MetacucinaMangiare al banco o in cucina: dove scovare gli chef’s table più buoni del momento

Sushi counter, banchi, banconi e table du chef: le differenze tra le singole esperienze da fare davanti ai fornelli dei ristoranti, e tutti i luoghi italiani dove vi consigliamo di provarle

Qualche giorno fa abbiamo parlato di cene seduti a tavola o al bancone e di chef’s tables, ovvero quei tavoli posizionati direttamente all’interno delle cucine di ristoranti più o meno prestigiosi.
Ci sono situazioni in cui è possibile mangiare guardando chef e brigata all’opera. Idea che può non piacere a tutti – anche solo per la soggezione e il timore che il contesto può incutere ad alcuni timidi avventori– ma che indubbiamente ha conquistato foodies, critici e nerd del mondo gastronomico. Specialmente negli ultimi anni, il sistema ristorazione ha visto un progressivo avvicinamento della componente professionale – di sala e cucina – all’utente finale. All’interno di questo mutamento – dovuto anche a un’esplosione di mode, nuove attenzioni e trend di consumo legati al cibo – si aggiunge la rilettura dell’esperienza cena. Il tavolo con vista, quello più riservato, la sala privata, il tavolo rotondo, restano soluzioni classiche intramontabili specialmente per determinate occasioni e incontri. Tuttavia, il bancone affacciato sul lavoro “dietro le quinte” cattura l’attenzione di chiunque vi si sieda, svelando momenti inediti di un mestiere che non sempre il cliente abituale conosce in tutti i suoi aspetti. Dunque quali sono gli indirizzi in cui poter vivere uno chef’s table degno di nota? Quali le insegne in grado di creare un valore aggiunto nel sedere clienti e cuochi uno davanti all’altro?
I ristoranti che abbiamo selezionato sono, secondo il nostro gusto e le nostre esperienze, validi punti di partenza per sperimentare questo nuovo modello. Iniziando da Milano, abbiamo tracciato una piccola geografia di insegne da custodire e prenotare nel tempo, a seconda delle occasioni e dei momenti che vorrete regalarvi.

Tra i primi ad aver pensato di destinare parte del bancone divisorio tra sala e cucina ad alcuni coperti c’è Daniel Canzian. Instancabile e vulcanico, di origini venete, Canzian è stato allievo di Gualtiero Marchesi, formatosi tra Italia e Francia nelle migliori cucine degli anni Novanta.  Nel suo omonimo ristorante nel quartiere di Brera è possibile prenotare la prima fila, quella dove annusi tutti gli aromi dei piatti e ascolti il fermento della brigata. Nel corso della serata non mancano chiacchiere, coccole, colpi di scena e sorprese, perché Daniel Canzian è così: è il primo a volersi divertire ai fornelli e ama intrattenere i suoi ospiti.

Da Frangente – la nuova e chiacchierata insegna dello chef Federico Sisti – si mangia al pass, per un massimo di quattro persone alla volta. Non solo Sisti lavora davanti a te, ma è lui stesso a raccontarti il menu e a prendere l’ordine. Saranno le sue origini romagnole che lo rendono così affabile e disponibile? Tutto può essere, fatto sta che queste sedute fronte cucina creano una dimensione parallela e nuova di fruizione del ristorante: trattoria moderna in sala e osteria contemporanea al pass.

photo by Frangente Milano

Cambiamo registro, budget e stile di cucina ci spostiamo da IYO-Omakase, il concept creato dalla famiglia Liu tra moderni grattacieli di Porta Nuova e Piazzale Alvar Aalto. Otto posti, due sushi master e probabilmente l’esperienza di Edomae-zushi più autentica che possiate fare in Italia. Una cerimonia, un vero e proprio rito intorno al pesce, all’arte del sushi e alle pratiche ad esso connesse. Il menu è omakase  –  letteralmente “mi fido di te” –  quindi a prezzo fisso, uguale e prestabilito per tutti i commensali. Si alternano una sequenza di nighiri, sashimi, assaggi di cucina giapponese autentica al vapore e alla griglia, il tutto preparato davanti agli ospiti, nel rispetto delle tempistiche di preparazione e impiattamento.

courtesy @IYO-Omakase

Un altro indirizzo dal design altrettanto minimalista ma di atmosfera sicuramente più informale e conviviale è Bjork, la Swedish brasserie con gastronomia fondata da Giuliana Rosset e Nicola Quadri nel 2014. Siamo in Porta Venezia, culla di cucine etniche, vegetariane, street bar e rosticcerie asiatiche. In questo melting pop culinario, Bjork lavora sulla tradizione scandinava e sulle materie prime tipiche del nord Europa. Salatura, affumicatura, marinatura, fermentazioni e cotture lente vengono qui applicate a salmone, aringa, cervo, daino così come a molto mondo vegetale. Il bacone è parte viva di questo piccolo locale dove godere di una cucina nordica di qualità accompagnata da ceramiche e oggetti di design contemporaneo.

