdinando Casini. Ma oggi dove sono i leader in grado di portare 673 Grandi elettori (i due terzi) a scrivere lo stesso nome sulle schede?
Oltretutto c’è l’allarme-Omicron che, come abbiamo già scritto, rischia di imballare tutto il sistema, a cominciare dal fatto che un alto numero di contagiati, dato che il quorum sarebbe uguale, renderebbe ancora più difficile qualunque soluzione. E tra contagiati e fisiologici franchi tiratori è probabilissimo, per non dire certo, che si andrà alla quarta votazione quando è sufficiente la maggioranza assoluta, 505.
Ma c’è una novità importante di cui si parla in queste ore e che grazie anche ad una congiunzione temporale favorevole, sembrerebbe in grado di risolvere il rebus. Sul nome di Giuliano Amato. Che il 28 gennaio verrà eletto presidente della Corte Costituzionale, just in time. Pronto per essere eletto, da presidente della Consulta, nuovo Capo dello Stato: un trasloco semplice – passerebbe da un palazzo a quello che gli sta di fronte, come già avvenne a Sergio Mattarella (che era giudice della Corte, non Presidente).
Sul nome di Amato potrebbe determinarsi una maggioranza larga perché si tratterebbe di un’altissima figura di garanzia con un gigantesco curriculum politico alle spalle, un uomo proveniente dal mondo riformista e di centrosinistra ma da molti anni certo non un “militante”: una figura che dunque non avrebbe dunque alcuna difficoltà (certo meno di ogni altro) a «spogliarsi di ogni precedente appartenenza», come ha chiesto Mattarella nel suo discorso di fine anno.
Sembrerebbe l’uovo di Colombo. Ma da qui ad allora se ne vedranno di tutti i colori, in un Parlamento dominato da mille follie. Tra queste, l’esorbitante e per certi versi inquietante ego di Silvio Berlusconi, al quale si attribuiscono iniziative minacciose nei confronti dei parlamentari che non volessero votarlo. Oppure la curiosa richiesta dei Cinque Stelle per un bis di quel Mattarella di cui chiesero l’impeachment. E tuttavia nel buio della Grande Corsa per la prima volta si delinea una soluzione sul nome del prossimo – per poche ore – Presidente della Corte Costituzionale.