«La pandemia finirà e usciremo – spero il prima possibile – dallo stato di emergenza. Ma la fine non sarà stabilita da un trattato. Con i virus non si scende a patti». Lo dice al Corriere una delle maggiori conoscitrici al mondo del Sars-CoV-2. Maria Capobianchi lo ha isolato con la sua squadra di giovani colleghe il 31 gennaio del 2020, fra le prime in Europa, nel laboratorio dell’istituto Lazzaro Spallanzani di Roma.
Per il commissario all’emergenza, Francesco Paolo Figliuolo, «ci sono buone notizie: sembra che siamo arrivati al plateau per Omicron e si sta andando in discesa». E anche il capo europeo dell’Oms, Hans Kluge, «ha affermato che la pandemia finirà», dice spiga la scienziata. «Ma la circolazione del virus continuerà a livelli molto inferiori. Dopo aver raggiunto i 4 milioni di contagiati al giorno, ora l’impennata di casi sembra meno impetuosa. Si spera sia l’ultima ondata, poi lentamente l’infezione si spegnerà».
La previsione di Capobianchi è che accadrà quello che è accaduto «ad altri coronavirus dell’uomo, responsabili di raffreddore e febbri lievi. Non sappiamo in quale epoca storica siano arrivati ma tutto fa pensare che al loro ingresso abbiano avuto una storia simile a quella del Sars-CoV-2. Di fronte a virus nuovi è plausibile che la specie umana sia stata tutta contagiata fino a sviluppare una protezione immunitaria. Oggi abbiamo potuto accelerare questo processo con i vaccini. Stiamo andando verso una fase endemica».
Significa che non dobbiamo aspettarci altre sorprese da questo virus, «a meno che una nuova variante non riesca a sparigliare le carte. Ne abbiamo già viste arrivare cinque che sono diventate protagoniste in virtù di una sempre maggiore facilità a trasmettersi. Ogni giorno abbiamo ancora milioni di casi nel mondo, stiamo dando altre opportunità di mutazione al nostro nuovo ospite».
Che primavera sarà? «Prepariamoci ad un altro mesetto di contagi a frequenza elevata. La curva dei nuovi casi sta ancora salendo ma con un’inclinazione sempre più dolce. Tutte le infezioni respiratorie andando verso la stagione calda si diradano tanto più se trovano gran parte della popolazione vaccinata».
Due anni fa circa dallo Spallanzani annunciava di aver isolato il virus per la prima volta in Italia. Capobianchi ricorda quei giorni: «All’inizio speravamo che l’avremmo scampata e non avremmo sperimentato il flagello in corso in Cina. Mi riferisco ai casi della coppia di cittadini cinesi ricoverati allo Spallanzani. Pensavamo che, col tracciamento, saremmo stati in grado di evitare l’innesco della pandemia. Nel frattempo però altri ceppi, diversi da quello originario di Wuhan, erano sbarcati nel Nord Italia e cominciavano a diffondersi».