Golden visaPerché l’Ue ha un problema con i visti di Vanuatu

La Commissione europea vuole sospendere una convenzione che consente ai cittadini dell’arcipelago del Pacifico di entrare negli Stati membri e soggiornare per 90 giorni. Il paese vende i suoi passaporti a chiunque, anche a uomini d’affari dal passato oscuro e politici caduti in disgrazia o ricercati dalla polizia

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L’arcipelago di Vanuatu, 83 isole a est dell’Australia, è lontano migliaia di chilometri dai confini dell’Unione europea, ma le sue politiche preoccupano ugualmente le istituzioni comunitarie.

La Commissione europea ha proposto di sospendere il visa waiver agreement con lo Stato situato nell’Oceano Pacifico, cioè la convenzione che consente ai cittadini di Vanuatu di entrare nei Paesi dell’Unione senza bisogno del visto, e di soggiornare per 90 giorni.

Saranno i rappresentanti dei 27 Stati a prendere la decisione finale, in un voto a maggioranza qualificata: con l’approvazione di 15 Paesi con almeno il 65% della popolazione dell’Unione, la sospensione sarebbe applicata a tutti coloro che possiedono un passaporto di Vanuatu emesso dopo il 25 maggio 2015.

Il sistema di vendita dei passaporti
La decisione è stata presa, rende noto la Commissione, per contrastare i rischi derivanti dal programma Cbi (citizenship-by-investment) del governo di Vanuatu, tramite cui è possibile acquisire la cittadinanza del Paese con un investimento pari a 130mila dollari e solo un mese circa di attesa per completare la pratica.

La vendita dei passaporti rappresenta una sostanziosa fonte di ingresso per l’arcipelago: oltre 132 milioni di dollari nel 2020, pari al 42% del totale delle entrate nazionali, secondo i dati di un’agenzia del settore.

Il Paese del Pacifico è infatti uno dei più poveri del continente, con un prodotto interno lordo pro-capite inferiore ai 3mila dollari, stando alle stime della Banca mondiale.

Un importante fattore di attrazione del programma Cbi è sicuramente la possibilità di viaggiare senza bisogno di visto in più di cento Paesi nel mondo, tra cui il Regno Unito e i 27 Stati membri dell’Unione europea.

I rischi per l’Unione europea
L’incentivo farebbe gola, quindi, a quelle persone che, per motivi diversi, hanno difficoltà a entrare in Europa. Secondo le informazioni fornite dalla Commissione, la concessione della cittadinanza effettuata dalle autorità di Vanuatu «solleva preoccupazioni sull’affidabilità dello screening di sicurezza», dato che fra i beneficiari ci sono persone presenti nei database dell’Interpol, l’organizzazione di polizia internazionale.

Il tempo impiegato a gestire la richiesta di cittadinanza, poi, sarebbe troppo breve per effettuare i controlli, che del resto non prevedono nessuno scambio sistematico di informazioni con il Paese di origine – o di residenza principale – del futuro cittadino. Ma soprattutto, Vanuatu concede il proprio passaporto praticamente a tutti: dal 2015 al 2020 una sola domanda è stata respinta.

I nuovi «acquisti» del Paese sono spesso individui alle prese con problemi giudiziari o economici nel resto del mondo: un’inchiesta del quotidiano britannico Guardian ha svelato che più di 2mila beneficiari risultano uomini d’affari e politici caduti in disgrazia o ricercati dalla polizia.

Tra loro ci sono due fratelli sudafricani autori di una truffa miliardaria con la criptovaluta Africrypt, un businessman turco condannato per appropriazione indebita e frode e persino l’ex primo ministro libico Fayez al-Sarraj, che ha inoltrato una candidatura famigliare a nome della moglie.

Il visa waiver agreement non dovrebbe essere un modo per consentire ad alcune persone di aggirare l’obbligo di visto acquisendo la cittadinanza di un Paese che la mette in vendita, ha spiegato nella sua nota la Commissione europea. Anche perché i rischi di un sistema simile sono molti, come si legge in un rapporto del 2019 presentato al Parlamento europeo e al Comitato economico e sociale europeo: infiltrazioni di esponenti del crimine organizzato, riciclaggio di denaro, corruzione ed evasione dai regimi fiscali.

«I Paesi terzi che godono dello status di esenzione dal visto devono effettuare controlli di sicurezza sui richiedenti secondo i più elevati standard possibili: eventuali carenze al riguardo potrebbero essere motivo di reintroduzione dell’obbligo del visto». Il compito di monitorare queste procedure spetta alla Commissione, che dopo una serie di dialoghi infruttuosi con il governo di Vanuatu, ha scelto la soluzione più drastica.

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