Il Quirinale dei veti incrociatiÈ l’ora delle «queenmaker» per Marta Cartabia, dice Emma Bonino

«Sarebbe un segnale potente, di cambiamento positivo, vedere una donna ai vertici della Repubblica dopo tante chiacchiere» sui candidati uomini, spiega la senatrice di Più Europa. Al quinto scrutinio di oggi il centrodestra sembrerebbe intenzionato a puntare sulla presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati

Emma Bonino
Tiziana FABI / AFP

Dopo la fumata nera anche sulla quarta votazione per la presidenza della Repubblica, al quinto scrutinio di oggi il centrodestra sembrerebbe intenzionato a puntare su un proprio candidato. L’ipotesi più probabile è quella della presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati. Se non dovesse raggiungere la maggioranza, la coalizione potrebbe virare su Pier Ferdinando Casini o Mario Draghi. Tra gli altri nomi in lizza, ci sono quelli di Franco Frattini, Giampiero Massolo e Sabino Cassese.

Il giurista 86 enne ha detto che «le cariche pubbliche non si sollecitano e non si rifiutano». Ma ormai la partita per il Quirinale si è trasformata in un gioco dei veti incrociati tra i partiti. Un metodo «insopportabile», secondo la senatrice di Più Europa Emma Bonino. «Tutto avviene in conciliaboli carbonari di cui non si sa nulla, altro che centralità del Parlamento. Non mi stupisce, ma mi addolora: non stiamo dando un bello spettacolo, il Paese è bloccato», commenta sulla Stampa.

«Da una parte potremmo dire che è già accaduto in passato che si sia andati per le lunghe, ad esempio quando sul Quirinale si giocavano scontri durissimi anche dentro i partiti come la Democrazia cristiana. Oggi invece dobbiamo dire che si è arrivati impreparati, come se nessuno sapesse quello che ci attendeva. I partiti della maggioranza dovevano sedersi per tempo e cercare una soluzione che tenesse insieme Quirinale e governo. E invece in Parlamento è ancora buio pesto, incertezza totale: quello che non piace agli italiani e non piace in Europa», spiega.

Con Più Europa e Azione, Bonino ha lanciato nella corsa al Colle la ministra della Giustizia Marta Cartabia. «Non è un nome “nostro”, cioè appartenente ai nostri movimenti o direttamente alle nostre culture politiche, ma è una persona qualificata e adatta al ruolo», dice la senatrice. «E, in più, è una donna: sarebbe un segnale potente, di cambiamento positivo vedere una donna ai vertici della Repubblica dopo tante chiacchiere. Non è ascrivibile a uno schieramento, ma fa parte dell’attuale governo in una posizione di rilievo. Noi abbiamo solo cinque voti, ma continuiamo a pensare che, fallito il negoziato sui candidati maschi, farebbero bene a considerare le donne qualificate per il Quirinale, a partire da Marta Cartabia».

L’altro nome femminile che si è fatto è quello di Elisabetta Belloni. «Non so se sia una opzione davvero in campo: conosco e stimo Elisabetta che ho conosciuto per le sue qualità alla Farnesina», dice Bonino. «Il fatto che da qualche mese sia a capo dei servizi segreti sarebbe probabilmente un’anomalia, ma certo non l’unica e non la principale di questa stagione».

E dove collocare invece il premier Mario Draghi? «Considero Draghi premier un passo in avanti e non un passo indietro della politica: in un momento difficile i partiti hanno fatto la scelta migliore nell’interesse dell’Italia e anche dell’Europa», risponde la senatrice. «La politica vince quando sceglie, perde quando rinvia le decisioni per incapacità o immaturità».

Draghi, prosegue, «si è dimostrato capace di guidare con energia ed equilibrio il governo in tempi difficili, che non sono finiti. Pensare a una maggioranza che prosegua senza di lui è complicato. Bisognerebbe avere un progetto e una coesione complessiva che non vedo».

Mentre una bella fetta del Parlamento, però, continua a spingere per il Mattarella bis. «È un grande presidente, ma ha chiarito la sua posizione, mi sembra», risponde. «Inutile strattonarlo; e lui non si fa strattonare. Certamente non guarderà con distacco l’evoluzione di questo stallo, e sono certa che si auguri una evoluzione positiva».

Intanto, Matteo Salvini sta provando a ricoprire il ruolo di kingmaker, cercando di intestarsi la scelta del candidato. Ma, come ha detto Matteo Renzi, ha fallito «l’esame di maturità». «Forse, più che kingmaker, servirebbero delle “queenmaker”», conclude Emma Bonino.

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