Cortina di nietIl flop dei negoziati tra Nato e Russia e la corsa agli armamenti dell’Est Europa

Le posizioni del Cremlino e dell’Alleanza Atlantica sono ancora distanti. Il presidente dell’Estonia ha chiesto un aumento delle truppe occidentali all’interno dei suoi confini. «Il rischio di una guerra nell’area Osce è il più alto degli ultimi 30 anni», ha detto il ministro degli Esteri polacco Zbigniew Rau

LaPresse

È stata una settimana di colloqui, a tutti i livelli, tra i vertici della Russia e i rappresentanti della Nato, degli Stati Uniti, del mondo occidentale. L’esito non è proprio quello sperato: sembra di essere arrivati a una impasse in cui le posizioni delle due parti si sono rivelate inconciliabili.

Ieri il Segretario generale dell’Alleanza Atlantica, Jens Stoltenberg, ha ammesso che i tre summit con i delegati russi svolti questa settimana – lunedì, mercoledì e giovedì – non hanno portato progressi. Sergei Ryabkov, vice ministro degli Esteri russo, ha detto che i negoziati sono giunti a un «vicolo cieco» e che «Mosca al momento non vede alcuna utilità nel proseguire i colloqui con l’Occidente». Mentre per Michael Carpenter, rappresentante di Washington all’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (Osce), si è già arrivati «a una crisi della sicurezza europea».

Il Cremlino vorrebbe imporre vincoli alle libere adesioni da parte degli Stati europei all’Alleanza Atlantica. Per Mosca, la Nato non deve espandersi a Est: la cooperazione militare con i Paesi dell’Europa orientale (Ucraina su tutte) è vista come una minaccia. «Vorrebbero controllare i loro vicini», ha detto Stoltenberg, «ma questo è contrario ai nostri principi fondamentali».

La Nato, dal canto suo, ha promesso nuovamente di schierarsi al fianco di Kiev se la Russia dovesse attaccare: l’Alleanza Atlantica non può accettare che Vladimir Putin allunghi le mani sul fronte occidentale aumentando la presenza militare in Ucraina.

Per i Paesi dell’Europa dell’Est le tensioni nell’area sono già fonte di preoccupazione. «Il rischio di una guerra nell’area Osce è il più alto degli ultimi 30 anni», ha detto il ministro degli Esteri polacco Zbigniew Rau, che quest’anno ha assunto la presidenza di turno dell’Osce (il vertice di giovedì si è tenuto nella sede di Vienna dell’organizzazione).

La posizione di Rau è simile a quella di molti Paesi dell’Est Europa. Il presidente dell’Estonia, Alar Karis, ha chiesto un aumento delle truppe Nato all’interno dei suoi confini. Intervistato da Politico, Karis ha espresso tutta la sua preoccupazione: «Abbiamo bisogno di una presenza forte per assicurarci di non essere attaccati», poi si è detto favorevole alla recente decisione della Danimarca di aumentare la sua presenza militare in Lituania – con i combattenti schierati sotto la bandiera della Nato.

In tutto questo Bruxelles non è rimasta in disparte. Il Consiglio dell’Unione europea giovedì ha rinnovato per altri sei mesi le sanzioni imposte alla Russia dal luglio del 2014, legate alla situazione in Ucraina.

L’ Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, ha ricordato che nonostante Bruxelles fosse formalmente assente dai vertici tenuti in settimana, ha sempre mantenuto una linea di dialogo costante con gli Stati Uniti.

«La Russia scrive agli Stati Uniti e alla Nato, è normale che rispondano i destinatari della lettera. Ma il coordinamento con gli Stati Uniti è stato eccellente: ci sono stati più di cento contatti tra l’Europa e gli Stati Uniti», ha detto Borrell.

Intanto Margrethe Vestager, Commissaria europea alla concorrenza (che Linkiesta ha premiato come donna europea del 2021), ha indicato la possibilità di multare l’azienda russa Gazprom e di bloccare il gasdotto Nord Stream 2. «Un’indagine è necessaria perché un’azienda che sceglie di limitare la propria offerta nonostante un aumento della domanda sta tenendo un comportamento piuttosto raro sul mercato», ha detto Vestager. Le indagini dell’antitrust, scrive Politico, sono una delle armi più affilate della Commissione: se il team di Vestager riesce a dimostrare che Gazprom sta abusando della sua posizione dominante sul mercato può imporre un ampio spettro di sanzioni e obblighi.

L’escalation della tensione tra Russia e Occidente sta attirando anche le attenzioni della Cina, interessata agli sviluppi del dossier ucraino. Non tanto e non solo per quel che accadrà sul territorio. «Così come Putin è ansioso di riportare l’Ucraina sotto il controllo di Mosca, Xi Jinping teme che un ex pezzo dell’impero del suo Paese, Taiwan, si stia avvicinando agli Stati Uniti e ai loro alleati», ha scritto Michael Schuman sull’Atlantic.

Schuman è membro del Global China Hub dell’Atlantic Council e spiega che la Cina assiste con relativa tranquillità agli sviluppi dello scenario europeo, cercando di capire come trarne un vantaggio per sé: «Le decisioni di Joe Biden su Kiev e Mosca potrebbero far capire a Xi Jinping con quanta determinazione gli Stati Uniti difenderebbero Taiwan dalla Cina».

Xi Jinping ha ragione di credere che Taiwan si stia allontanando ulteriormente dall’orbita cinese, così come l’Ucraina si è allontanata sempre più da Mosca: il presidente di Taiwan, Tsai Ing-wen, sta provando a ridurre la dipendenza dell’economia di Taipei da Pechino e a rafforzare i legami con gli Stati Uniti e altri Paesi.

Tuttavia, i due dossier non sono proprio sullo stesso piano. Taiwan potrebbe avere una posizione molto più alta, rispetto a Kiev, nella lista di priorità di Washington. L’isola del Pacifico è un potenziale avamposto statunitense per connettere nel sistema di alleanze statunitense in quella regione; inoltre è l’hub di riferimento nella catena di approvvigionamento dei semiconduttori e altre componenti high-tech (negli ultimi mesi abbiamo visto l’importanza cruciale dei semiconduttori). Insomma, Taiwan potrebbe essere essenziale per gli interessi nazionali americani, almeno un po’ più dell’Ucraina.

«Ciò che si può affermare con certezza è che l’Ucraina e Taiwan – conclude Schuman nel suo articolo – mostrano entrambe con quanta facilità la debolezza degli Stati Uniti, o anche la semplice percezione di debolezza, potrebbero mandare in crisi l’ordine mondiale americano e inaugurare una nuova era di instabilità globale. Putin e Xi stanno sondando queste debolezze, osservando i risultati e calcolando la loro prossima mossa».

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