Musical leaderIl gioco della sedia e altri modi innocenti per divertirsi intorno al Quirinale

La borsa nera delle pseudoprevisioni e delle pseudoanalisi è la conseguenza di questa curiosa caratteristica del nostro modo di procedere all’elezione del presidente della Repubblica, per cui non solo non è prevista un’elezione diretta, ma nemmeno un pubblico dibattito

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In inglese si chiama «musical chairs», in italiano «gioco della sedia» o anche, all’incirca una volta ogni sette anni, «elezione del presidente della Repubblica». La logica è sempre la stessa: si fa un gran chiasso, si gira in tondo senza costrutto finché la musica suona, ci si sforza per quanto possibile di muoversi a tempo, assieme agli altri, e soprattutto di non farsi fregare. L’obiettivo non è infatti andare avanti o indietro, a destra o a sinistra. L’obiettivo è semplicemente non essere tu, quando la musica si fermerà, l’unico rimasto in piedi.

Per la maggior parte dei leader di cui ogni giorno leggiamo interviste e dichiarazioni, messaggi cifrati e proclami roboanti, alla fine dei conti, Mario Draghi o Sergio Mattarella, Pier Ferdinando Casini o Maria Elisabetta Alberti Casellati, con tutto il rispetto, pari sono, sono solo sedie vuote, una vale l’altra. E infatti, come è noto, chi voglia avere la minima speranza di essere eletto presidente della Repubblica deve fare esattamente questo: rimanere perfettamente immobile, sgombro, libero e accogliente agli occhi di chiunque possa trovarsi a passare da quelle parti.

Per tutti quelli che invece candidati non sono, a cominciare dai leader di partito cui tocca l’ingrato compito dell’aspirante king maker, l’unica cosa che conta è capire quand’è, esattamente, che tutti gli altri giocatori smetteranno di ballare, faranno silenzio e prenderanno posto, e dove. L’unica cosa che conta davvero è non farsi tagliare fuori.

Il gioco della sedia è la conseguenza di questa curiosa caratteristica del nostro modo di procedere all’elezione del presidente della Repubblica, per cui non solo non è prevista un’elezione diretta (e meno male), ma nemmeno un pubblico dibattito, un confronto, un momento qualsiasi in cui le diverse candidature siano presentate e dibattute, in cui le ragioni a favore dell’una o dell’altra scelta siano spiegate e discusse. Al contrario. Come sanno tutti, anche semplicemente fare un nome, fosse pure solo due giorni prima che si cominci a votare, equivale a bruciarlo. Il presidente della Repubblica, in Italia, si sceglie nella clandestinità. Di qui, il diffondersi di una sorta di borsa nera delle pseudoprevisioni e delle pseudoanalisi, terreno ideale per truffe e speculazioni di ogni genere (di cui noi stessi che ne scriviamo, per riportarle o per commentarle, per rilanciarle o per stroncarle, siamo più spesso vittime che complici).

Ma allora – si chiederanno a questo i miei piccoli lettori, intesi come quelli sotto gli otto anni, perché gli altri lo avranno già capito, mi auguro – che valore hanno le notizie con cui ci tempestano quotidianamente giornali e trasmissioni televisive, interviste e retroscena, totoquirinali e borsini? Su quale base ci viene detto che tre giorni fa era in crescita l’ipotesi Amato, ma due giorni fa era in calo, mentre salivano le quotazioni di Draghi e scendevano quelle di Amedeo Nazzari?

Ve l’ho già detto, è semplicissimo. La base è sempre la stessa. Perché, come cantava Roberto Benigni, nell’amor le parole non contano, conta la musica.

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