Il formaggio come una voltaDove osa la fontina valdostana

Le valli alpine della Val d’Aosta sono meta perfetta per sciate invernali, escursioni estive e degustazioni di bontà gastronomiche. Qui, nel territorio che unisce l’Italia al Cantone Svizzero, c’è una famiglia che da generazioni produce deliziosi prodotti caseari rispettando gli antichi metodi di lavorazione

All’ingresso, sul pavimento, una data a mosaico, 1972. Dietro al bancone del suo negozio con magazzino di stagionatura a Petit Quart, in Valle d’Aosta, che trabocca di forme di fontina, di tome e di altre delizie locali, Christian Duclos racconta: «È l’anno in cui è nata la nostra attività di famiglia, grazie a mio nonno. Da allora non ci siamo mai fermati e cerchiamo sempre di migliorare». Chez Duclos, azienda agricola casearia, è un punto di riferimento non solo regionale per la sua produzione a km0 di formaggi e latticini dop. Un sito e un account Instagram sono tra le poche concessioni ai tempi moderni, tutto il resto viene fatto come una volta, senza tuttavia perdere d’occhio l’innovazione nel processo produttivo. Non si vende online, non si spedisce, non si recapita, salvo eccezioni in tempi di covid: bisogna recarsi di persona nei punti di vendita della Valle e fare scorta di confezioni sottovuoto da portare a casa.

 

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Tutto, dal pascolo alla preparazione alla vendita, avviene nel raggio di una manciata di chilometri nella Valle del Gran San Bernardo. Da una parte Aosta, con la sua storia, i negozi, i mercatini e i monumenti romani, dall’altra il valico che unisce l’Italia al cantone svizzero del Vallese, un tempo strategico punto di passaggio lungo la Via delle Gallie, diventato nel Medioevo una tappa fondamentale della Via Francigena. Famoso, anche, per l’Ospizio del Gran San Bernardo, fondato nel 1035 da San Bernardo di Aosta a quasi 2.500 metri di altitudine e fin dalla metà del XVI secolo sede dell’allevamento dei famosi cani da soccorso “specializzati” nel recupero dei viaggiatori in difficoltà. In mezzo, borghi, panorami sulla catena delle Alpi e pascoli. Quelli di Bionaz, nella Valpelline, dove c’è un punto vendita estivo dell’azienda che propone anche il tipico pane nero valdostano e dove vengono allevate le bovine di razza pezzata rossa valdostana e coltivati i foraggi per la loro alimentazione invernale. D’estate, invece, le mucche vengono portate a pascolare in alpeggio, così che il latte possa acquistare il sapore tipico delle erbe di alta montagna. Ciò di cui si nutrono le mucche da latte è un elemento importante, anzi fondamentale per la produzione della fontina e un intenditore può capire al primo boccone di quali erbe, fiori e fienagioni profumi il loro latte e capire se si tratti di un prodotto estivo o invernale. Negli alpeggi valdostani i metodi di lavorazione sono ancora quelli della tradizione. A cominciare dalle caldaie in rame che ospitano la cagliata, fino all’utilizzo di tele di cotone per permettere lo spurgo del siero. Ultimo, ma non meno importante, il clima alpino, che permette di stagionare le forme di fontina in ambienti naturali.

D’estate, vale la pena fare rifornimento di pane e formaggi e raggiungere l’area picnic del pittoresco lago Lexert, da cui partono anche facili escursioni; o risalire la valle fino al lago di Place Moulin, nato dallo sbarramento delle acque del torrente Buthier. La diga è una delle più grandi d’Europa mentre il lago è uno specchio turchese o smeraldo a seconda della luce in cui si specchia il Cervino. Ma d’inverno il modo più adatto di gustare la fontina è fare tappa in uni dei ristoranti della Valpelline, luogo di origine della Seupa à la Vapelenentse, una botta di meravigliose calorie a base di brodo di manzo, cavolo verza bianco, pane di segale raffermo, generose porzioni di fontina valdostana, burro a piacere accompagnata da pane nero tostato. Anche se per la “seupa” come per gli altri piatti tipici, il tempio della cucina valdostana rimane la storica Maison de Filippo, a Entreves, vicino a Courmayeur. Un locale fondato nel 1965 e noto sia per l’arredo che lo rende quasi un museo della civiltà contadina, sia per la generosità delle porzioni. Qui, in un memorabile “Fantozzi”, Paolo Villaggio cadeva nel pentolone della polenta e veniva servito in tavola a un gruppo di altolocati commensali.

 

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La specialità di Chez Duclos, come degli altri produttori artigianali della Valle, è naturalmente la fontina valdostana, un antico formaggio dop che viene prodotto solo localmente, ha origini che risalgono al 1270 ed era già commerciato in epoca medievale, come testimonia un affresco del castello di Issogne dove si vede il bancone di una bottega artigianale che espone forme di fontina identiche a quelle odierne. E attorno a cui si è sviluppata la gastronomia valligiana, dalla fonduta, alla polenta concia, alla costoletta alla valdostana, una tasca di vitello impanata e farcita con fontina e prosciutto cotto, fino a piatti meno noti come il favò di Ozein che immerge i maccheroni in un intingolo dove al formaggio e al burro si abbinano l’erba cipollina e le fave fresche.

I prodotti caseari, il burro, latte e il pane integrale rappresentano la struttura portante della cucina della valle, spesso abbinati a miele, castagne, mele e al famoso e aromatico lardo di Arnad, l’unico lardo d’Europa certificato dop.
Ma non è solo fontina, c’è molto altro, come le tome, fresche o con vari gradi di stagionatura, da due mesi in su, la Varinella, una varietà di toma cremosa, i tomini da fare alla griglia, la Boul de neige, una toma fiorita con fermenti penicilium, le fontine e le tome ultrastagionate. E c’è l’ultimo nato, il Bleu d’Aoste, un formaggio a pasta cruda erborinato inoculato con una coltura di Penicillium roquefort e fermenti lattici selezionati che dalla sua creazione, nel 2005, fa concorrenza ai Roquefort d’Oltralpe e ha vinto numerosi concorsi internazionali. Il suo uso si sta diffondendo sempre più nella Valle, soprattutto nei risotti, sia nella versione che lo vede al posto del gorgonzola nel classico risotto con pere e noci, sia nella variante con Bleu d’Aoste e mele renette.

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