Sono rimasti al buio il Maschio Angioino a Napoli, il Campidoglio a Roma, il Castello Sforzesco e il Pirellone a Milano, piazza Unità d’Italia a Trieste, piazza del Campo a Siena, Ca’ Farsetti e Ca’ Loredan a Venezia, i Quattro Canti di Palermo. È il gesto simbolico di molte città, circa 3mila in tutta Italia, che ieri sera per protesta hanno “spento le luci” dei monumenti: alcune per mezz’ora, altre per un’ora.
«Lo abbiamo fatto per sensibilizzare il governo», dice il presidente dell’Associazione dei Comuni italiani (Anci) Antonio Decaro. Il presidente dell’Emilia Romagna Stefano Bonaccini sottolinea il peso del caro-bollette per tutti gli enti locali: «I bilanci degli enti locali sono in pericolo, e quindi servizi pubblici importanti. Mettiamoci tutti al lavoro per risposte immediate e soluzioni strutturali».
La causa scatenante è un rincaro da 550 milioni, il 33% in più sulle bollette di gas e luce, scrive Repubblica: «Senza quei 550 milioni che i sindaci chiedono al governo i Comuni non possono chiudere i bilanci, perché possono chiudere in rosso per poi recuperare l’anno dopo».
La soluzione più immediata è tagliare sui servizi comunali: i trasporti, il riscaldamento delle scuole, la manutenzione stradale, la raccolta dei rifiuti e l’illuminazione stradale, «e quello di ieri sera è stato un piccolo saggio di quello che potrebbero accadere se gli enti locali dovessero essere lasciati da soli a fronteggiare il caro-bollette», si legge su Repubblica.
Al momento la protesta dei Comuni è ancora in una fase-uno: hanno solo voluto lanciare un segnale. Per ragioni di sicurezza, spiegano dall’Anci, si è scelto di spegnere solo le luci dei monumenti, non l’illuminazione stradale. Ma i sostegni servono, anche perché i rincari corrono ancora, «le stime sono già saltate, si va verso aumenti di oltre il 50% per l’elettricità e il 40% per il gas», rileva Decaro. Aumenti che infieriscono su bilanci comunali già affossati dalla pandemia.
Il peso delle bollette varia da città a città: si va da un massimo di 50 milioni di euro annui per Milano e Roma, 30 milioni circa per Napoli e Torino, tra i 13 e i 15 per Genova Palermo e Bologna fino a 3 milioni circa per città del calibro di Novara.
«In questi due anni imprese e cittadini si sono impoveriti, sono calate le addizionali e le altre entrate. Un problema grave di cui si è tenuto conto nei decreti ristori, ma non per quest’anno: l’anno scorso sono stati versati 4 miliardi, due anni fa 7, ma quest’anno al momento siamo a zero, eppure c’è ancora una forte riduzione della capacità fiscale», scrive Repubblica.