courtesy @Bjork

Assolutamente unico nel suo genere è l’home restaurant di Felix Lo Basso (una stella Michelin),  che dopo aver abbandonato una location in pieno centro vista Duomo, ha deciso di lavorare su una dimensione totalmente diversa di ristorazione e ospitalità. Una casa, con tanto di salotto e ampio living, con una cucina spaziosa dominata da un grande bancone. Dodici persone per un percorso di altrettanti assaggi che inizia alle 20.00 di ogni sera. I piatti non sono mai gli stessi perché Lo Basso ama divertirsi e far divertire, servendosi degli ingredienti della tradizione pugliese (sua terra d’origine), che ama stravolgere e rivisitare. Una cucina-palcoscenico, dove andare in scena ogni sera, ma in cui sentirsi sempre un po’ a casa.

courtesy @FelixLoBasso

Facciamo un passo indietro, tornando alle atmosfere anni Sessanta e a quell’accoglienza un po’ sonnacchiosa ma pur sempre professionale di certi locali storici, citando Al Porto. Fondato nel 1967 da Domenico Buonamici e sua moglie Anna, questo ristorante occupa gli spazi dell’ex daziario di Porta Genova, in piazzale Cantore. Da sempre porta in tavola la tradizione culinaria legata al pesce – crudo, cotto, marinato – tipica della Versilia.  Nonostante l’atmosfera molto classica, gli interni eleganti e le finiture marinaresche, anche qui c’è la possibilità di mangiare al bancone. Si tratta di un banco di lavoro ed esposizione (piuttosto elegante), dove si puliscono i ricci di mare, si preparano ricchi piatti di crudité e pesci marinati, vengono porzionati gli antipasti cotti e composte le alzatine di dolci e pasticcini per il fine pasto. Una soluzione che preserva l’eleganza del posto, svecchiandolo e assicurandovi un pranzo estremamente gradevole e d’atmosfera.

Sarebbero troppe, per citarle tutte, le insegne autentiche giapponesi / orientali dove il banco è presente e a vista. A completamento dei nomi elencati sinora vogliamo però aggiungere i banconi di Sine, per la cucina verace partenopea rieditata da Roberto di Pinto; Bentoteca, la rivoluzionaria insegna giappo-europea di Yoji Tokuyoshi e Yapa, un progetto di cocktail bar ristorante che unisce cucina nikkei e influenze mediterranee.

Allontanandosi dalla cintura metropolitana ci spostiamo a Pavia dove il Ristorante Lino, dopo il restyling del 2021, ha ridato nuova vita ai suoi ambienti inaugurando il progetto gastronomico, in aggiunta al pre-esistente bistrot. Andrea Ribaldone (chef in charge presso l’hub di Identità Golose Milano dal 2018) e Federico Sgorbini (classe 1986, di Voghera) propongono una cucina semplice seppur creativa, facile da intendere e da gustare. Gli arredi sono in stile déco-contemporaneo e non vi sono spazi divisori tra sala e cucina: ci si siede in una sorta di grande open space che rende ogni momento del pasto e del servizio più fluido. Il tavolo dello chef qui è collocato in cucina, per assistere al live cooking e alla preparazione da vicino di menu degustazione da tre, quattro o cinque portate. Per il dessert si scende al piano inferiore dove è custodito un autentico caveau: qui sono conservate le bottiglie da collezione e le annate più prestigiose.

In Piemonte, a Torino, Matteo Baronetto nel suo ristorante Del Cambio propone una table du chef come poche in Italia.  Un’esperienza intima e assolutamente unica per chiunque sia amante del genere. Il tavolo dello chef qui si esplicita non solo per la sua collocazione fronte cucina ma proprio perché è Baronetto in prima persona a gestire e coordinare questo spazio. Un menu totalmente inedito, composto da 8-12 portate che si disegna nel corso della serata insieme agli ospiti. Dialogo, confronto, passioni, gusti aiutano lo chef a creare un viaggio di ricette che si compone a poco a poco, assicurando un’esperienza emozionale e intellettuale oltre che gastronomica.

