I riformisti, CalendaAzione e PiùEuropa sono aperti all’alleanza col Pd, ma tenendo fuori sovranisti e populisti

Per il leader di Azione, la nuova federazione con PiùEuropa rafforza e rinnova l’area di centro, che vorrebbe arrivare al 10 non per cento. Adesso, dice, c’è un fronte ampio e compatto a cui rivolgersi che va dai dem a Mara Carfagna, Renato Brunetta e tutta l’area popolare. Perché «alle prossime elezioni il Movimento 5 stelle si sfalderà»

LaPresse / Roberto Monaldo

La nuova federazione tra Azione e PiùEuropa è un passaggio importante per i riformisti, crea una forza politica europeista, liberaldemocratica e ambientalista più solida, più unita. Ma anche nuova, in un certo senso.

«Ci sono diversi elementi di novità che vengono introdotti con l’accordo firmato ieri», spiega a Linkiesta Carlo Calenda poco dopo la conferenza stampa con cui è stata presentata la federazione Azione-PiùEuropa. «Il primo punto da sottolineare è che se oggi Azione e PiùEuropa hanno gruppi unici in Camera e Senato, e hanno fatto battaglie insieme su molti temi, adesso quel legame si estende anche a tutti i consigli regionali e comunali in cui siamo presenti: portiamo a un livello più capillare ciò che oggi abbiamo in Parlamento».

Non solo. Azione e PiùEuropa prenderanno anche in maniera congiunta le decisioni politiche più importanti, sui temi che reputano determinanti per la loro linea politica. E ovviamente si presenteranno insieme alle prossime elezioni – nazionali, regionali, comunali, a tutti i livelli.

Discorso che si allarga anche al campo europeo. Azione ha fatto richiesta di adesione a Renew Europe, la famiglia europea liberale e democratica: «Abbiamo già fatto tutti i passaggi più importanti, mancano solo delle formalità», ha aggiunto Calenda.

In questo modo inizia a strutturarsi un percorso comune che nasce prima di tutto da una richiesta che arriva dagli elettori dei due partiti: «Così nasce una forza politica molto rilevante sulla scena italiana, una federazione che oggi è al 6%», dice Calenda.

L’obiettivo dichiarato della nuova federazione, presentato anche in conferenza stampa, è raggiungere quota 10%. Numeri che oggi ancora non ci sono, ma Calenda non ne fa un problema: più che un discorso di programma è prima di tutto un discorso metodologico. «I sondaggi – dice – non possono misurare con esattezza quella che sarà la vera espressione dell’elettorato. Alle comunali a Roma davano la nostra lista tra il 10% e il 12%, alla fine abbiamo preso il 20% diventando il primo movimento politico in città».

Prima ancora delle previsioni e dei sondaggi, però, il segnale lanciato da Azione e PiùEuropa è importante soprattutto per il fronte politico liberaldemocratico, storicamente separato in sigle che si uniscono ad altri partiti, e finalmente indirizzato verso una federazione unita.

«L’Italia ha avuto prima la rivoluzione dell’antipolitica, poi la rivoluzione sovranista, insieme non hanno rivoluzionato un bel niente», dice il leader di Azione. «Non c’è ancora mai stata una rivoluzione liberaldemocratica, e in questo momento storico, dopo il fallimento di quelle proposte antipolitiche, è quanto mai necessario che i partiti, i movimenti e le personalità di quest’area si raccolgano insieme. A dir la verità io sarei andato ancora oltre, proponendo un vero e proprio partito. Non l’abbiamo creato, ma resta l’idea comune di presentarsi uniti alle prossime elezioni, che siano tra sei mesi, un anno o quel che sarà».

Durante la conferenza stampa di ieri, Calenda ha anche lanciato una sua proposta per il Quirinale, facendo il nome di Emma Bonino, sostenendo che si tratta «della persona adatta a rappresentare la più alta carica dello Stato».

Una proposta che è anche un messaggio chiaro a chi propone Mario Draghi per il ruolo di Capo dello Stato.

«Draghi – ripete il leader di Azione – deve stare a Palazzo Chigi il più a lungo possibile. In Italia abbiamo avuto molti presidenti di garanzia, ma con Draghi possiamo avere un presidente del Consiglio a cui piace fare le riforme di cui c’è bisogno, che nella nostra storia è merce ben più rara. Ovviamente è anche questo un interrogativo, perché non è detto che Draghi riesca poi a fare tutto quel che c’è da fare».

Il nuovo centro liberaldemocratico è già unito sul binomio Azione-PiùEuropa. Ma non solo: è aperto a nuove figure, nuovi nomi, nuove sigle.

È chiaro però che non tutti sembrano guardare a un’alleanza di questo tipo. Matteo Renzi, ad esempio, che di recente si è avvicinato a Coraggio Italia di Luigi Brugnaro e Giovanni Toti.

«Io non ho pregiudizi verso Italia Viva e Matteo Renzi, ma hanno fatto una scelta differente», chiarisce Calenda. «Una scelta secondo me sbagliata perché Toti e Brugnaro sono nel centrodestra con Salvini e Meloni. Noi parliamo di un nuovo polo che rappresenti un’alternativa al populismo e Italia Viva va proprio nell’altra direzione, cioè sembra che stia entrando nel centrodestra».

Allo stesso modo, per il leader di Azione, come ha ribadito più volte negli ultimi anni, è stato un errore entrare in un governo politico con Giuseppe Conte presidente del Consiglio e con il Movimento 5 stelle alla guida.

In questo caso ovviamente il bersaglio è anche il Partito democratico: «Con loro – conclude Calenda – possiamo fare alleanze, ma solo tenendo fuori sovranismi e populismi. Noi puntiamo da sempre un’alleanza in stile Ursula, considerando che con buona probabilità alle prossime elezioni il Movimento 5 stelle si sfalderà. Quindi ci rivolgiamo non solo al Pd, ma anche a Mara Carfagna, Renato Brunetta e tutta l’area popolare, con cui sarà più facile parlare se avremo la forza di raggiungere, noi, il 10%».

X