«Il tempo della rinascita del nucleare è arrivato», in un lungo discorso pronunciato all’interno dello stabilimento Arabelle di Belfort, Emmanuel Macron ha annunciato un ambiziosissimo piano per rinnovare interamente il parco atomico francese.
Il presidente, che da tempo aveva promesso un grande discorso sul tema del futuro energetico del Paese, facendo capire che questo sarà un asse portante del suo secondo mandato (e quindi della sua campagna elettorale), ha detto che la Francia ha scelto «il clima, dotandosi di strumenti energetici in grado di farle raggiungere i suoi obiettivi di riduzione di emissione di gas serra; l’industria e l’occupazione, preservando 220mila posti di lavoro; del potere d’acquisto, perché il nucleare e le energie rinnovabili ci consentiranno di produrre energia meno costosa e proteggere i francesi dalle turbolenze del mercato».
Sei nuovi reattori Epr entreranno in funzione entro il 2035, ha detto Macron, che ha anche annunciato di aver avviato gli studi di fattibilità per altri otto, oltre all’allocazione di un miliardo di euro per progetti di ricerca sui piccoli reattori modulari, considerati più sicuri e meno problematici dal punto di vista delle scorie rispetto a quelli attuali.
Oggi la Francia possiede il primo parco nucleare europeo e il secondo al mondo dopo quello americano: 56 reattori in attività che producono il 70% del fabbisogno di energia elettrica del Paese.
I francesi beneficiano dell’eredità del piano Messmer, dal nome del primo ministro che nel 1974 diede il via libera alla costruzione di decine di centrali nucleari, destinate a rendere la fornitura di energia il meno dipendente possibile dalle fluttuazioni del prezzo del petrolio. I reattori francesi, tuttavia, sono relativamente vecchi: l’età media è di oltre 36 anni, l’ultimo reattore è entrato in funzione nel 1999, una decisione sul futuro energetico del Paese era dunque necessaria.
Per questo, particolarmente rilevante è la decisione del governo di prolungare la vita delle centrali esistenti oltre i cinquant’anni. Si tratta di una novità rispetto alle previsioni rese note dall’Eliseo nel 2018, quando il piano energetico prevedeva la dismissione di dodici reattori per sopraggiunti limiti d’età.
La crisi energetica di questo periodo e la necessità di combattere il cambiamento climatico hanno modificato le priorità del presidente: «Desidero che nessun reattore nucleare in stato di produzione venga chiuso in futuro, visto l’aumento molto significativo del nostro fabbisogno energetico. Tranne, ovviamente, per ragioni di sicurezza», ha detto Macron.
Il luogo scelto per il discorso non è stato casuale, e anzi piuttosto simbolico. Giovedì, Electricité de France (Edf) ha comprato il sito di fabbricazione delle turbine Arabelle dall’azienda americana General Electric: l’accordo era pronto da giorni, ma si è deciso di annunciarlo in concomitanza con la visita del presidente.
Edf riacquista così la branca energetica che General Electric aveva a sua volta comprato dall’azienda francese Alstom nel 2014, quando Emmanuel Macron era ministro dell’Economia.
Negli anni Macron è stato molto criticato per aver avallato la cessione. Non soltanto perché a molti non sembrò un’idea lungimirante vendere una società specializzata in componenti per le centrali nucleari a un’azienda straniera, ma anche per le ricadute occupazionali, molto deludenti: General Electric non ha mai rispettato gli accordi sottoscritti nel 2015, sopprimendo circa mille posti di lavoro. Secondo alcuni, questo riacquisto perdona il «peccato originale» di Macron, ed è coerente con la sua promessa di re-industrializzare la Francia dopo anni di declino.
Macron ha spiegato che la Francia non intende puntare soltanto sul nucleare, ma anche sulle rinnovabili. Ha quindi annunciato degli ingenti investimenti per raddoppiare la percentuale di energia prodotta in Francia da queste fonti, puntando in particolare sui parchi eolici, che diventeranno «una cinquantina» entro il 2050: «Quello che abbiamo iniziato a fare è ricreare e dispiegare un settore industriale francese: gli stabilimenti di Le Havre, Saint-Nazaire e Cherbourg permetteranno di fornire tutte le attrezzature necessarie e continueremo a sviluppare occupazione e investimenti industriali affinché la scelta dell’eolico offshore si accompagni alla creazione di posti di lavoro in tutto il nostro territorio», ha detto Macron.
La visita e l’annuncio di Emmanuel Macron sono stati molto criticati sia da destra che da sinistra. Mentre i Républicains, il centrodestra moderato, fanno sapere di trovare «sospetta» la conversione del presidente all’energia nucleare, il candidato ecologista Yannick Jadot ha denunciato la «mossa elettorale» di Macron, promettendo di «abbandonare brutalmente il nucleare» se verrà eletto.
Macron è sempre stato favorevole all’energia nucleare, ma aveva deciso di ridurre la percentuale dell’atomo nel mix energetico nazionale a causa degli ingenti costi di costruzione di nuovi reattori.
Negli anni, tuttavia, ha cambiato idea. Rispondendo all’opposizione, il presidente ha detto di non condividere l’impostazione né di chi «vuole 100% di nucleare, abbandonando gli investimenti sul solare e l’eolico» (il centrodestra) né di chi «pretende di puntare unicamente sulle rinnovabili» (gli ecologisti).
Secondo Macron, invece, è necessario puntare su entrambe le fonti per rendere il Paese sostenibile: «Non abbiamo altra scelta che scommettere su questi due pilastri contemporaneamente. Questa è la scelta più rilevante da un punto di vista ecologico e la più opportuna da un punto di vista economico. Infine, la meno costosa dal punto di vista finanziario. Ecco perché è la scelta che perseguiamo».
La decisione di costruire nuovi reattori è dettata anche dalla necessità di mantenere e sviluppare competenze industriali che altrimenti andrebbero perdute. La filiera nucleare dà lavoro a circa 200mila persone, ma manutenere le centrali non garantisce di coltivare le competenze in un settore ad altissima specializzazione.
L’esempio della centrale di Flamanville, il cantiere più recente, lo dimostra: la centrale, dopo innumerevoli ritardi e problemi, dovrebbe finalmente entrare in funzione nel 2023 (dopo 16 anni di lavori), ma i suoi costi sono stati a lungo un argomento per l’opinione pubblica contraria a nuovi reattori. Secondo la Corte dei Conti, i 3,3 miliardi di costi iniziali sarebbero aumentati di circa sei volte, arrivando a 19,1 miliardi di euro.
Non è chiaro quanto costerà il piano annunciato da Emmanuel Macron. Edf promette un costo di 42 miliardi di euro per la costruzione di 6 nuovi reattori, ma secondo un documento acquisito dal media online Contexte, i ministeri dell’Economia e della Transizione ecologica prevedono un prezzo molto superiore, tra i 52 e i 64 miliardi di euro.