courtesy @DelCambio

Totalmente di rottura, radicale e a tratti fin dissacrante, è stata la scelta di Cristian Mandura (1990) di creare un ristorante senza tavoli, fatto esclusivamente di dieci posti al bancone. Unforgettable, questo il nome scelto per il suo nuovo progetto, promette ai clienti di essere “indimenticabile” appunto. La premessa, che ad oggi è quasi una sorta di claim, recita «vegetale al centro», ovvero un cambio di prospettiva che non elimina carne e pesce ma li riposiziona di contorno al piatto e al menu. La varietà vegetale viene invece celebrata in tutte le sue forme, dando spazio a stagionalità, territorio e tenendo ben saldi i principi di sostenibilità. La cena può essere accompagnata da vino o saké ed è lo chef in prima persona a guidare gli ospiti in questo percorso controtendenza e a tratti visionario. La spettacolarizzazione del pasto diventa tangibile, commestibile, e Mandura si trasforma in un vero e proprio deus ex machina.

courtesy @TheFork

Restiamo in Piemonte ma spostandoci nelle Langhe, ad Alba, dove nel cuore della città si trova uno dei ristoranti tre stelle Michelin più famosi d’Europa: Piazza Duomo. Qui lo chef Enrico Crippa offre la possibilità a pochi clienti di cenare seduti in cucina, nel vivo dell’azione. Un menu confezionato ad hoc, sia per quanto riguarda le varie portate sia in merito al vino. Per coloro che non si accontentano del più alto riconoscimento internazionale ma voglio vedere con i propri occhi come si muovono brigate e chef ai massimi livelli.

courtesy @PiazzaDuomo

Ci spostiamo a Bologna, questa volta non per parlare di trattorie tradizionali ma di giovani osterie contemporanee. È il caso di Ahimè, il nuovo progetto farm-to-table che vede coinvolti i soci fondatori di Oltre (cocktail bar con cucina aperto nel 2016), un vigneron, un giovane imprenditore e lo chef, Lorenzo Vecchia. Da Ahimè si mangia al tavolo, al bancone o insieme ad altri commensali in un ampio communal table. Il menu non è diviso in portate, non sempre troviamo primi e secondi ma “piatti” che possono avere qualsiasi ingrediente protagonista del piatto. Territorio e materia prima declinati con grande identità e coerenza costituiscono l’anima di questo laboratorio di idee e cucina.

courtesy @Ahimè

Scendiamo a Roma per fare una sosta da Marzapane. Uno dei ristoranti più richiesti della capitale,  non solo per la sua cucina di primo livello ma anche per la grande accoglienza e qualità dell’esperienza in sé. Dopo essersi trasferiti in zona Flaminio, negli spazi di una piccola palazzina su più piani (con una terrazza meravigliosa), Francesco Capuzzo Dolcetta e Guglielmo Chiarapini sono finalmente riusciti a realizzare uno chef’s table degno di questo nome. La cucina, posta al piano terra, si affaccia su un bancone in grado di ospitare fino a dieci/dodici persone. Chi ottiene questo posto vive l’esperienza in prima fila, godendo dei racconti degli chef, ascoltando storie e aneddoti su produttori e agricoltori. L’esperienza si fa più personale, più rappresentativa perché ogni capriccio può essere potenzialmente soddisfatto, creando un pasto su misura, che spazia da referenze presenti in carta e fuori lista temporanei di serata. Gli chef guidano e accompagnano l’ospite, il quale accetta di lasciarsi trasportare (senza troppa consapevolezza) in un viaggio di gusto a cavallo tra familiarità, comfort food e succulenta cucina.

courtesy @Marzapane

Un indirizzo da custodire in vista della bella stagione e l’arrivo dei primi caldi si trova nel golfo di Napoli e più precisamente sull’Isola di Ischia. In realtà si tratta molto più di un semplice ristorante perché venire a trovare Nino Di Costanzo, nel suo Danì Maison, è come entrare in un giardino incantato. Fiori, piante aromatiche, sculture di galli, corni, vulcani, sirene, totem, riproduzioni in scala di Pulcinella e San Gennaro. Un luogo magico che racconta l’immaginario dello chef, i collegamenti con la sua infanzia e il suo background, il legame con il territorio e la tradizione campana. Danì Maison è una casa ischitana immersa nella macchia mediterranea, vale la pena venire qui lasciando temporaneamente il mare per sedersi in cucina, insieme allo chef, ed entrare in un mondo parallelo. Due stelle Michelin decisamente meritate, per compiere un viaggio di sapori che renderanno la vostra cena estremamente giocosa, colorata, profumata, artistica e assolutamente sorprendente.

courtesy @DanìMaison

Nella lunga lista di nomi che potremmo ancora raccontarvi, quello che ci sembra importante lasciarvi è il valore aggiunto che un bancone e il dialogo a tu per tu con lo chef possono apportare all’esperienza. Non necessariamente uscirete sempre soddisfatti, perché una cucina può anche non piacere, non convincere o non essere capita. Ma una cosa è certa: ritrovare in un pasto al ristorante quella dimensione concreta di contatto, condivisione e artigianalità del cibo, nutre e soddisfa il nostro bisogno fisiologico di cultura. E sì, ci rende felici.